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Mafia: clan gestiva festa religiosa, blitz a Palermo

redazione

Mafia: clan gestiva festa religiosa, blitz a Palermo

martedì 22 Maggio 2018

Undici arrestati nel Quartiere Noce dove durante la festa del Sacro Cuore di Gesù il Parroco era costretto a chiudere la chiesa. Gli ambulanti dovevano versare l'intero ricavato delle vendite per i detenuti mafiosi. Il profilo Facebook della parrocchia

Le mani della mafia erano arrivate anche sulla festa religiosa rionale del Sacro Cuore di Gesù, nel quartiere della Noce, celebrazione studiata e gestita da Cosa Nostra per raccogliere quanto più denaro possibile da destinare agli uomini d’onore e ai familiari dei detenuti mafiosi.
 
Si tratta dell’ultimo capitolo della gestione del racket, tra sacro e profano, emerso dall’inchiesta della dda di Palermo culminata nell’ordinanza di custodia cautelare a carico di undici tra boss, gregari ed estorsori del clan Noce di Palermo.
 

 
Dall’inchiesta, condotta dalla polizia, è emerso che i venditori ambulanti ammessi a montare le bancarelle nella zona della festa erano costretti a versare nelle casse mafiose l’intero ricavato delle vendite.
 
Chi non si piegava alle richieste del clan era colpito da pesanti ritorsioni: come nel caso di un commerciante a cui fu incendiata la casa per non voleva sottomessi al racket.
 
La chiesa, intanto, rimaneva chiusa mentre la festa del Sacro cuore veniva gestita dal clan nel silenzio del parroco. Che soltanto dopo esser stato interrogato dalla polizia ha ammesso le pressioni dei boss.
 
Sul profilo Facebook della parrocchia  non vi è una sola foto della festa del Sacro Cuore, mentre vi sono molte immagini di altre manifestazioni religiose.
 
Nel blitz scattato la notte scorsa sono stati impiegati più di cento gli uomini della Squadra Mobile.
 
Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori aggravato dal metodo mafioso ed estorsione aggravata dal metodo mafioso.
 
Sono in corso numerose perquisizioni e sono stati eseguiti provvedimenti di sequestro di diversi beni mobili e immobili riconducibili agli indagati.
 
Dalle indagini è emerso, tra l’altro, che i vertici della famiglia mafiosa della Noce esercitavano un capillare controllo del territorio attraverso l’imposizione del pizzo.
 
 
Il pizzo serviva a mantenere le famiglie di chi "era in villeggiatura". Un "ammortizzatore sociale" che funzionava alla perfezione se si considera tra i 150 affiliati a Cosa nostra usciti dal carcere negli ultimi anni a Palermo, poco meno della metà, secondo gli investigatori, sarebbero rientrati nei ranghi dell’organizzazione.
 
Nel quartiere della Noce, il preferito di Totò Riina, il clan locale ha sempre avuto un ruolo centrale nella gestione del settore finanziario della mafia palermitana. Qui si vedeva spesso, prima di essere arrestato, Francesco Guttadauro, il nipote prediletto del superlatitante Matteo Messina Denaro, referente per le scommesse illegali.
 
L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvo De Luca e dai pm Roberto Tartaglia, Annamaria Picozzi e Amelia Luise.
 
Nel gennaio scorso nella chiesa del quartiere Noce era stato compiuto un furto sacrilego – candelabri in ottone e quattro pissidi in argento – denunciato da padre Salvatore Lo Curcio, parroco della Noce dal settembre del 2017.
 
La parrocchia rappresenta un’istituzione del quartiere perché nata, all’inizio del Novecento, là dove si trovava un convento dei frati minori conventuali in cui operò un celebre esorcista, padre Matteo La Grua.

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