Sicilia avvelenata a rischio stangata - QdS

Sicilia avvelenata a rischio stangata

Rosario Battiato

Sicilia avvelenata a rischio stangata

mercoledì 23 Maggio 2018

La Commissione Ue ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia per il Pm10: nel mirino anche le zone industriali dell’Isola e Palermo. Aria irrespirabile: seconda procedura di infrazione per la Regione ancora senza Piano 

PALERMO – Sull’aria inquinata l’Italia non ha fatto i compiti a casa e la Commissione Ue ha optato per il deferimento. Un processo di lunga data che ha visto le ultime puntate svilupparsi a partire dallo scorso 31 gennaio, quando il commissario all’Ambiente Karmenu Vella aveva dato possibilità agli Stati coinvolti nella procedure di infrazione – nove Paesi in tutto, tra cui l’Italia – di presentare i propri piani per ridurre le emissioni. La documentazione inviata dall’Italia non è evidentemente servita a far cambiare idea a Bruxelles.
In questo quadro è pienamente coinvolta anche la Sicilia, che rientra in due procedure di infrazione che riguardano l’Italia, e che continua a faticare nella definizione di strumenti adeguati per il miglioramento della qualità dell’aria, anche per l’assenza del Piano regionale ormai atteso da anni.
 

 
A testimoniare una situazione difficile non solo l’allarme smog in 9 scuole (asili ed elementari) su dieci di Palermo per le concentrazioni di biossido di azoto al di sopra del valore individuato dall’Oms per la protezione della salute umana, secondo una rilevazione a campione di Greenpeace effettuata alla fine di gennaio, ma anche i dati generali del rapporto Arpa che hanno evidenziato alcune situazioni critiche relative ai superamenti dei limiti di legge per pm10 e per gli ossidi di azoto.
 
Nel mirino ci sono le aree industriali, il riscaldamento, ma anche il volume e la qualità del traffico isolano che continua ad avere un parco mezzi esageratamente vecchio e inquinante, oltre a mantenere la netta preferenza dei siciliani nell’utilizzo del mezzo privato rispetto a quello pubblico.
 
Non solo rifiuti e depurazione, pertanto, anche l’emergenza aria è un altro dei punti su cui al più presto dovrà intervenire il governo Musumeci, e non si tratta soltanto di una questione di salute, ma si parla di qualità della vita e di risparmio sulle possibile sanzioni.
 
L’Italia non fa i compiti a casa: aria cattiva in undici regioni
La scorsa settimana la Commissione europea ha deferito l’Italia alla Corte europea di Giustizia a causa del costante e prolungato superamento dei limiti di inquinamento da particolato Pm10 in diverse aree urbane del Paese e per aver omesso di prendere misure appropriate per ridurre al minimo i periodi del superamento.
I piani presentati dal ministero guidato da Galletti non hanno convinto fino in fondo l’esecutivo Ue, soprattutto per la parte che riguarda le emissioni dei veicoli nel traffico stradale. I limiti stabiliti dalla legislazione Ue sono fissati dalla direttiva 2008/50/Ce sulla qualità dell’aria ambiente. In Sicilia, com’era noto, le zone segnalate sono le aree industriali e l’agglomerato di Palermo. Le altre regioni coinvolte sono Lazio, Lombardia, Piemonte, Veneto, Puglia, Toscana, Umbria, Campania, Puglia ed Emilia.
 
Pm10 e biossido di azoto: due infrazioni per l’Isola
Nel complesso la Sicilia si trova coinvolta in due procedure di infrazione relative alla qualità dell’aria per la violazione della direttiva 2008/50/. In particolare, la 2014/2147 (quella per cui l’Italia è stata recentemente deferita) segnala la Sicilia per superamento dei valori limite di Pm10 in Italia mentre la 2015/2043 relativamente ai livelli di biossido di azoto.
Adesso il prossimo passo potrebbe essere costituito dalla sanzioni che possono consistere in una somma forfettaria e/o in pagamenti giornalieri. Le sanzioni, si legge sul sito della Commissione, sono calcolate tenendo conto di vari elementi: “l’importanza delle norme violate e gli effetti della violazione sugli interessi generali e particolari; il periodo in cui il diritto dell’Unione non è stato applicato; la capacità del paese di pagare, con l’intento di assicurare che le sanzioni abbiano un effetto deterrente”. Per fare una stima è ancora presto, tuttavia, potrebbero cominciare dal 2008, anno della direttiva, fino a oggi, con sanzioni da centinaia di milioni di euro.
 
