Cina, Xi Jinping un grande presidente - QdS

Cina, Xi Jinping un grande presidente

Carlo Alberto Tregua

Cina, Xi Jinping un grande presidente

giovedì 05 Aprile 2018

Un uomo solo al comando

Con la riforma della Costituzione cinese, approvata l’11 marzo scorso, Xi Jinping è di fatto diventato presidente a vita, come accadde a Mao Tse Tung.
Le condizioni del mondo, da allora a oggi, sono però profondamente cambiate. Allora si viveva nella costante guerra fredda, il pericolo della terza Guerra mondiale incombeva su tutta l’umanità e non vi era occasione in cui il presidente degli Stati Uniti e quello cinese non cercassero di farsi i dispetti.
Oggi la situazione si è rovesciata, perché le due più grandi potenze economiche del mondo sono entrate in competizione e spesso in collaborazione.
Però, tale competizione ha esasperato i toni e i comportamenti di Trump e Xi Jinping. Per la verità, è stato il primo ad aprire la tenzone, imponendo fino al 25% di dazi su alluminio e acciaio. Dalla Cina, la risposta è stata pronta, con l’imposizione di dazi del 25% su un migliaio di prodotti americani.
 
Il commercio mondiale è disciplinato da un organismo cui partecipano pressoché tutte le nazioni avanzate del mondo. Si tratta del Wto (World trade organization): in quel luogo dovrebbero essere risolti gli eventuali contrasti. Ma il Wto è una scatola con scarso potere, come peraltro l’Onu, perché le decisioni non vengono mai prese a maggioranza e il singolo Stato può mettere il veto.
La Cina cresce a un ritmo medio del 7% di Pil, che secondo la Banca mondiale al 31/12/2017 era di diciottomila miliardi di dollari per gli Usa e di circa undicimila miliardi di dollari per la Cina.
La differente crescita fra i due colossi non deve ingannare, perché il +3% Usa, su una base molto più grande, è in valore assoluto quasi equivalente al +7% della Cina, con una base minore.
Xi Jinping ha dimostrato di avere una visione molto ampia della crescita dell’umanità. è intervenuto con decisione, anche se in modo sommesso, sull’aspra controversia fra Trump e Kim Jong-un, dittatorello della Corea del Nord, tanto che i toni e i comportamenti si sono appianati con l’invio degli atleti nordcoreani alle olimpiadi invernali sudcoreane, gesto ricambiato con l’invio di artisti sudcoreani nella capitale Pyongyang. Inoltre, in maggio, vi sarà l’incontro fra Trump e Kim.
 
La domanda ricorrente sull’apertura delle ostilità di Trump nei confronti della Cina è che cosa può aver mosso il presidente americano ad aprire una controversia della quale non vi era certo bisogno.
I commentatori non sono tutti dello stesso parere, però emergono due possibili cause: la prima riguarda una questione di politica interna, consistente nella protezione dei produttori di acciaio e alluminio statunitensi; la seconda è una sorta di velata minaccia nei confronti di un Paese, la Cina, che detiene quasi un terzo dei bond americani.
Nell’economia mondiale tutto si gioca su segnali, minacce, intenzioni comunicate e poi non messe in atto. Insomma, la comunicazione è diventata uno strumento forte per impressionare l’opinione pubblica mondiale oltre che quella del proprio Paese.
Sul piano politico e sociale, com’è noto a tutti, in Cina non vi è democrazia ma, paradossalmente, la presenza di una sorta di dittatura, in cui vi è (e vi è stato) un solo uomo al comando è una delle componenti più importanti dello sviluppo di quel Paese.
 
Governare un popolo di 1,3 miliardi di persone, oltre circa 300 milioni sparsi per il mondo, sarebbe difficile, se non impossibile, con un sistema democratico. Proprio perché chi dirige quel Paese è una sorta di dittatore, seppur apparentemente democraticamente eletto, consente di tenerlo su un binario rigido, che però dà i suoi frutti in termini di sviluppo tumultuoso, di crescita della cultura, delle tecnologie e della professionalità.
Ovviamente, anche in Cina vi è il Sud, come in Italia. Ci riferiamo agli immensi territori interni, che costituiscono le periferie ove vi è tanta povertà e ove non sempre i diritti umani vengono rispettati.
Ma l’evoluzione sociale ed economica di un Paese deve pagare un prezzo. L’importante è che la sintesi degli elementi positivi e negativi vada nella giusta direzione, con continuità, senza tentennamenti né periodi vuoti, come quelli accaduti in Germania, in Spagna e adesso in Italia.
Ne va della crescita dell’interno pianeta.

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