Defr 2018-20, la cura "Musumeci" per risollevare l'economia siciliana - QdS

Defr 2018-20, la cura “Musumeci” per risollevare l’economia siciliana

Patrizia Penna

Defr 2018-20, la cura “Musumeci” per risollevare l’economia siciliana

venerdì 16 Marzo 2018

Principali linee di intervento: riforma burocrazia, imprese ed occupazione, turismo, rapporto Stato-Regione. Nel 2016 il Pil è sceso a 81,8 mld (-0,1%). Previsione 2017: un timido +1,2% 

PALERMO – Il Defr 2018-20 (Documento di Economia e Finanza Regionale) approvato dalla Giunta regionale con Delibera n. 77 del 13 febbraio 2018 e all’esame dell’Assemblela regionale siciliana, presenta tutti i limiti di una mera dichiarazione di intenti ma bisogna riconoscere comunque al governo Musumeci il merito di avere le idee chiare sulla “ricetta” salva-Sicilia, ovvero su quell’insieme di misure, interventi ed iniziative di cui la nostra Isola ha disperato bisogno dopo il disastro firmato Rosario Crocetta.
 
Per quanto riguarda gli ambiti su cui intervenire per risollevare l’economia isolana, c’è solo l’imbarazzo della scelta: c’è un intero settore produttivo da “riscrivere” e da rilanciare.
 
Dalla lettura del corposo documento, è possibile vedere che le linee d’intervento sono tantissime e illustrate in modo dettagliato. Tuttavia, il programma del governo Musumeci si poggia essenzialmente su quattro parole chiave principali: riforma della burocrazia regionale, imprese, turismo, e rinegoziazione dei rapporti tra Stato e Regione.
 
La pubblica amministrazione, soprattutto in Sicilia, soffre di un male incurabile chiamato elefantiasi: la macchina amministrativa soffre sotto il peso di una spesa corrente elevata che impedisce margini di manovra sul fronte degli investimenti, di cui invece la Sicilia ha disperato bisogno. Rimettere in moto la burocrazia e trasformarla da zavorra a motore primo dell’economia rappresenta un punto di partenza irrinunciabile. Una pubblica amministrazione efficiente gioverebbe certamente ai cittadini, destinatari finalmente di servizi di qualità, ad oggi merce rara, ma gioverebbe soprattutto alle imprese: le lungaggini burocratiche nel rilascio di pareri e autorizzazioni rappresentano il principale ostacolo ad investimenti ed iniziative imprenditoriali di tutti i tipi.
 
Il governo regionale non vuole solo velocizzare il lavoro della pubblica amministrazione ma vuole anche una presenza più radicata sul territorio attraverso il ripotenziamento delle ex province: “una necessità – si legge nel documento – ai fini del decentramento di competenze regionali che deve essere accompagnato da una revisione della quantificazione del contributo di finanza pubblica gravante sulle province siciliane”. E ancora: “è necessario un nuovo disegno delle funzioni pubbliche, eliminando duplicazioni e frammentazione delle competenze, individuando le priorità e le funzioni centrali e rendendo chiaro e semplice il quadro amministrativo con 1’accessibilità in via digitale dei servizi, al fine di migliorare la qualità della vita dei cittadini e per rendere attrattivi i territori per nuovi investimenti. Occorre puntare sulla semplificazione dell’attività amministrativa e sulla riduzione degli adempimenti incombenti sui cittadini, corpi intermedi e imprese”.
 
Un altro fronte su cui lavorare senza sosta è il turismo e non c’è dubbio che in Sicilia, nessun governo sia stato fino ad oggi in grado di promuovere una seria strategia di promozioni delle enormi ricchezze dell’Isola: “La Regione siciliana, al fine di promuovere, sia in Italia che all’estero, la propria immagine e notorietà turistica, intende perseguire, nel triennio 2018/2020, una rinnovata strategia di marketing e di brand che rifletta in modo adeguato i propri valori distintivi ed i connessi punti di forza (diversità, qualità, storia e cultura), quali elementi peculiari rispetto a quelli di altre destinazioni turistiche mondiali e, al contempo, di comunicare al turista/visitatore un‟immagine unica dell‟offerta turistica regionale. Le principali linee strategiche possono essere sinteticamente riportate come segue: qualificare, diversificare, destagionalizzare ed innovare l‟offerta turistica regionale; fidelizzare il turista; sviluppare e diffondere il turismo digitale.
 
Un intero capitolo viene poi dedicato alla finanza regionale ma soprattutto alla spinosa questione relativa all’attuazione dello Statuto regionale e alla riscrittura degli accordi Stato-Regione che, negli anni, hanno di fatto depotenziato, indebolito la “specialità” della nostra Regione. I diktat di Roma hanno pesantemente condizionato la possibilità dell’amministrazione di programmare le proprie entrate: e anche di questo si dovrà discutere.
 
In una recente intervista al QdS, l’assessore all’Economia Gaetano Armao ha precisato che la Regione “non adrà a Roma col cappello in mano”.
 
Infine, una parentesi, tutt’altro che scontata e tutt’altro che irrilevante sul prodotto interno lordo della Sicilia. L’andamento della ricchezza prodotta tra il 2013 e il 2016, come certificato dall’Istat, riflette l’inazione del Governo Crocetta: un’inerzia di cui pagheremo ancora a lungo le conseguenza, complice anche una crisi economia senza precedenti che ha messo in ginocchio un tessuto produttivo già di per sé molto fragile.
 
Il Pil Sicilia ha perso nel 2014 il 2,5% rispetto al 2013. Il 2015 ha segnato un timido +0,9% attestandosi a 81,9 miliardi (valori concatenati anno di riferimento 2010). Nel 2016 è sceso a 81,8 miliardi (-0,1%). Per il 2017, nelle previsioni della Regione, si intravede un timido +1,2%.

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