Morti premature, Sicilia tra le zone più colpite
L’Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato un allarme terrificante: oltre il 90% della popolazione mondiale, nove persone su 10, respira aria inquinata, e l’inquinamento è responsabile della morte di sette milioni di persone ogni anno. Per l’Agenzia dell’Onu, negli ultimi sei anni, i livelli di inquinamento dell’aria sono rimasti alti e più o meno stabili, con concentrazioni in diminuzione in alcune aree d’Europa e delle Americhe.
Anche l’Italia è nel mirino. Le emissioni di polveri sottili, causate soprattutto dal consumo di energia elettrica e dal riscaldamento, ma anche dal traffico, dall’industria e dall’agricoltura, provocano ogni anno oltre 66mila morti premature.
L’Agenzia europea dell’ambiente considera la Penisola come “lo Stato membro più colpito in termini di mortalità connessa” a questi inquinanti.
Non ci sono stime per la Sicilia, ma uno studio del progetto Viias (valutazione integrata dell’impatto ambientale e sanitario), ripreso in tempi recenti dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile, presieduta dall’ex ministro Edo Ronchi, ha registrato in quattro aree nazionali la maggiore di concentrazione di morti premature all’anno per inquinamento atmosferico. Tra queste anche la costa sud-est della Sicilia.
 
I dati Arpa: superamenti in città e aree industriali
Gli ultimi dati dell’Arpa sulla qualità dell’aria, aggiornati al 2016, confermano come nel complesso stia migliorando il rispetto dei valori limite degli inquinanti, in attesa della nuova rete di monitoraggio che dovrebbe essere completata entro la fine dell’anno (previste 54 nuove stazioni operative per aggiornare il sistema).
Restano ancora molteplici criticità sul fronte del particolato fine e degli ossidi di azoto, che poi di fatto costituiscono anche le cause delle due procedure di infrazione che riguardano da vicino l’Isola.
L’Arpa ha registrato, nella stazione Di Blasi a Palermo, un numero di superamenti (45) del valore limite espresso come media giornaliera superiore a quelli previsti dal D.Lgs. 155/2010 nell’arco di un anno solare (35), mentre per l’ossido di azoto il valore limite espresso come media annua è stato superato in 4 stazioni da traffico urbano ubicate negli agglomerati di Palermo (Di Blasi e Castelnuovo), di Catania (V.le Veneto) e nella Zona Aree Industriali (Gela-Niscemi). Segnalazioni anche per l’ozono con “superamenti del valore obiettivo a lungo termine (OLT) per la protezione della salute umana fissato dal D.Lgs. 155/2010, espresso come massimo della media sulle 8 ore, pari a 120 μg/m3 in 7 delle 16 stazioni in cui viene monitorato ubicate nell’agglomerato di Catania, nella zona aree industriali, e nella zona altro”.
 
Piano di tutela dell’aria, un’attesa senza fine
Servono strumenti adeguati per la gestione delle emergenze ambientali. Lo ha precisato Totò Cordaro, assessore regionale al Territorio e all’Ambiente, alla fine di marzo, spiegando che le misure inserite dal governo regionale nella “legge finanziaria 2018 prevedono, per quanto riguarda l’assessorato del Territorio e dell’Ambiente, alcuni interventi strutturali necessari a rimuovere gli ostacoli che, negli anni, hanno impedito la pianificazione di ambiti sensibili in materia ambientale generando da parte dell’Ue infrazioni che hanno comportato un significativo aggravio di costi a carico del bilancio regionale”.
Tra i vari piani previsti, anche quello relativo alla qualità dell’aria che è promesso ormai da anni. Un piano è già stato redatto dall’Arpa e apprezzato dalla Giunta regionale lo scorso anno, quando c’era ancora Crocetta alla guida del governo isolano, ma lo strumento è poi rimasto congelato in attesa del via libera alla procedura di Vas (valutazione ambientale strategica) da parte dell’assessorato dell’Ambiente.
 
Al di qua dello Stretto regnano i trasporti inquinanti
I siciliani preferiscono il trasporto privato (circa 7 su 10) su auto notoriamente molto inquinanti. L’Ispra ha registrato, in tutta Italia, un parco complessivo di circa 37,8 milioni di autovetture e di queste circa 9,5 milioni sono comprese tra euro 0 ed euro 2, quindi poco più di un quarto del totale del parco auto (25,3%). In Sicilia, durante il periodo compreso tra il 2015 e il 2016, il numero di automobili è in crescita in tutti i comuni capoluogo: il valore positivo è compreso tra lo 0,65% di Palermo e l’1,07% di Ragusa. Nel capoluogo etneo il volume di auto è cresciuto di circa 2mila unità.
Ancora troppe le auto inquinanti: a fronte di una porzione nazionale di automobili Euro 0 pari al 10%, Catania si spinge fino al 23,9%, secondo dato nazionale per porzione statistica (solo Napoli fa peggio), ma anche Palermo, Messina e Caltanissetta superano il 15% del totale.
Anche quando si decide di optare per il trasporto pubblico non sempre si garantiscono criteri minimi di sostenibilità. Il 14° Rapporto Isfort sulla mobilità, redatto in collaborazione con Asstra e Anav, ha testimoniato la necessità di uno svecchiamento del parco mezzi isolano: 14,92 anni, tre in più della media nazionale e il doppio di quella europea. In tal senso, a disposizione delle imprese di trasporto ci sono stati diversi bandi e agevolazioni.

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