Pa, procedure-binari senza discrezionalità - QdS

Pa, procedure-binari senza discrezionalità

Carlo Alberto Tregua

Pa, procedure-binari senza discrezionalità

sabato 21 Aprile 2018

Cronoprogrammi rigidi e controllati

Ritorniamo sulla disfunzione delle Pubbliche amministrazioni perché costituiscono il peso più grosso che impedisce al Paese di crescere nella media europea.
È vero che la insensibilità della Classe politica, la sua inettitudine e l’assenza di osservanza dei principi morali costituiscono una pietra tombale per la comunità. Tuttavia, è proprio la carenza di quantità e qualità dei servizi pubblici che danneggia la parte medio-bassa della piramide sociale, proprio quella che ha bisogno di più di tali servizi.
In Italia, vi sono circa quattro milioni di dipendenti pubblici, compresi quelli delle società controllate da enti pubblici. Se tutti facessero il proprio dovere, secondo procedure rigorose, sarebbero evase le richieste di cittadini e imprese quasi in tempo reale e la ruota dell’economia avrebbe un’accelerazione formidabile.
Invece, non soltanto mancano competenze, ma anche la volontà di apprendere di più e di lavorare meglio.
 
La classe politica ha anche il demerito di non riuscire ad approvare leggi in materia di pubblici servizi nell’ambito delle quali vi dovrebbero essere procedure rigorose come binari su cui fare correre il treno di dirigenti e dipendenti, che non avrebbero così la possibilità di deviazione o di usare quella discrezionalità che spesso nasconde la corruzione.
Un funzionario della Regione teneva accatastati i fascicoli sul suo tavolo e non li passava al dirigente per la firma. Gli si chiese il motivo di questa inazione e rispose candidamente: “Li passo quando me lo chiedono”, sottindendo così che trasferire un fascicolo a chi di dovere è un favore e non un obbligo.
Le procedure, quindi, non solo dovrebbero essere come binari, ma contenere i relativi cronoprogrammi. Metaforicamente il treno deve fermarsi alle stazioni a un certo orario, in modo da rilevare l’eventuale ritardo, oppure evitarlo.
Ed ecco che si arriva all’altra fase importante che riguarda l’efficacia dei pubblici servizi: il controllo. Le procedure devono prevedere tale fase e chi debba eseguirlo puntualmente, in modo da raffrontare obiettivi e risultati. Sono proprio i risultati che misurano la qualità delle azioni.
 
Queste, compiute dai pubblici dipendenti, costituiscono la contropartita dei loro compensi e dovrebbero essere in uno stretto rapporto di relazione tale da non avere discrasie fra le due mezze mele.
Ma ciò non accade nei pubblici servizi perché comunque vadano le cose, che vi siano risultati positivi o negativi, non cambia nulla ai fini dello stipendio, che arriva puntuale senza alcun condizionamento.
L’automatismo è deleterio perché impedisce di mettere in campo quel valore che è la responsabilità di chi ha un incarico pubblico e non lo rispetta come dovrebbe, anche in osservanza del precetto costituzionale (art. 28 della Costituzione).
Non è che a livello regionale e locale la burocrazia sia migliore, rilevando tuttavia che vi è una differenza di qualità, a seconda che essa si trovi nelle regioni del Nord o in quelle del Sud, ove il clientelismo è più radicato e lo scambio fra servizio e bisogno è più forte, anche perché quest’ultimo è rilevante.
 
L’assenza di procedure rigorose come binari si avverte anche nel mondo della giustizia, diventata ormai “malagiustizia”. Processi interminabili, tempi ciclopici, disfunzioni esecrabili sono elementi che condannano senza appello un mondo che invece dovrebbe essere l’esempio per la collettività e per il settore pubblico.
Vi è una corresponsabilità di tutti gli attori, però la prima di esse riguarda le procedure perché consentono buchi di ogni genere, finestre spalancate da cui transitano correnti d’aria perniciose che provocano anche la polmonite.
I ministri della Giustizia, che hanno provato a fare le riforme, si sono dichiarati impotenti a redigere testi rigorosi in materia di procedure, cosicché l’Italia ha raggiunto il triste primato di circa nove milioni di cause pendenti, nonostante lo sforzo e l’abnegazione di magistrati e personale amministrativo.
Il quadro è desolante, ma nessuno degli attori che tentano di formare il Governo ne parla: meglio tacere su un problema così spinoso, quasi irrisolvibile, sembra!

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