Studio Ibfm-Cnr per definire la personalità tipica del giocatore d'azzardo patologico - QdS

Studio Ibfm-Cnr per definire la personalità tipica del giocatore d’azzardo patologico

redazione

Studio Ibfm-Cnr per definire la personalità tipica del giocatore d’azzardo patologico

mercoledì 14 Febbraio 2018

La ricerca, condotta in collaborazione con l’Università della Calabria, è stata pubblicata su “Journal of neuroscience methods”

ROMA – È possibile prevedere se una persona tenderà a sviluppare una soggezione patologica al gioco d’azzardo? Uno studio diretto dall’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibfm-Cnr) di Catanzaro, a cui ha partecipato l’Università della Calabria, pubblicato sulla rivista “Journal of neuroscience methods”, ha definito i tratti della personalità del gambler patologico grazie a tecniche avanzate di intelligenza artificiale.
 
“Chi è vittima del gioco d’azzardo patologico – ha spiegato Antonio Cerasa, ricercatore Ibfm-Cnr – perde, oltre a ingenti quantità di denaro, la capacità di controllo delle proprie azioni e la fiducia dei propri cari, con la percezione di essere entrato in un tunnel senza via di scampo. Le neuroscienze sono impegnate da decenni nello studio di questo disturbo che devasta la vita di moltissime famiglie italiane. Oggi sappiamo che la causa è multifattoriale (genetica, neurobiologica e comportamentale) e conferisce alla persona una vulnerabilità di base, amplificata da fattori psicosociali come povertà o traumi biografici. La letteratura indica già che, oltre a disfunzioni cerebrali e genetiche del sistema dopaminergico, i gambler patologici hanno anche un profilo di personalità disfunzionale, sono cioè più vulnerabili alle situazioni sociali che invitano al gioco, e questo aspetto non è mai studiato finora con metodi di intelligenza artificiale”.
 
Per indagare questo aspetto poco conosciuto il gruppo di ricerca dell’Ibfm-Cnr ha coinvolto alcune strutture di riabilitazione psichiatrica a Milano e a Catanzaro, allo scopo di valutare i giocatori patologici in cura. “Abbiamo utilizzato algoritmi di intelligenza artificiale – ha aggiunto Danilo Lofaro, ricercatore presso l’Università della Calabria e coautore del lavoro – per capire se esiste nei giocatori d’azzardo patologici uno specifico costrutto di personalità. Sono stati inseriti nel calcolatore 6.000 dati relativi a 160 soggetti che non hanno mai giocato a slot machine o giochi d’azzardo e a 40 pazienti con gambling, ognuno dei quali era analizzato a seconda delle 30 caratteristiche alla base della personalità umana. Nella seconda fase dell’esperimento la macchina, dopo aver processato i dati, ha identificato la miglior combinazione che permette di separare i sani dai malati. Il risultato che consente di classificare otto gambler su dieci è quello costituito dai seguenti sotto-tratti: bassa apertura mentale; bassa coscienziosità; bassa fiducia negli altri; ricerca di emozioni positive; elevato tratto depressivo e impulsivo. Una persona con queste caratteristiche rischia la vulnerabilità verso questa patologia psichiatrica”.
 
Alta impulsività e depressione sono dunque caratteristiche del gambler seriale già note agli psicologi. “L’avanzamento apportato dai modelli multivariati che abbiamo utilizzato – ha sottolineato Cerasa – è la conoscenza dell’esatta struttura multidimensionale del profilo di base di un giocatore. Un po’ come dire che la malattia è legata all’alterazione di uno o più geni. La personalità è un marcatore oggettivo della funzionalità cerebrale, la cui attendibilità predittiva vale per i disturbi psichiatrici ma anche per malattie neurologiche come Parkinson e Alzheimer. Per esempio, a parità di performance cognitive, l’estroverso pensa e usa aree cerebrali diverse dall’introverso, così come l’ansioso o impulsivo rispetto alla persona emotivamente stabile”.
 
Lo studio è stato condotto anche grazie al finanziamento Pon 03 Pe_00009_1 NeuroMeasures. “Lo scopo di queste ricerche – ha concluso il responsabile della sede di Catanzaro dell’Ibfm-Cnr, Aldo Quattrone – è creare strumenti sempre più sensibili per riconoscere un disturbo prima che esso si manifesti in tutta la sua gravità. Da anni il nostro istituto di ricerca è impegnato nello sviluppo di innovativi sistemi per migliorare la pratica clinica”.

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