Libri e giornali rendono liberi - QdS

Libri e giornali rendono liberi

Carlo Alberto Tregua

Libri e giornali rendono liberi

giovedì 19 Luglio 2018

Il Governo tuteli gli informatori

Abbiamo sentito e visto le dichiarazioni dell’attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega all’Editoria, Vito Crimi. Riteniamo di condividere il principio esposto, e cioè la tutela dei cittadini, che hanno diritto a un’informazione pluralistica.
Affinché ciò avvenga, è necessario che le fonti siano numerosissime e provengano dal territorio, soprattutto da quegli editori che producono informazione cartacea, digitale e radiotelevisiva, anche gestendo strutture piccole o medio-piccole.
Abbiamo letto anche che alcuni editori maggiori – fra cui il gruppo Gedi (La Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX e 17 quotidiani locali), nonché il Gruppo Rcs (Corriere della Sera, Gazzetta dello Sport e una decina di quotidiani regionali) – non hanno ricevuto contributi pubblici. Non è vero, perché li hanno ricevuti con decine di milioni, anche in base alla Legge 114/2014, sotto forma di contributi ai prepensionamenti, contratti di solidarietà, cassa integrazione e altro. Nel complesso, molto più elevati di quanto abbiano ricevuto gli editori minori con i contributi diretti.
 
Quanto alle agevolazioni, ricordiamo che l’ultima rimasta è quella relativa ai telefoni, mentre sono state eliminate quelle relative a tariffe postali, carta, distribuzione e altro.
La presenza dei due colossi editoriali prima indicati, i quali macinano utili perché sono ben gestiti (beati loro), comporta una conseguenza grave per il mercato, e cioè che la grande parte della pubblicità nazionale viene rastrellata da essi, con la conseguenza che gli editori che non fanno parte dei due raggruppamenti, quando va bene, raccolgono le briciole.
Ma queste non sono sufficienti per poter reggere il conto economico di ogni editore minore, ed ecco che i Governi, a cominciare dalla Legge 250/90, hanno stabilito di dare un sostegno, tramite contributo diretto, a quegli editori che non avevano (e non hanno) la possibilità di far quadrare il conto economico, non per loro incapacità, ma per condizioni di mercato ove esiste una sorta di oligopolio.
Bisogna quindi ben capire come stanno le cose, prima di prendere decisioni conseguenti.
 
La seconda gamba di un conto economico di editori di giornali (cartacei o digitali) è data dalla vendita di copie, in edicola o per abbonamento. Ma esse, negli ultimi cinque anni, sono precipitate di due terzi, con una diminuzione degli incassi della stessa misura.
Mentre però i gruppi indicati, con l’aiuto dello Stato, hanno tagliato gli organici e quindi i relativi costi, continuando a conseguire utili nonostante la crisi, gli editori minori non hanno avuto le stesse possibilità. Quindi vi è stato (e vi è) uno squilibrio competitivo che porta alla chiusura di giornali (cartacei e digitali) con un rischio di creare 4/5 mila nuovi disoccupati.
E allora, l’attuale Governo deve scindere il grano dal loglio e, nel riformare il sistema di contribuzione all’editoria, valutare quali sostegni debbano essere mantenuti e potenziati e quali invece essere eliminati, sempre in osservanza dell’articolo 21 della Costituzione, che ordina il pluralismo dell’informazione e non un finto pluralismo di gruppi editoriali.
 
Vi è poi un altro argomento esposto dal sottosegretario Crimi e riguarda la pubblicazione sui giornali (cartacei o digitali) dei bandi di gara per opere pubbliche e avvisi di aste giudiziarie per la vendita di cespiti (mobili e immobili).
Si sostiene che essi non vadano pubblicati sui giornali perché è sufficiente la loro pubblicazione sui siti. Ma chi va sui siti dedicati? Basta vedere le statistiche per capire come essi siano poco frequentati. Per conseguenza, non è assicurata la trasparenza che deriva da una forte diffusione dell’informazione come fanno i quotidiani.
Se poi aggiungiamo che i siti sono poco visitati da Roma in giù, si capisce che non pubblicando sui quotidiani si favoriscono le lobby e tutti coloro che, nel buio dell’informazione, ci vedono molto bene.
Il comparto è in forte crisi e quindi va trattato con estreme delicatezza e accortezza, per evitare di sfasciare tutto e danneggiare i cittadini facendo loro mancare le fonti vitali dell’informazione territoriale, con la quale possono capire chi mente e chi dice la verità.

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