Boschi siciliani, energia in fumo - QdS

Boschi siciliani, energia in fumo

Rosario Battiato

Boschi siciliani, energia in fumo

mercoledì 21 Marzo 2018

Il Governo ha dato il via libera al Testo unico per valorizzare le foreste: nell’Isola filiera all’anno zero mentre crescono i roghi. In Umbria simile superficie boscata, ma prelievo energetico nove volte superiore 

PALERMO – Meglio bruciare che valorizzare. Si può riassumere in questi termini la situazione siciliana relativa all’utilizzo dei boschi, un patrimonio indispensabile per la sicurezza idrogeologica e per l’economia di un’area. La differenza tra la tendenza isolana e le altre regioni italiane è illustrata nei dati riportati in tabella: la Sicilia ha un prelievo basso e in compenso numeri record per gli incendi e i danni causati, mentre altre regioni, con differenti superfici boscate, utilizzano in maniera virtuosa il proprio patrimonio boschivo e mantengono limitati danni sul fronte dei roghi. I due fenomeni non sono ovviamente collegati, ma i dati servono a dimostrare che si può prelevare di più con una gestione più adeguata delle risorse boschive.
 
Il Testo unico
La scorsa settimana il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera al Testo unico in materia di foreste e filiere forestali. Il provvedimento, si legge nella nota diramata da Palazzo Chigi, provvede al riordino complessivo della normativa in materia di foreste e filiere forestali, in coerenza con la strategia nazionale definita dal Programma quadro per il settore forestale, la normativa europea e gli impegni assunti in sede europea e internazionale in materia forestale, di agricoltura, ambiente, paesaggio, commercio e sviluppo rurale. Una misura attesa per quasi mezzo secolo dagli addetti ai lavori e che dovrà servire per rilanciare la conservazione del patrimonio e promuovere le nuove economie verdi e la crescita occupazionale.
 
 
La posizione degli addetti ai lavori
A salutare con grande entusiasmo la riforma è stata FederlegnoArredo che preso posizione con le parole del suo presidente Emanuele Orsini. “Un provvedimento importante – ha spiegato – che garantirà nel tempo una gestione armonizzata delle politiche forestali con l’obiettivo di renderle meno vulnerabili e maggiormente produttive. Non dimentichiamoci che l’Italia è il terzo importatore comunitario di legname con una quota dell’80% del fabbisogno annuo di materia prima e preleva ogni anno dai propri boschi solo un quarto dell’incremento naturale. Più semplicemente, per ogni ettaro di alberi tagliati crescono tre ettari di nuove piante”.
Nel resto d’Europa il prelievo è decisamente più sostanzioso: dati dell’Ue dicono che il 60-70% dell’incremento annuo viene abbattuto e si prevede “un incremento approssimativo del 30% dei tassi di prelievo entro il 2020 rispetto al 2010”. Se l’Italia è in ritardo rispetto alla media comunitaria, allora la Sicilia è all’anno zero.
 
Il prelievo siciliano
A definire i numeri del rapporto siciliano con i boschi sono stati gli ultimi dati Istat relativi alle “utilizzazioni legnose forestali per tipo di bosco e per destinazione”. Il prelievo siciliano è molto variabile, tra il 2013 e il 2015 è passato da 42 mila a 30 mila per chiudere con 36 mila metri cubi, ma resta molto distante da quelle regioni che, a parità o con porzioni inferiori di superficie forestale (circa 340 mila ettari quella isolana, dati Infc), la surclassano per prelievo: Umbria (390 mila ettari, 182 mila ettari di prelievo) e Puglia (179 mila ettari, 63 mila metri cubi di prelievo). Un ritardo che diventa esagerato nei confronti delle Regioni che mantengono una superficie boscata maggiore: la Toscana, ad esempio, preleva oltre 600 mila metri cubi all’anno.
 
Il bosco si brucia ma non si valorizza
I dati della protezione civile regionale hanno registrato, tra il 1978 e il 2016, poco meno di 23 mila incendi e 532 mila ettari (cioè più di 5 mila km quadrati, cioè un quinto dell’intera superficie isolana) di superficie percorsa dal fuoco (boscata e non boscata), pari a una media annuale di 589 eventi all’anno per quasi 14 mila ettari (5.818 di superficie boscata e 7.841 di superficie non boscata).
Lo scorso anno la tendenza non si è arresta: nella seconda edizione del rapporto sullo Stato del capitale naturale in Italia, nel 2017, nell’Isola sono stati registrati 145 roghi per 40 mila ettari di superficie boscata percorsa dal fuoco, che corrisponde a circa a circa di un terzo del totale registrato a livello nazionale, considerando la superficie boscata e non boscata.
 
Il “prezzo” del fuoco
A fare i conti agli incendi ci hanno pensato i Verdi in un corposo dossier. Sulla base di una serie di combinazioni di fattori che riguardano il patrimonio andato a fuoco, il costo degli spegnimenti e il costo per il ripristino della situazione, hanno stimato circa 2,5 miliardi di euro di danni in tutta Italia, un terzo di questi in Sicilia. Si tratta di 819,5 milioni di euro, a distanza la Calabria (656 milioni) e la Campania (363 milioni).

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