No dei giovani a 20.000 opportunità - QdS

No dei giovani a 20.000 opportunità

Dario Raffaele

No dei giovani a 20.000 opportunità

martedì 26 Gennaio 2010

Lavoro. Le opportunità per chi vuole mettersi in gioco.
Professionalità. Nel panorama di crisi internazionale qualcuno va in controtendenza: c’è posto per i lavoratori dipendenti e autonomi professionali, gestionali, informatici e venditori.
Franchising. In Sicilia nel 2008 erano presenti solo 31 insegne contro le 227 della Lombardia. A pieno regime potrebbe impiegare oltre 10.000 tra gestori e dipendenti di punti vendita.

La Sicilia è risultata essere nel 2008 la regione con il tasso di disoccupazione giovanile più alto d’Europa: il 39,3 per cento dei “ragazzi” tra i 18 e i 24 anni non ha un lavoro.
Paesi Bassi (con il 5,3% di disoccupati) e Danimarca (7,6%) in Europa, ma anche la Provincia autonoma di Bolzano (6%), per restare nel nostro Paese, sono lontanissime.
Eppure solo qualche mese fa Confartigianato denunciava l’esistenza di trentamila posti liberi in tutta Italia  ma poco graditi ai giovani. 30.750 posti di lavoro liberi in tuto il Paese e migliaia di aziende in ginocchio perché trovare manodopera specializzata è diventata una chimera.
 
In una nostra precedente inchiesta (datata 24 novembre) avevamo scovato oltre 20.700 opportunità di lavoro solo in Sicilia. Ma le ultime notizie sull’apertura di nuove industrie e centri commerciali, ci permette di aggiornare il dato a circa 22.500 posti di lavoro.
Dovrebbe aprire entro il primo semestre del 2011 il punto vendita Ikea di Catania. Questo darà lavoro a circa 350 persone (250 collaboratori diretti e 100 lavoratori dell’indotto). La raccolta delle candidature dovrebbe partire a metà del 2010 e verrà attivata attraverso una pagina appositamente dedicata e ospitata sul sito www.ikea.it.
Ancora più recente la notizia della prossima apertura (entro il 2011) della maxi fabbrica di pannelli fotovoltaici a Catania che darà lavoro a 1.400 persone (700 diretti e altrettanti per l’indotto).
Ma per non guardare troppo avanti nel tempo, il solo franchising (31 i franchisor rilevati dall’Osservatorio permanente di Assofranchising rispetto ai 227 della Lombardia), a pieno regime potrebbe dare occupazione a circa 10.000 persone, basti pensare che per aprire un punto vendita bastano circa 20.000 euro.
Ma le potenzialità della nostra isola non si esauriscono con questo strumento, tante sono le reti coop, commerciali e turistiche disposte ad assumere. Nella provincia di Palermo sono almeno 10 i centri commerciali che stanno per aprire i battenti con una previsione di occupazione di circa 3.000 persone.
Mille sono i posti di lavoro che è possibile leggere nelle bacheche dei Centri per l’impiego sparsi un po’ in tutta l’Isola. Altre mille le opportunità scovate nei siti internet di ricerca di lavoro (Monster, Infojobs, ecc); cinquecento invece i posti di lavoro che è possibile trovare grazie alle agenzie di lavoro interinale presenti sul territorio.
Ma allora perché si continua a restare con le mani in mano o nella migliore delle ipotesi si è costretti ad emigrare lontano dalle proprie radici?
La crisi c’è, è vero, ma i giovani di oggi non fanno molto per superarla. Si aspettano (e pretendono) una mano dallo Stato. Sperano nelle stabilizzazioni di chi è entrato nella pubblica amministrazione non per meriti ma perché raccomandato.
Anziché fare come le brave formiche laboriose che mettono da parte mollichina dopo mollichina (autoformazione, acquisizione di nuove competenze, studio delle lingue straniere, del linguaggio dell’informatica) per il periodo invernale (il periodo di crisi che è già arrivato) imitano la cicala, sperperando risorse (tempo) e denaro in attività poco utili. A questa diffusa mentalità si aggiunga che i giovani siciliani trovano grossi ostacoli in un sistema che non funziona, primo fra tutti una formazione professionale sempre lontana dal mercato del lavoro.
“Se si vuole ridare fiducia ai giovani e all’imprenditoria occorrono improrogabili e reali interventi a carico del Governo regionale – ha affermato a riguardo Filippo Ribisi, presidente di Confartigianato Sicilia – spesso la formazione non è stata calibrata sulle reali esigenze delle imprese, assumendo più il senso di uno strumento politico che economico reale, sfornando centinaia di giovani che non avendo le qualifiche richieste dalle imprese restano comunque inoccupati”.

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