Comuni: 337 su 390 senza Bilancio - QdS

Comuni: 337 su 390 senza Bilancio

Rosario Battiato

Comuni: 337 su 390 senza Bilancio

giovedì 10 Maggio 2018

I dati dell’assessorato regionale alle Autonomie locali parlano chiaro: fuorilegge quasi nove sindaci su dieci. Senza programmazione gli investimenti e lo sviluppo restano fermi al palo 

PALERMO – Ci sono soltanto 53 Comuni siciliani in regola con l’approvazione dei Bilanci di previsione 2018. Un magro bottino, a livello regionale, che arriva a un mese di distanza dalla scadenza della proroga concessa per il 31 marzo, la seconda dopo il primo prolungamento della fine di febbraio che, a sua volta, aveva fatto slittare la data del 31 dicembre, l’ultimo giorno utile per deliberazione nei termini ordinari, secondo quanto previsto dal Tuel (Testo unico degli Enti locali).
 
Il dato ufficiale arriva dal Dipartimento Autonomie locali, che ha condotto – aggiornandolo al 3 maggio scorso – un monitoraggio sulla situazione “relativa all’approvazione dei bilanci di previsione 2018/2020 e dei rendiconti di gestione 2017 negli Enti locali alla data del 2 maggio 2018”. Degli oltre cinquanta Comuni in regola, pari al 13,58% del totale di quelli isolani, soltanto due avevano approvato il previsionale entro il 2017, cioè nei tempi naturali di scadenza previsti dal Testo unico degli Enti locali. Tutti gli altri sono stati comunicati al dipartimento delle Autonomie locali, in seguito alle deliberazioni consiliari o dei commissari straordinari, soltanto tra marzo e aprile.
 
Una storia che si ripete, con puntualità esasperante, nel corso di tutti gli anni e con una cronologia ben definita: la scadenza di dicembre non rispettata, le proroghe saltate e quindi l’invio dei commissari, verso l’estate, per la stragrande maggioranza degli Enti locali. E poi la grande corsa a definire, nel periodo autunnale, gli strumenti contabili dell’anno in corso e ormai in chiusura. Non è solo responsabilità degli Enti locali, è bene precisarlo, ma di un sistema che comincia a essere in ritardo già dalla Regione.
 
Il riferimento per gli amministratori isolani è il già citato Tuel. All’articolo 162 si legge che “gli Enti locali deliberano annualmente il Bilancio di previsione finanziario riferito ad almeno un triennio”. Per l’approvazione, considerando che si tratta appunto di uno strumento essenziale per la programmazione della spesa di un Ente locale, l’articolo 151 sancisce il 31 dicembre dell’anno precedente, altrimenti, come previsto all’articolo 163, la gestione finanziaria dell’Ente “si svolge nel rispetto dei principi applicati della contabilità finanziaria riguardanti l’esercizio provvisorio o la gestione provvisoria”.
 
Nel Tuel, oltre al Bilancio preventivo, si fa riferimento anche al rendiconto di gestione. In particolare, l’articolo 227 riporta che “la dimostrazione dei risultati di gestione avviene mediate il rendiconto della gestione, il quale comprende il conto del Bilancio, il conto economico e lo stato patrimoniale”. Un documento che l’Ente deve deliberare entro “il 30 aprile dell’anno successivo dall’organo consiliare” (articolo 151). Attualmente, a pochi giorni dalla scadenza dell’approvazione del Rendiconto 2017, soltanto 5 comuni, stando all’aggiornamento del 3 maggio del dipartimento delle Autonomie locali, hanno deliberato e comunicato l’approvazione.
 
Le proroghe sono permesse dal comma 1 dell’articolo 151, dove si legge che “i termini possono essere differiti con decreto del ministero dell’Interno” ed è sempre il Tuel che concede la possibilità dell’Esercizio provvisorio di bilancio. Stando all’aggiornamento del dipartimento regionale, la manciata di comuni che ha approvato il Rendiconto comprende Floresta, Calatafimi-Segesta, Baucina, Altavilla Milicia, Burgio.
 
