Arresto Montante: la caduta dei "Professionisti dell'antimafia" - QdS

Arresto Montante: la caduta dei “Professionisti dell’antimafia”

redazione

Arresto Montante: la caduta dei “Professionisti dell’antimafia”

martedì 15 Maggio 2018

A trent'anni dalla profezia di Sciascia le inchieste giudiziarie hanno travolto alcune icone antimafiose, da Silvana Saguto a Maniaci, da Ingroia a Helg. Nella nuova inchiesta le intercettazioni su Lumia e Crocetta e le richieste di raccomandazione di prefetti, politici, imprenditori, poliziotti e giornalisti

Leonardo Sciascia aveva coniato l’espressione "professionisti dell’Antimafia" con un articolo uscito sul Corriere della sera il 10 gennaio del 1987.
 
I duri e puri della lotta antimafiosa gli rivoltarono contro l’appellativo di "quacquaraquà" citando "Il giorno della civetta", ma lo scrittore di Racalmuto aveva davvero colto nel segno puntando l’indice, più di trent’anni fa, su un’antimafia da vetrina che, come ha dimostrato ieri l’arresto di Antonello Montante, poteva diventare sistema di potere.
 
Un sistema come quello che, secondo la ricostruzione della polizia tributaria era stato messo su dall’ormai ex giudice Silvana Saguto: un modello di consulenze, incarichi e favori che rispondeva, dice l’accusa, più a logiche di arricchimento che a esigenze di giustizia.
 
Per quanto riguarda Montante, la sua ascesa – antimafiosa –  era stata rapidissima: grazie all’immagine di imprenditore pronto a rilanciare l’eredità di Libero Grassi – che aveva pagato con la vita il rifiuto del pizzo ed era stato isolato dagli industriali – era diventato capo di Confindustria siciliana e poi responsabile della legalità degli industriali a livello nazionale. E proprio mentre si pensava a lui per nominare il capo dell’agenzia nazionale dei beni confiscati, la tegola dell’inchiesta con l’ipotesi di concorso esterno del 2015, scaturita dalle dichiarazioni di alcuni pentiti.
 
Poi le indagini che hanno portato alla scoperta della rete di "intelligence" parallela per proteggersi proprio da queste inchieste, che funzionava proprio perché funzionava l’antimafia professionale, quella dell’immagine.
 
Un "movimento" accreditato, tanto che, come emerge dall’inchiesta su Montante, tutti si mettevano in fila per raccomandarsi con il paladino dell’antimafia: vertici delle forze di polizia e prefetti, politici e imprenditori, giornalisti.
 
Gli investigatori ne hanno trovate un centinaio, di richieste di raccomandazione, nei computer di Montante,che, si legge nell’ordinanza, avrebbe fatto sistematicamente ricorso alla raccomandazione come sistema per "fidelizzare" i suoi interlocutori e creare una vasta rete di rapporti "improntanti a logiche clientelari".
 
Ma altre icone dell’Antimafia, quella con la A maiuscola, erano state travolte di recente da inchieste giudiziarie, in particolare in quella Palermo che dell’Antimafia ha saputo fare un’industria.
 
Il primo a essere stato bruciato fu Pino Maniaci, per decenni osannato dai giornali e soprattutto dal web, bandiera dell’informazione "coraggiosa e minacciata", che, dopo l’accusa di chiedere denaro per ammorbidire le sue inchieste, è finito subito nel dimenticatoio come caso di cattiva coscienza.
 
Seguì Antonio Ingroia, ex pm del processo sulla "trattativa", indagato dalla magistratura che gli contesta spese ingiustificate come amministratore di "Sicilia e servizi", una partecipata regionale, al tempo in cui la guidava.
 
Poi fu la volta di Roberto Helg, presidente della Camera di commercio di Palermo che, mentre tuonava contro la mafia del pizzo pare chiedesse tangenti per fare aprire un punto vendita all’aeroporto di Punta Raisi.
 
Adesso nell’inchiesta Montante emergono altre accuse nei confronti di icone dell’Antimafia: nelle intercettazioni vi è un dialogo tra l’ex capo dell’Irsap Alfonso Cicero e l’ex assessore regionale alle Attività Produttive Marco Venturi, negli uffici della Sidercem, in cui si parla di un finanziamento per la campagna elettorale dell’ex Governatore Rosario Crocetta, a fine 2012, di 20 mila euro in nero, che sarebbe stato richiesto dall’ex senatore Pd Beppe Lumia proprio a Venturi.
 
Di Lumia si parla in un’altra intercettazione tra Venturi e l’imprenditore Massimo Romano, re dei supermercati in Sicilia, arrestato ieri, che sarebbe stato invitato dall’esponente politico a denunciare un’estorsione in realtà mai avvenuta.
 
"Nonostante io sia estraneo all’indagine giudiziaria non mancano gli schizzi di fango! Succede spesso, ma per quanto mi riguarda reagirò con tutta la fermezza possibile" ha dichiarato l’ex senatore del Pd e componente della Commissione parlamentare antimafia.
 
Lumia ha aggiunto che anche  "sul finanziamento a Crocetta si sono dette frasi gravemente diffamatorie nei miei confronti per le quali in sede legale chiederò conto e ragione".
 
 
 
Insomma, riprendendo il j’accuse di Sciascia, bene ha fatto il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti, ad affermare che "L’antimafia è ormai una carta d’identità, non un fatto di coscienza. Se la eliminassimo, forse sbugiarderemmo quelli che ci hanno costruito sopra una falsa reputazione. L’etichetta di antimafia oggi non aggiunge niente. Anzi".
 

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