L'oro di Suez non passa dalla Sicilia - QdS

L’oro di Suez non passa dalla Sicilia

Rosario Battiato

L’oro di Suez non passa dalla Sicilia

martedì 03 Luglio 2018

Senza Ponte sullo Stretto e alta velocità, le merci arrivano a Rotterdam passando da Gibilterra. Da ottobre la Caserta-Bologna a 180 km/h mentre l’Isola sogna la Catania-Milano in 7 ore. Il traffico container cresce del 500% in 20 anni, ma i porti siciliani e Gioia Tauro restano isolati

PALERMO – Un progetto per velocizzare il trasporto dei prodotti nazionali e in transito in Italia è stato presentato nell’aprile scorso e sarà operativo dal prossimo ottobre. Le merci arrivano sull’alta velocità nazionale con Mercitalia Fast, nuovo servizio cargo all freight del Polo Mercitalia (Gruppo FS Italiane) effettuato con treno ETR 500, e utilizzando la rete AV/AC italiana. Un collegamento che permetterà di operare, ormai tra pochi mesi, sulla relazione Caserta-Bologna e viceversa, dai terminal Caserta Marcianise e Bologna Interporto per un tempo di viaggio pari a 3 ore 20 minuti a una velocità media di 180 chilometri orari, da origine a destino.
 
Un sogno nel sogno per una Sicilia a cui manca ancora l’essenziale: una rete ad alta velocità per i passeggeri che, in seguito, potrebbe essere sfruttata anche per le merci. Un’opportunità che ci cancella dalle rotte commerciali col resto dell’Europa.
Partiamo dalla base. La rete ad alta velocità nazionale è ormai consolidata in tante parti d’Italia, ma non in Sicilia. Bisogna ricordare che dal 2009 è completamente aperta al pubblico la direttrice AV/AC Torino-Milano-Napoli, con un prolungamento su Salerno. Poi ci sono ancora altri tratti che sono attivi tra Milano e Brescia e tra Padova e Mestre, in quanto fanno riferimento alla direttrice trasversale “cui afferiscono – si legge sul sito di Rfi – le linee ‘antenna’ Padova-Bologna e Verona-Bologna, potenziate per l’integrazione nella rete Alta Velocità/Alta Capacità italiana”.
 
Il quadro statistico è stato realizzato dall’Istat all’interno del rapporto online Noi Italia. Secondo quanto riportato dall’Istituto di statistica, la rete ad alta velocità rappresenta il 23,6% della rete complessiva in Emilia-Romagna e supera il 10% nel Lazio e in Campania. Non manca in Toscana, che detiene l’1,7% della rete ad alta velocità, così come in Lombardia (4,7%) e in Piemonte (8,5%). In tutta Italia il binario ad alta velocità coinvolge il 5,5% della rete, zero per cento in Sicilia.
 
Insomma, che siano merci o passeggeri, l’Isola è destinata a restare fuori dal circuito europeo ancora a lungo, perché continua a essere limitata la sua accessibilità alle grandi reti di trasporto. La direttrice Palermo-Catania-Messina è in fase di realizzazione, anche se comincerà a essere operativa soltanto dopo il 2020. Intanto il resto del mondo continua a correre.
 
È sufficiente sottolineare che, applicando un’ipotetica condizione ideale di trasporto dalla Sicilia al resto d’Europa, quindi rete ad alta velocità e Ponte sullo Stretto, sarebbe possibile ottenere una riduzione sostanziosa di almeno un’ora – il tempo che orientativamente i treni impiegano per traghettare – e di abbattere il tempo di percorrenza di circa la metà, considerando il potenziale utilizzo dell’alta velocità per il treno merci (180 chilometri orari) rispetto all’attuale assai inferiore (fino a un massimo di 100 chilometri orari).
 
Calcolando, sempre ipoteticamente, che la distanza ferroviaria tra Catania e Milano è di 1133 chilometri, il trasporto merci, in un futuro ideale per le infrastrutture isolane, passerebbe, senza fare soste, da più di quindici ore a meno della metà.
 
