Craxi grande statista e pluricondannato - QdS

Craxi grande statista e pluricondannato

Carlo Alberto Tregua

Craxi grande statista e pluricondannato

martedì 19 Gennaio 2010

Sette sentenze, nessuna estradizione

Ho avuto modo di conoscere Bettino Craxi personalmente, in via del Corso 66. Erano gli albori degli anni ‘80. Sono passati 30 anni, ma ricordo che vedevo con favore i propositi riformisti del leader socialista che riuscì a togliere la segreteria al vecchio Francesco De Martino, col colpo di mano dell’hotel Midas del 1976.
L’uomo si contornò di tanti validi collaboratori, anche di buon livello, cui via via delegava incarichi. Fra i suoi atti positivi vogliamo ricordare la cancellazione degli effetti perversi della scala mobile, inimicandosi tutto il Partito comunista, e la revisione del Concordato con la Città del Vaticano, attraverso il quale riuscì a far accettare ai ministri di quello Stato il principio che la religione cattolica non era più religione di Stato, come aveva statuito il concordato del 1929. L’eliminazione di quella clausola di fatto non produsse alcun effetto e ancora oggi subiamo le entrate a gamba tesa di ministri (cardinali) e del capo politico dello Stato del Vaticano (il Papa) nei fatti interni della politica nazionale.

Vi fu un altro episodio, nel 1984, meritevole di essere ricordato: il famoso decreto Berlusconi. Ricorderete che il grande potere dei partiti veniva utilizzato mediaticamente, a mezzo della Rai, la quale era regolarmente spartita fra: la Rete uno ai democristiani, la Rete due ai socialisti e la Rete tre ai comunisti. Un equilibrio contrario all’interesse generale perché i giornalisti delle tre parti erano faziosi e non cercavano la verità, prescindendo dai fatti e caricando a testa bassa gli avversari, per cercare di fare acquisire ai partiti di appartenenza vantaggi elettorali.
In questo scenario, irruppero le piccole televisioni commerciali che, seppure in catena nazionale, non potevano trasmettere in diretta. Mediaset pensò allora di mandare i programmi in differita di un minuto, fornendo cassette alle emittenti dislocate nel territorio. Ma i pretori dell’epoca, in base alle leggi vigenti, sequestravano le varie emittenti.
Craxi mise sul piatto della bilancia la caduta del suo governo, il più longevo nel tempo dopo quello di Berlusconi, a fronte dell’approvazione di un decreto che liberalizzasse l’esercizio della tv commerciale. Cosa che avvenne.

 
Molti dicono che fece un favore a Berlusconi e al suo gruppo imprenditoriale. Conveniamo con questa ipotesi, ma rileviamo che il vantaggio per trasparenza, concorrenza e libertà di informazione, andò soprattutto ai cittadini italiani. Sotto questo profilo, sia Craxi che Berlusconi devono essere considerati benemeriti.
L’aspetto oscuro dello statista Craxi cominciò da uno dei primi indirizzi che dette ai suoi uomini politici collocati sul territorio: “Dovete portare risorse al partito in qualunque azione voi facciate”. Tutti cominciarono a raccogliere e a riversare nelle casse del Psi, ma poi cominciarono a pensare che poteva essere utile riversare nelle proprie tasche una parte degli incassi. Cosicché, l’onesto ministro delle Finanze, Rino Formica, soprannominato sprezzantemente da Beniamino Andreatta il “commercialista di Bari”, esclamò esasperato: “Il convento è povero ma i frati sono ricchi”.

Nel suo studio di piazza Duomo n. 9, Craxi riceveva pochissime persone e solo per particolari affari, assistito dalla sua fedele segretaria, Enza Tomaselli. Dopo lo scoppio di Mani pulite, il 17 febbraio del 1992, quando il presidente del Pio Albergo Trivulzio Mario Chiesa fu trovato con indosso una tangente di 7 milioni, il leader socialista pronunziò un discorso coraggioso alla Camera, il 3 luglio 1992, nel quale chiamò tutti gli uomini politici alla resa dei conti dicendo che quasi tutti avevano ricevuto tangenti e si erano arricchiti illecitamente.
Questo non gli impedì nel tempo di subire sette condanne passate in giudicato e quindi di essere considerato un vero e proprio pregiudicato. Tuttavia, quasi misteriosamente, le richieste di estradizioni, se fatte, non hanno sortito alcun effetto tanto che Craxi è morto in pace il 19 gennaio 2000 ad Hammamet, ove era considerato un caro  amico da Zine El Abidine Ben Ali, presidente della repubblica tunisina.
Ho visitato la tomba di Craxi e devo dire che l’elenco delle persone che hanno fatto atto di presenza è veramente lungo. Vedremo di quanto si allungherà oggi, in ricordo del decimo anno dalla sua morte, con la presenza di tanti uomini di Stato italiani. Craxi era uno statista, ma un esempio da non emulare.

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