Se la Pa funziona no evasione e sommerso - QdS

Se la Pa funziona no evasione e sommerso

Carlo Alberto Tregua

Se la Pa funziona no evasione e sommerso

mercoledì 28 Febbraio 2018

Occorre la volontà politica di cambiare

In questa campagna elettorale abbiamo sentito Berlusconi affermare che il sommerso, cioè le attività economiche non ufficiali, può stimarsi in circa 500 miliardi, pari a poco meno di un terzo del Pil.
Non sappiamo da dove provenga questa cifra, perché non è citata la fonte. La riteniamo esagerata, seppure essa abbia un fondo di verità.
Vi è un indizio che confermerebbe questa ipotesi. E cioè il fatto che i cittadini italiani utilizzano moltissimo contante, una situazione anomala rispetto al resto d’Europa, ove ormai la moneta elettronica ha sostituito quasi per intero quella cartacea.
Più i flussi finanziari sono tracciabili, minore è il sommerso. Meno sommerso c’è in giro, minore è l’evasione fiscale e contributiva. Minore evasione limita la corruzione.
I tre anelli della catena (sommerso, evasione e corruzione) fanno parte di quel quadro patologico in cui si trova il nostro Paese, non paragonabile a nessun altro partner europeo, a eccezione della Grecia e di qualche nazione dell’Est come la Romania.
 
Il sommerso è generato da alcune piccole e medie imprese, da artigiani, da professionisti e da altri che continuano a pescare nel torbido. Come dovrebbe essere affrontato questo problema? Riformando le leggi che governano i passaggi di danaro, indicando meccanismi di controllo rigoroso da parte dei dirigenti pubblici e dei loro dipartimenti, attivando in ogni Ente o partecipata pubblica i Nuclei interni anticorruzione, trasformando qualunque operazione finanziaria materiale in trasferimenti digitali tracciati.
Per fare tutto questo, occorre la cosiddetta volontà politica di coloro che hanno responsabilità istituzionali, per ingabbiare l’economia dentro i canoni leciti ed evitare che i disonesti possano operare e farla franca.
Quando un’impresa si iscrive agli albi camerali, ma si può cancellare in qualunque momento senza dimostrare di avere ottemperato agli obblighi di dichiarazione fiscali e previdenziali, quasi nulla si può fare nei suoi confronti, perché sparisce dallo scenario economico.
Quando un professionista può cancellarsi dal proprio albo senza avere dimostrato di avere effettuato tutti gli adempimenti fiscali e previdenziali, negli anni in cui ha svolto un’attività, esso sparisce e nulla si può fare nei suoi confronti per recuperare eventuali imposte o arretrati.
 
 
Quelli evidenziati sono soltanto alcuni esempi di come delle leggi rigorose e un comportamento altrettanto rigoroso della Pubblica amministrazione potrebbero contrastare questo fenomeno italico di sommerso: evasione e corruzione.
L’evasione è stimata in circa 150 miliardi, il danno che provoca la corruzione in altri 50 miliardi. Si tratta di cifre rilevanti che fino a oggi nessun Governo, e relativa maggioranza, sono riusciti a contrastare efficacemente.
Appare incomprensibile come nonostante la quindicina di miliardi che Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza recuperano ogni anno, il nero fiscale continui a rimanere intorno ai 150 miliardi. Quindi si deve dedurre che esso sia costantemente sottostimato.
La corruzione è presente in parecchi appalti. La responsabilità è dell’Ufficio tecnico dell’Ente concedente, del direttore dei lavori, del collaudatore delle opere. Se i tre uffici funzionassero senza tentennamenti, la corruzione sarebbe impossibile.
 
Altrettanto impossibile sarebbe la corruzione, di qualunque tipo, se la Pubblica amministrazione costituisse una sorta di porta antifuoco, cioè un baluardo insuperabile e inattaccabile da parte dei germi dei corruttori.
Ma la carne è debole, molti ricordano di tenere famiglia, cosicché chi si presenta con la mazzetta ha spesso gioco facile, mentre qualche volta si trovano dirigenti integerrimi che respingono con sdegno l’offerta di favori (spesso legata all’assunzione di un parente, viaggi in qualche parte del mondo, vendite di immobili a prezzi inferiori a quelli di mercato e così via…). Il prezziario della corruzione è vasto: non c’è che da attingervi quando un dirigente pubblico decide di prostituirsi.
Il guaio è che spesso anche il dirigente onesto gira la testa dall’altra parte, mentre dovrebbe denunciare senza tentennamenti il collega che viola il giuramento di fedeltà alla Repubblica.
Proprio il lassismo dei costumi ha fatto degenerare la nostra Pa, che una volta era gloriosa e vanto dell’intera comunità nazionale. Si auspica un ritorno agli antichi lidi di probità.

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