Beni confiscati, a rischio 100 milioni di euro - QdS

Beni confiscati, a rischio 100 milioni di euro

Cettina Mannino

Beni confiscati, a rischio 100 milioni di euro

venerdì 15 Gennaio 2010

Beni ex mafia. Patrimonio che spesso resta inutilizzato.
Accelerare. Con la L. 94/09 per rendere più celeri le procedure necessarie a destinare i beni confiscati, la competenza è stata affidata ai prefetti della provincia in cui si trova il bene.
Rischi. Una norma, approvata con l’ultima finanziaria del governo, prevede la vendita all’asta degli immobili confiscati alla mafia col rischio che questi tornino in loro possesso.

PALERMO – Sale il numero dei beni confiscati alla mafia, e anche per l’anno 2009 la Sicilia detiene il record degli immobili e delle aziende sequestrate, con il 46 per cento del totale confiscato in Italia. La città con maggiori confische di immobili è Palermo seguita da Motta Sant’Anastasia, in provincia di Catania e Furnari, a Messina. In prima posizione per il numero delle aziende sequestrate ritorna Palermo con Catania. Ma, nonostante il triste primato per la regione Sicilia, il 2009 è stato un anno caratterizzato da una serie di leggi e provvedimenti da parte del Governo nazionale che hanno visto al centro del dibattito proprio la questione dei beni confiscati. L’obiettivo dichiarato è stato quello di migliorare il “sistema” delle assegnazioni che spesso prendeva anche un decennio.
 
Prima fra tutte la  Legge 94/09 “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” dove per rendere più celeri le procedure necessarie a destinare i beni confiscati alla collettività, la competenza è stata affidata ai prefetti della provincia in cui si trova il bene confiscato. In questo modo è il prefetto a decidere sulla sua destinazione,  fermo restando la competenza gestionale dell’Agenzia del demanio.  Legge che nonostante sia stata adottata a luglio, in Sicilia, non  dà ancora i risultati sperati dal governo siciliano.
“Affinchè un bene confiscato riceva l’assegnazione ci vogliono otto anni, e la situazione da luglio non  è migliorata” – dichiara Salvino Caputo, presidente della Commissione Legislativa Attività Produttive e Componente la Commissione antimafia dell’Ars.
 
È di parere opposto il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, che afferma: “In merito al sequestro dei beni  questo Governo ha dimostrato un’efficacia mai dimostrata prima, tanto da registrare plausi importanti al G6 e alla conferenza del Mediterraneo Occidentale tenutasi a Venezia (questi i numeri: 10.089 sequestrati, 2.673 confiscati,  fra i beni immobili 5235,  beni mobili 2098). Molti di questi risultati sono stati raggiunti –  sottolinea Maroni –  grazie alle disposizioni contenute nel “pacchetto sicurezza”. In particolare il Ministro dell’Interno, sottolinea: “la costituzione del Fondo Unico per la Giustizia, in cui confluiscono in fondi per la sicurezza e giustizia raccolti dalla lotta alle mafie”.
 
Ma c’è anche un’altra faccenda che  indigna l’opinione di Caputo:  la norma, approvata con l’ultima finanziaria del governo, che prevede la vendita all’asta degli immobili confiscati alla mafia. “Questo vuol dire- sostiene Caputo- che il patrimonio dei mafiosi una volta posto sotto sequestro ritorna ad essere patrimonio degli stessi mafiosi”. Al momento in Sicilia secondo una stima fatta da Caputo il valore del patrimonio confiscato e in attesa di assegnazione ammonta a circa 100 milioni di euro. In numeri, secondo l’Agenzia del Demanio, sono 2.081 gli immobili da destinare. “Solo il patrimonio di Di Piazza- spiega Caputo- è di circa 500 mila euro. Quale azienda in un momento di crisi economica, come quello che stiamo attraversando, può permettersi di acquistare un immobile del genere? “ Ma dal Viminale la risposta è chiara: ‘’Non c’è nessun rischio che i beni confiscati alla mafia vengano rivenduti alla criminalità’’, assicura Maroni. “Ricordo – continua il ministro – che quando parliamo di beni confiscati alla mafia, facciamo riferimento a beni immobili che devono essere destinati a finalità di tipo sociale.
Questa è la base. Ma quando il prefetto locale valuta che non c’è la possibilità di destinare tali beni ad uso sociale, si può procedere all’alienazione, alla vendita”. Maroni però ha sottolineato con forza: “Con tutte le precauzioni perché tale bene non torni nelle mani della criminalità organizzata. È falso infatti dire che questo è un modo per restituire i beni alla mafia”.

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