L'Italia disordinata non cerca l'ordine - QdS

L’Italia disordinata non cerca l’ordine

Carlo Alberto Tregua

L’Italia disordinata non cerca l’ordine

martedì 24 Aprile 2018

Caos nella Pa con servizi scadenti 

Se le cose nel nostro Paese non funzionano, ci dovrebbe essere pure qualcuno che risponda oggettivamente di queste criticità. E invece nessuno è penalizzato per le disfunzioni dei servizi, per i processi di lunghezza ciclopica, per le carenze del Servizio sanitario, per l’inconcludenza nello spendere i fondi Ue e quelli statali (Fsc).
Il disordine regna sovrano in tutti i gangli del potere, della politica, della burocrazia, dell’amministrazione degli Enti locali, fra cui, però, ve ne sono parecchi che sono un esempio di capacità, che rende ottimi servizi ai propri cittadini.
Il territorio è disastrato, la viabilità, soprattutto nel Sud, senza manutenzione, carenza di infrastrutture, contrasto alle iniziative imprenditoriali, sono elementi che confermano il disordine generale.
Lo scenario è complesso, ma il comune denominatore delle cose che non funzionano riguarda la mancata presenza di due valori etici fondamentali, quali il merito e la responsabilità.
 
Ricordiamo lapidariamente che l’articolo 28 della Costituzione recita: “i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazioni di diritti…” L’articolo 54 recita invece: “I cittadini cui sono affidati funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore…”. L’articolo 97 aggiunge: “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari”.
Come si evince dai tre articoli citati, i responsabili pubblici sono chiamati a dar conto del loro operato. Ma ciò non avviene perché le leggi ordinarie, che dovrebbero attuare la Costituzione, non prevedono, se non in modo blando, i casi in cui debbano (e non possano) essere applicate le sanzioni.
Soprattutto nel Codice penale, manca il reato di disfunzione. In altri termini, quando un servizio non funziona dovrebbe essere incolpato il dirigente responsabile dello stesso. Ma così non accade.
 
Nei Paesi in cui il ceto politico è formato da persone preparate, e la sottostante amministrazione viene affidata a dirigenti capaci, con eccellenti curricula e credenziali adeguate, vi è ordine perché tutti lavorano con disciplina, osservano gli obiettivi e cercano di raggiungerli secondo cronoprogrammi molto precisi.
C’è da aggiungere che in quei Paesi, soprattutto quelli di matrice anglosassone, tutti coloro che amministrano la Cosa pubblica hanno un senso di responsabilità non paragonabile a quello dei Paesi Mediterranei o africani.
La conseguenza di quanto descritto, sfidiamo chiunque a contraddirlo, è il caos nei servizi, prodotti a loro volta con scarsa qualità.
Viene citato sovente il servizio sanitario per le sue macchie di leopardo di ottima qualità, ma quello che conta è la pelle intera, non qualche macchia. Complessivamente, il servizio sanitario italiano è di qualità insufficiente alla media europea, ma funziona abbastanza bene nel Nord Italia e abbastanza male nel Sud, con la conseguenza della migrazione di malati da Sud a Nord, che impoverisce le casse delle regioni meridionali.
 
Non possiamo attribuire al caso o a una sorta di maledizione divina il cattivo funzionamento e il disordine del nostro Paese. La responsabilità è dei cittadini, cioè nostra, che selezioniamo una classe politica mediocre, di livello molto più basso rispetto a quella che ha fatto risorgere l’Italia dal 1948 al 1968.
Poi arrivarono quattro coglioni a sostenere il 6 o il 18 politico (tutti erano uguali), tradendo la natura umana, e così nel corso di questi cinquant’anni la qualità del nostro Paese è continuata a declinare, con l’aggravante della difficile crisi che ci ha colti impreparati e da cui stentiamo ancora oggi a venire fuori.
In questo quadro, la pantomima post elettorale ha generato ritardi che influiranno sulla crescita economica di quest’anno. Ancora non si vede la soluzione, perché la soluzione non c’è, salvo nominare un presidente del Consiglio non politico con il compito di: fare la legge elettorale maggioritaria, la Manovra di 6,5 miliardi richiesta dall’Ue e immettere tutti i fondi europei nel mercato per dare liquidità al sistema.

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