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Mafia: pm, “Messina Denaro colpito al cuore”

redazione

Mafia: pm, “Messina Denaro colpito al cuore”

giovedì 19 Aprile 2018

Lo ha detto il procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido.  Anche il fratello e i due cognati del superlatitante capo di Cosa nostratra le ventidue persone colpite da ordini di custodia cautelare in carcere e considerate appartenentii alle cosche del Trapanese più vicine al boss. Individuata la rete utilizzata dal capo di Cosa nostra per lo smistamento dei pizzini con i quali dava le disposizioni agli affiliati. Chi è Matteo Messina Denaro

"Con questa indagine siamo arrivati davvero vicino al cuore del latitante nel senso letterale in quanto sono stati colpiti col fermo anche componenti della sua famiglia come i suoi cognati Como Allegra, mariti delle due sorelle di Messina Denaro, Bice e Giovanna, unici due a essere ancora liberi".
Lo ha detto il procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido alla conferenza stampa che ha illustrato il blitz che ha disarticolato i clan di Mazara del Vallo e Castelvetrano.
Sei i boss fermati su 21 persone finite in cella.
 
Guido, che ha coordinato l’inchiesta col procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e i pm Gianluca De Leo, Francesca Dessì, Carlo Mariella, Claudio Camilleri, Gerry Ferrara e Alessia Sinatra, ha sottolineato il rispetto e la considerazione che la famiglia Messina Denaro ancora ha tra gli affiliati.
 
L’operazione è stata condotta dallo Sco della polizia, dal Ros dei carabinieri, dalla Dia, dai comandi provinciali dell’Arma di Trapani e Palermo e dalle Mobili di Palermo e Trapani.

Gli indagati nell’operazione antimafia contro il clan del latitante Matteo Messina Denaro sono, oltre al boss latitante, Nicola Accardo, 53 anni; Gaspare Como, detto Panda, 50 anni; Vincenzo La Cascia, 70 anni; Dario Messina, 33 anni; Raffaele Urso, detto Cinuzzo, 59 anni; Rosario Allegra, detto Saro, 64 anni; Vito Bono, 59 anni; Marco Buffa, 45 anni; Filippo Dell’Acqua, 54 anni; Mario Tripoli, 45 anni; Bruno Giacalone, 56 anni; Angelo Greco, 59 anni; Calogero Guarino, 49 anni; Giovanni Mattarella, 52 anni; Leonardo Milazzo, 39 anni; Giuseppe Paolo Bongiorno, 29 anni; Vittorio Signorello, 55 anni; Giuseppe Tilotta, 55 anni; Antonino Triolo, 48 anni; Andrea Valenti, 65 anni. Indagato per concorso esterno alla mafia è Carlo Cattaneo, 32 anni. Sono tutti stati fermati.
 
Le accuse nei confronti degli indagati sono, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, detenzione di armi e intestazione fittizia di beni. Tutti reati aggravati dalle modalità mafiose.

L’indagine che ha portato al blitz in provincia di Trapani, con il fermo di una ventina tra presunti boss e fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro, ha consentito di individuare la rete utilizzata dal capo di Cosa nostra per lo smistamento dei pizzini con i quali dava le disposizioni agli affiliati.
 
Le indagini di Polizia, Carabinieri e Dia, inoltre, hanno confermato sia il ruolo di vertice di Messina Denaro sulla provincia di Trapani sia quello del cognato, reggente del mandamento di Castelvetrano in seguito all’arresto di un altro cognato, del fratello del boss e altri familiari.
 
Pedinamenti, appostamenti e intercettazioni hanno ribadito come Cosa nostra eserciti un controllo capillare del territorio e ricorra sistematicamente alle intimidazioni per infiltrare il tessuto economico e sociale.
 
 

 
CHI E’ MATTEO MESSINA DENARO
 
Matteo Messina Denaro , nato a Castelvetrano il 26 aprile 1962, tra i latitanti più ricercati al mondo, è considerato il capo di Cosa Nostra.
 
Figlio di Francesco Messina Denaro, capo della cosca di Castelvetrano e del relativo mandamento, nel febbraio 1992 Messina Denaro fece parte di un gruppo di fuoco, composto da mafiosi di Brancaccio e della provincia di Trapani, inviato a Roma per progettare attentati contro il giornalista Maurizio Costanzo, Giovanni Falcone e Claudio Martelli.
 
Poi però Totò Riina annullò l’operazione perché voleva che l’attentato a Falcone fosse eseguito diversamente.
 
Nel luglio 1992 Matteo Messina Denaro fu tra gli esecutori dell’omicidio di Vincenzo Milazzo, capo della cosca di Alcamo, insofferente all’autorità di Riina. E pochi giorni dopo strangolò la compagna di Milazzo, Antonella Bonomo, incinta di tre mesi.
 
Dopo l’arresto di Riina, Messina Denaro fu favorevole alla continuazione della strategia degli attentati dinamitardi insieme con i boss Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca e i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano: gli attentati dinamitardi a Firenze, Milano e Roma provocarono dieci morti e 106 feriti, con gravi danni al patrimonio artistico.
 
Mentre venivano portati a termine gli attentati, nell’estate 1993, Matteo Messina Denaro si recò in vacanza a Forte dei Marmi (Lucca) con i fratelli Graviano. In quei giorni nei suoi confronti venne emesso un mandato di cattura per associazione mafiosa, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materiale esplosivo. Da allora Messina denaro è latitante e gestisce la sua cosca attraverso i cosiddetti pizzini, biglietti con gli ordini per gli uomini di Cosa nostra.
 
Con questo sistema, nel novembre del 1993, Matteo Messina Denaro organizzò il sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo per costringere il padre Santino a ritrattare le sue rivelazioni sulla strage di Capaci. Dopo 779 giorni di prigionia, il bambino fu brutalmente strangolato e il cadavere sciolto nell’acido.
 
Nel 1998, dopo la morte del padre Francesco, ucciso da un infarto mentre era anche lui latitante, Messina Denaro è diventato capomandamento di Castelvetrano e anche rappresentante mafioso della provincia di Trapani.

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