"Uffici e risorse carenti ma si cercano soluzioni" - QdS

“Uffici e risorse carenti ma si cercano soluzioni”

Paola Giordano

“Uffici e risorse carenti ma si cercano soluzioni”

mercoledì 21 Marzo 2018

Forum con Francesco Saverio Maria Mannino, presidente del Tribunale di Catania 

Il Tribunale di Catania da anni combatte il problema di un’adeguata ubicazione degli uffici. Qual è la situazione attuale?
“Il problema degli spazi è rimasto tale e quale. Sta andando avanti la pratica dell’ex Palazzo delle Poste inviale Africa, ma purtroppo le cose non si fanno da un giorno all’altro”.
 
Non è stata ancora fatta la gara d’appalto?
“No, ma abbiamo i soldi stanziati in bilancio. La pratica risale a decine di anni fa, l’edificio nel frattempo è stato occupato abusivamente e vandalizzato. Io ebbi modo di vederlo appena acquisito: era ancora una struttura in buone condizioni, con integre le separazioni in cartongesso. Oggi non c’è più niente, a parte le macerie”.
 
 
 
Nel medio periodo non c’è speranza di migliorare la situazione?
“Avevamo delle trattative per l’edificio di viale Vittorio Veneto dove si trovava il Provveditorato, ma non sono andate a buon fine perché il prezzo venuto fuori sulla base della Legge Monti, che prevede che l’affitto per gli edifici da utilizzare come locali pubblici deve essere effettuato al valore del prezzo di mercato meno il 15 per cento, non è stato accettato dalla proprietà. Ora abbiamo mosso gli opportuni meccanismi amministrativi con il ministero della Giustizia per una nuova richiesta di disponibilità di edifici. Non è facile, perché bisogna trovare edifici che abbiano determinate metrature e che siano inoltre in luoghi facilmente raggiungibili”.
 
Tutto questo “disordine” incide sullo svolgimento dei processi?
“In parte sì. Quello degli archivi, per esempio, è un grosso problema. A Palazzo di Giustizia non sono neanche agibili a causa di un allagamento. C’è un problema logistico di accesso dovuto alla conformazione stessa dei locali sotterranei. A ciò si aggiunga la situazione di insufficienza stessa degli archivi, perché nonostante si sia iniziato a digitalizzare dal 2014 in avanti, resta ancora in sospeso il pregresso. Ciò comporta tempo che il personale, già oberato da tante attività, non ha. Tale lavoro andrebbe esternalizzato a cooperative o società, ma occorrerebbero investimenti e un adeguato sistema di messa a disposizione dei fascicoli. C’è poi un problema di vivibilità delle stanze: salvo poche eccezioni, come quelle dei giudici fallimentari che tutti i giorni ricevono i curatori delegati, di solito il magistrato dispone di una stanza due giorni a settimana. In tutte le Sezioni civili i giudici condividono le stanze fra di loro e lì svolgono pure le udienze, perché non dispongono di un’aula per quelle civili. Con queste condizioni non si può dare un servizio degno di questo nome al cittadino”.
 
Il presidente, di fatto, è diventato una sorta di amministratore delegato. Non trova?
“Direi piuttosto che sia un amministratore di condominio. Ogni giorno mi occupo di firmare richieste di intervento per riparare la serratura o l’ascensore, eliminare l’allagamento e così via. Fino a quando gli edifici erano comunali, questi interventi erano di competenza del Comune. Adesso che la gestione è passata sotto la responsabilità diretta del Ministero a risponderne è il capo dell’ufficio, che però non dispone né di un ufficio tecnico né di un manutentore. La macchina giudiziaria non è fatta solo di processi. Nel processo il cittadino piange sulla propria pelle le nostre lungaggini. C’è però anche un’altra lungaggine, fatta di tante piccole attività collaterali di cui il giudice deve occuparsi, come un visto, un parere, la risposta a un’istanza, che messe insieme sono intere mezze giornate che non si possono conteggiare nel carico di lavoro reso in un’attività di produzione di sentenza. A ciò si deve aggiungere che ci troviamo anche di fronte a cause che nascono da piccole beghe. Attenzione: il cittadino anche in questi casi merita di avere giustizia, perché non esistono cittadini di serie A e cittadini di serie B, ma laddove noi amministriamo giustizia, dobbiamo necessariamente modulare le nostre motivazioni sulle questioni di diritto che ancora non hanno avuto una conformità acclarata”.
 
