È come se un quinto della Sicilia fosse andato a fuoco (in 40 anni) - QdS

È come se un quinto della Sicilia fosse andato a fuoco (in 40 anni)

Rosario Battiato

È come se un quinto della Sicilia fosse andato a fuoco (in 40 anni)

giovedì 01 Marzo 2018

I numeri nel Piano regionale contro gli incendi: dal 1978 al 2016 bruciati 532 mila ettari di superficie. Il nuovo programma di prevenzione punta a ridurre drasticamente i roghi

PALERMO – La Sicilia è la terra del fuoco per eccellenza. Dal 1978 al 2016 poco meno di 23mila incendi registrati e 532mila ettari (cioè più di 5 mila km quadrati, come se fosse andata in fumo un quinto dell’intera superifice isolana) di superficie percorsa dal fuoco (boscata e non boscata), pari a una media annuale di 589 eventi all’anno per quasi 14 mila ettari (5.818 di superficie boscata e 7.841 di superficie non boscata). Numeri allarmanti contenuti nel piano regionale per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva per la difesa della vegetazione contro gli incendi che aggiorna l’ultimo del 2015. L’avviso è stato pubblicato sulla Gurs della scorsa settimana in seguito alla redazione predisposta dal servizio Antincendio boschivo del Comando del Corpo forestale della Regione siciliana dell’assessorato regionale del Territorio e dell’ambiente.
 
La revisione, aggiornata al 2017, è stata pubblicata nel sito istituzionale dell’assessorato e affronta in dettaglio la pianificazione in relazione agli incendi boschivi che possono essere distinti in due fondamentali macro categorie: l’incendio di bosco o di vegetazione è quello che colpisce aree forestali e preforestali, sia aree caratterizzate da un diverso uso del suolo, che comprendono anche “aree a vegetazione arbustiva e erbacea, pascoli e incolti”; l’incendio di interfaccia con l’urbano, invece, è sempre legato al bosco ma si realizza in prossimità di centri urbanizzati o industriali.
 
“Le attività di previsione, di prevenzione e di lotta attiva devono tenere conto di queste diverse realtà, delle loro caratteristiche e delle pressioni sociali che vi si esercitano”, si legge nel documento, e in questo senso il piano Aib “rappresenta il principale strumento di supporto alle decisioni, ai fini del coordinamento delle attività e degli interventi di prevenzione e lotta antincendio, definisce e dimensiona, in funzione dei principi e della misura con cui si vuole proteggere”.
 
L’azione si basa su alcuni principi fondamentali che vanno dal fire control, cioè l’intervento rapido delle strutture che devono operare per l’estinzione degli incendi, al fire management che opera per la difesa del territorio dal fuoco mediante la gestione delle risorse fino alla prevenzione selvicolturale generale che riguarda “le attività volte a ridurre il combustibile e a facilitare la gestione e la presenza umana nei boschi”.
 
Da prendere in considerazione anche la parte relativa alla selvicoltura e assestamento forestale, quindi il miglioramento della protezione della foresta, e i vincoli sulle aree bruciate “cui si devono aggiungere la ricostituzione dei soprassuoli percorsi da incendi e interventi per la difesa della pubblica incolumità”. I riferimenti del documento sono alcune normative nazionali e regionali e l’ultimo piano in vigore che risaliva al 2015.
 
Il documento contiene una serie di elementi decisivi per migliorare la gestione del rischio incendi. Si comincia con la conoscenza degli scenari di rischio, e in tal senso risulta necessaria l’analisi statistico-descrittiva della situazione, per proseguire con la conoscenza accurata della struttura organizzativa, e quindi con altri capitoli di interesse primario che sono la gestione dell’emergenza, la previsione degli incendi, la prevenzione, la sicurezza dei cittadini e del patrimonio, la lotta attiva e il monitoraggio degli effetti del Piano.

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