Tra i 53 enti che hanno approvato il Previsionale non figurano comuni capoluogo (Catania, come abbiamo scritto anche sulle pagine del QdS, ha approvato lo strumento finanziario, ma evidentemente c’è qualche problema di comunicazione tra uffici del Comune e regionali). Nell’area etnea segnaliamo, in particolare, Acireale, oltre 50 mila residenti, Biancavilla (più di 20 mila), e poi, compiendo un rapido tour nelle altre province, ci sono Agira, Basicò, Cesarò, Furnari, Letojanni, San Giuseppe Jato, Pozzallo, Ferla, Palazzolo Acreide, Caltabellotta. Caltanissetta è l’unica provincia a non aver fatto registrare un solo comune con lo strumento approvato.
 

 
Occorre una riscossione efficace per tenere i conti in equilibrio
 
PALERMO – Ci sono 23 miliardi di crediti di difficile riscossione per i Bilanci dei Comuni italiani, poco meno della metà delle entrate correnti. Lo certifica uno studio Cerved (gruppo che opera come information provider) che definisce questo passaggio un elemento critico per la tenuta dei conti: “La probabilità che un Ente pubblico entri in dissesto economico è fortemente correlata con la capacità dell’Ente di incassare in tempi brevi i propri crediti”. La situazione non è uguale ovunque: al Nord i valori pro capite sono abbastanza contenuti, mentre al Sud, soprattutto in Calabria, Campania e Sicilia, si registrano i tre valori più elevati.
Lo studio Cerved, sulla base dei bilanci 2016, mappa le criticità degli 8 mila Comuni nazionali in relazione, si legge nella nota di presentazione, ai “crediti di parte corrente – tipicamente esigibili in tempi brevi – che però sono sorti da almeno 12 mesi, una posta che gli Enti pubblici devono contabilizzare in una specifica voce di bilancio”.
Rispetto all’anno precedente, quando erano stati 20 miliardi (+15%), il dato è in crescita e vale il 47% delle entrate di parte corrente dei comuni, cioè cinque punti percentuali in più rispetto a due anni prima. La certificazione è arrivata proprio dagli autori dello studio: “In altri termini, quasi la metà delle entrate correnti dei comuni italiani – che sono costituite principalmente da tributi – non sono incassate entro dodici mesi ed esiste un’elevata probabilità di non riuscire a vedere soddisfatto quel credito”.
Esiste, come accennato, un profondo divario tra le diverse aree del Paese. Il valore pro-capite di questi crediti è infatti pari a solo “76 euro per i Comuni finanziariamente più solidi, a cui Cerved assegna uno score economico-finanziario migliore, e cresce fino a 541 euro per i Comuni più fragili” mentre il valore medio nazionale è pari a 185 euro. Ad aggiungere criticità alla situazione, è la certificazione che circa 10 miliardi di questi crediti di difficile riscossione sono rintracciati in Comuni che Cerved classifica con uno “score pari o superiore a 8, quindi in situazione di squilibrio”.
A livello regionale è la Calabria la peggiore, con 506 euro di crediti sorti da più di 12 mesi per abitanti, segue la Campania, con 410 euro, e quindi la Sicilia con 361 euro. Nella classifica al contrario rintracciamo il Trentino Alto Adige (51 euro pro-capite), Veneto (56 euro), Friuli Venezia Giulia (70 euro) e Lombardia (84 euro).
Nella graduatoria nazionale dei crediti di difficile riscossione sorti da oltre 12 mesi per Comuni, con almeno 100 mila abitanti, c’è anche Catania, sesto posto nazionale, con 1.048 euro pro-capite per un totale di 328 milioni di euro. A livello provinciale, in termini siciliani, la peggiore è Siracusa (580 euro), seguita da Ragusa (577) e Catania (554), mentre la più virtuosa è Caltanissetta con una media provinciale di 251.
È ancora il Cerved a denunciare l’assenza di un quadro normativo: manca infatti una “disciplina organica e le regole sono poco chiare e datate: gli strumenti per la riscossione coattiva sono regolati da un Regio Decreto del 1910” anche se “i Comuni possono già esternalizzare le ‘funzioni di supporto o propedeutiche all’accertamento o alla riscossione’ a soggetti specializzati” e “quelli che lo hanno fatto, hanno ottenuto risultati brillanti”.
Ritardi nelle riscossioni che creano problemi a scalare abbastanza seri: “Una cattiva gestione dell’attivo – si legge nella nota – ha ripercussioni dirette sui fornitori dei comuni: dai dati è evidente che nelle regioni dove i crediti di difficile riscossione dei comuni sono mediamente più alti, sono più elevate anche le attese per i pagamenti degli stessi Comuni”.

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