Alla luce della recente riforma della magistratura onoraria, avete già avviato la costituzione degli uffici del giudice?
“A Catania la predisposizione di questi uffici c’è già: alla sezione Lavoro, per esempio, la stiamo avviando insieme al presidente di Sezione affiancando a ogni giudice un giudice onorario e, man mano che arriveranno, i tirocinanti. Il compito di tale staff è quello di supportare il giudice svolgendo attività di routine, quali la ricerca dei precedenti provvedimenti o la predisposizione delle bozze. Il problema però è sempre lo stesso: non abbiamo giudici onorari per tutti, nè spazi sufficienti”.
 
Civile o Penale, dov’è più aggrovigliata la matassa?
“Ciascun settore ha le proprie complessità. Io sono ancora in una fase di studio delle criticità organizzative, ma ho già introdotto qualche piccolo aggiustamento sul Civile: sto cercando di attuare ancora di più il principio di specializzazione. Se noi creiamo dei nuclei specializzati il più possibile per Sezioni e per blocchi di materie, andiamo a concentrare tutta una tipologia di cause in capo agli stessi giudici che, affrontando casi similari tra loro, risolverebbero con più facilità le controversie. Sul Penale non ho ancora preso nessun provvedimento, ma sto verificando la composizione di alcune Sezioni per cercare di rafforzare determinati settori e ridare un po’ di respiro a quelli che finora hanno sofferto di più. Il mio obiettivo è creare dei meccanismi di condivisione con gli avvocati, per cui cerchiamo di lavorare secondo uno schema di impostazione degli atti uguale per tutti i legali, cosicché il giudice, quando si trova a studiare una causa, sa che trova nelle prime due pagine tutti gli elementi che servono per decidere. L’avvocato può motivare meglio nelle pagine a seguire il tuo concetto, non c’è dubbio, però lo sintetizza all’inizio dell’atto. Questa è una delle soluzioni che sto adottando per lavorare in modo organizzato e intelligente: non potendo bruciare i fascicoli e non potendo moltiplicare i giudici, cerchiamo di lavorare in modo razionale rispettando i tempi di priorità delle cause più vecchie per evitare che durino troppo e dando una corsia preferenziale a quelle tipologie di cause che creano maggior allarme sociale. La mia filosofia di lavoro è e sarà questa: lavorare con la massima trasparenza e muovermi d’intesa, in piena collaborazione con colleghi magistrati, personale amministrativo e avvocati, perché la giustizia è un tavolo a tre gambe. Se le tre gambe vanno d’accordo il tavolino regge, se ne manca uno il tavolino casca”.
 
Le lungaggini dei processi, secondo lei, dipendono anche dalla farraginosità delle procedure? Il metodo Barbuto pare funzioni bene…
“Il metodo Barbuto richiede, da parte di magistrati e avvocati, una disponibilità a trattare il processo secondo certi criteri di celerità e una disponibilità di mezzi a favore del Giudizio civile. Il risvolto negativo di questa direttiva si sta scoprendo adesso, perché per avvantaggiare il Processo civile sono stati ridotti gli organici del Penale. La coperta è sempre quella: o si tira da un lato o dall’altro. Bisogna essere bravi o facendo scelte organizzative meditate, decidendo su quale settore concentrare le maggiori energie, oppure spalmando l’inefficienza dovuta alla carenza di organico in tutti le branche della giustizia. Nel Settore penale, per esempio, sappiamo che il rischio della prescrizione è alto. La regola che cerchiamo di attuare è quella di non dare priorità ai fascicoli che sappiamo si prescriveranno entro un certo periodo di tempo. Per razionalizzare il lavoro abbiamo firmato pochi giorni fa un protocollo con la Procura basato sull’elaborazione di un nuovo programma di gestione fornitoci in via sperimentale dal Ministero secondo cui i fascicoli che vengono mandati a giudizio dalla Procura vengono assegnati automaticamente ai giudici e viene fissata una data in modo automatico. Mentre finora l’esplicazione di tutti i passaggi tra Procura e Tribunale comportava una non indifferente perdita di tempo, con questo programma, che si chiama Giada 2, in automatico, sulla base delle impostazioni che abbiamo dato, vale a dire carichi di lavoro dei singoli magistrati, data di commissione di reato e data di prescrizione, si va a scegliere tra i giudici competenti quello a cui in quel momento tocca l’assegnazione di quel fascicolo e la prima udienza utile, con dei criteri per cui il sistema non fornisce più la corsia preferenziale laddove ci siano dei limiti di prescrizione imminente e stabilisce per certi tipi di reati e a certe condizioni delle corsie preferenziali per accelerare la fissazione di alcuni processi. Si tratta quindi di scelte ragionate che gli uffici possono prendere e che noi stiamo prendendo”.

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