Anche la crisi idrica figlia della politica del non fare - QdS

Anche la crisi idrica figlia della politica del non fare

Patrizia Penna

Anche la crisi idrica figlia della politica del non fare

giovedì 22 Febbraio 2018

Discussione delle mozioni presentate da parlamentari di diversi gruppi. Seduta tecnica, presente anche il Presidente Musumeci

PALERMO – Sprechi, inefficienze, mancata manutenzione e carenze delle reti, immobilismo politico, infiltrazioni della malavita organizzata, e poi ancora siccità e mancato utilizzo dei fondi, europi e non, a disposizione: si può riassumere così l’emergenza idrica in Sicilia, l’ennesimo dramma siciliano figlio dell’inerzia, del “non fare” della politica locale.
 
Sala d’Ercole ha riaperto i battenti ieri pomeriggio e, archiviata per il momento la discussione della proposta di legge sull’abolizione della doppia preferenza di genere, al centro del dibattito d’Aula c’è stata proprio la discussione delle mozioni sull’emergenza idrica: sotto la lente di ingrandimento le criticità ma anche le possibili soluzioni.
 
Presente a Sala d’Ercole anche il Presidente Musumeci che, a causa di una faringite, ha preso la parola ma poi ha lasciato all’assessore regionale al Territorio, Totò Cordaro, l’incombenza di relazionare sullo stato dei fatti. Gli interventi del governo si indirizzano principalmente in tre direzioni: ripristino ed ammodernamento della rete attuale, realizzazione di nuovi dissalatori, utilizzo di pozzi privati per far fronte all’emergenza dovuta, anche, “alla diminuzione delle piogge”. Nella relazione è stata sottolineata la “costante interlocuzione con il governo nazionale” sul tema dell’emergenza.
 
Tra le richieste avanzate al governo attraverso le mozioni vi è quella di lavorare sul contenimento degli sprechi, sull’utilizzo delle acque piovane ma soprattutto dei fondi europei a disposizione e delle risorse stanziate nell’ambito del cosiddetto Patto per il Sud, rimasto in parte lettera morta. Mentre scriviamo, la seduta è ancora in corso.
 
Ieri, infine, il Consiglio di Presidenza dell’Ars ha ratificato l’accordo sui tetti agli stipendi del personale di Palazzo dei Normanni. Votato a maggioranza, l’accordo è passato col solo voto contrario di Stefano Zito e Salvatore Siragusa, deputati del Movimento 5 stelle. Alla riunione erano presenti il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, i deputati Giorgio Assenza (Diventerà bellissima), Giovanni Bulla (Udc), Alfio Papale (Fi) e Nello Di Pasquale (Pd). Assenti Giancarlo Cancelleri (M5s) e Roberto Di Mauro (Popolari e autonomisti). Con le risorse provenienti dal taglio agli stipendi e grazie alla reintroduzione dei tetti, è stato creato un fondo di 100mila euro che sarà destinato ad interventi di solidarietà. Le risorse saranno prelevate dal capitolo del personale.
 
Il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, ha proposto, inoltre, ai deputati di effettuare donazioni per ulteriori 100mila euro. Anche su questo punto gli esponenti del Movimento 5 stelle si sono dichiarati contrari. Dal primo marzo saranno dunque ripristinate per il prossimo triennio le retribuzioni introdotte nel 2015 e in vigore fino al 31 dicembre. Gli stipendi base sono di 240mila euro lordi per i dirigenti, 204mila euro per gli stenografi, 193mila euro per i segretari, 148mila euro per i coadiutori, 133.200 euro per i tecnici e di 122.500 euro per gli assistenti parlamentari. Dal calcolo degli stipendi saranno escluse le indennità di funzione e mansione, corrisposte al personale in 12 mensilità.

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