Un passaggio determinante per accedere ai lucrosi affari che passano dal Canale di Suez, raddoppiato nel 2015, che nel 2017 ha visto transitare oltre 900 milioni di tonnellate. Nel complesso, secondo quanto riportato nel Quinto Rapporto sull’economia marittima italiana, negli ultimi due decenni è cresciuto del 500% il traffico container. Peccato che ci sia un problema fondamentale soltanto parzialmente superato – riportato anche nello studio del Sipotra, società italiana di politica dei trasporti – e che consiste nel fatto che fino a qualche anno fa “su 100 container che entravano nel Mediterraneo da Suez oltre 70 uscivano da Gibilterra per raggiungere le destinazioni finali europee tramite i porti del mar del Nord”. Oggi la situazione è migliorata – il ruolo degli scali del Sud Med e del Nord Med rispetto al Nord Europa nel mercato containerizzato è cresciuto: dal 2008 ad oggi il Nord Europa perde 6 p.p. (quota di mercato attuale 40%) mentre il Med guadagna 5 p.p. (quota di mercato attuale 41%) – ma per la Sicilia continua a resistere una seria criticità con la sua rete di trasporto. Di questo passo potrebbe essere poco influente anche la tendenza positiva di Catania e Palermo-Termini Imerese che, tra il 2016 e il 2017, hanno visto crescere in generale il proprio traffico (la quota di container è arrivata a 659mila tonnellate circa).
 

 
Alta velocità, costi record in Italia: più del doppio della Germania
 
PALERMO – L’allarme sugli elevati costi dell’alta velocità italiana lo ha lanciato Bruxelles. Proprio nei giorni scorsi un rapporto della Corte dei Conti europea ha sottolineato una spesa pari al doppio per linee italiane rispetto a quanto registrato in Germania, Francia e Spagna. Andando in dettaglio, nel Belpaese ogni chilometri di linea super veloce è costato 28 milioni di euro, molto di meno hanno speso i tedeschi (soltanto 13 milioni), ma anche francesi (15) e spagnoli (14). Altro fattore da ridiscutere è quello relativo alla crescita dei costi: nelle porzioni di rete in fase di costruzione, ad esclusione del Brennero e della Torino-Lione, si è arrivati addirittura a 33 milioni di euro.
Numeri record anche per il costo complessivo di una linea ad alta velocità: la Milano-Venezia è la seconda d’Europa, con 87,1 milioni al chilometro, battuta soltanto dalla Stoccarda-Monaco, che ha raggiunto quota 114 milioni al chilometro.
I costi così elevati stanno comunque operando dei sostanziali cambi di strategia: in molti casi si sta operando sull’aggiornamento della linea esistente che consente di ottenere grandi risparmi economici in cambio di prestazioni di poco inferiori rispetto a quanto avrebbe assicurato una linea nuova dell’alta velocità.
In compenso, la buona notizia, apparentemente in controtendenza con questi numeri, è la presenza di una migliore concorrenza in Italia. “Mentre il mercato non è aperto in Francia e in Spagna, lo è in Italia – ha spiegato Luc T’joen, funzionario della Corte tra i responsabili del rapporto –. E lì abbiamo visto che ci sono più treni grazie alle competizione, migliori servizi e costi inferiori”.
 

 
I Porti meridionali al Sud: valore aggiunto da 2,5 mld
 
PALERMO – Il Mediterraneo potrebbe tornare uno dei cuori pulsanti dell’economia mondiale. Lo confermano i dati rilasciati dal 5^ Rapporto sull’economia marittima italiana, realizzato da SRM (centro studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo) che è stato presentato all’inizio di giugno. I numeri dicono che il Mare Nostrum ha visto una crescita, negli ultimi 20 anni, del 500% del traffico container, grazie anche agli investimenti cinesi (4 miliardi) in portualità e logistica; al raddoppio del Canale di Suez (nel 2017 oltre 900 milioni di tonnellate transitate) e alla presenza di free zone strutturate che stanno concentrando ancora di più l’attenzione sul Mare Nostrum da parte degli operatori marittimi.
In questo quadro generalizzato di crescita, anche i porti italiani si sono resi protagonisti con un import-export che, nel 2017, ha superato i 240 miliardi di euro (+12,4% rispetto all’anno precedente).
“I porti del Sud – si legge nel comunicato – possono svolgere un ruolo significativo per la proiezione internazionale delle filiere meridionali, in particolare quelle legate alle cosiddette ‘4 A’ (Agroalimentare, Abbigliamento, Aerospazio e Automotive) ed il Bio-farmaceutico. Tali filiere esportano 20,6 miliardi di prodotti in tutto il mondo”.
I porti del Mezzogiorno, inoltre, forniscono un valore aggiunto all’economia del Sud pari a 2,5 miliardi di euro, generando un impatto positivo anche sul resto del Paese pari a 5,4 miliardi di euro.

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