Depurazione in Sicilia, l'Europa cala un "poker" di infrazioni - QdS

Depurazione in Sicilia, l’Europa cala un “poker” di infrazioni

Rosario Battiato

Depurazione in Sicilia, l’Europa cala un “poker” di infrazioni

giovedì 26 Luglio 2018

La Commissione Ue ha aperto la quarta procedura per il mancato trattamento delle acque reflue. Anche i piccoli agglomerati (tra 2 mila e 10 mila abitanti) violano gli obblighi comunitari 

PALERMO – E siamo a quattro. La Commissione europea, lo scorso 19 luglio, ha annunciato l’apertura della quarta procedura d’infrazione per il mancato rispetto delle norme Ue in riferimento all’obbligo per tutti gli Stati membri di dotare i centri urbani di reti fognarie e impianti di depurazione. Si tratta, così come riportato nello stato delle infrazioni sul portale del dipartimento per le Politiche europee, della costituzione in mora in relazione alla non corretta applicazione della direttiva 1991/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane (2017/2181).
 
 
Nel breve comunicato di Bruxelles in relazione all’ultima infrazione si legge che la “Commissione esorta l’Italia a conformarsi al diritto dell’UE sulle acque reflue urbane e a garantire che le acque reflue provenienti da tutti gli agglomerati umani con una popolazione di oltre 2.000 abitanti siano raccolte e trattate”. Il riferimento corre al diritto comunitaria che impone la realizzazione delle infrastrutture necessarie per la raccolta e il trattamento delle acque reflue urbane, anche perché se queste ultime non dovessero essere trattate “possono comportare un rischio per la salute e inquinano i laghi, i fiumi, il terreno e le acque costiere e sotterranee”.
 
Per l’Ue, nonostante il Belpaese sia già sottoposto a tre distinte procedure di infrazione, una “valutazione degli ultimi dati presentati dall’Italia evidenzia che anche un numero considerevole (276) di agglomerati di dimensioni più ridotte viola gli obblighi fondamentali di raccolta, trattamento e monitoraggio”. Il futuro è già scritto: la Commissione ha inviato una lettera di costituzione in mora e le “autorità italiane dispongono di due mesi per rispondere”, altrimenti Bruxelles “potrà decidere di inviare un parere motivato”. A quel punto il cammino potrebbe farsi molto rischioso, perché la Commissione potrebbe decidere di arrivare al deferimento alla Corte di Giustizia Ue, attivando il percorso che condurrebbe alle sanzioni pecuniarie.
 
In attesa di aggiornamenti su questo fronte, l’Italia, soprattutto per merito della Sicilia, resta ancora impantanata in altre tre procedure. Lo scorso maggio è arrivata la conferma delle sanzioni, così come recita la sentenza della Corte di Giustizia Ue, relativa alla causa C-251/17 Ue che ha visto 74 agglomerati (48 soltanto in Sicilia, il 65% del totale) con una multa da 25 milioni di euro, più 30 milioni per ogni semestre di ritardo nella messa a norma. I 74 agglomerati sono gli inossidabili ritardatari, rispetto ai 109 coinvolti nella prima sentenza di sei anni fa. Al commissario unico nazionale, il professore Enrico Rolle, è stata affidata la complicata operazione di condurre gli interventi – nel 2012 alla Sicilia venne assegnato circa un miliardo, pochissimi i cantieri avviati – che attualmente, almeno per la Sicilia, sono 94 per 51 agglomerati.
 
Restano ancora due procedure di infrazione: la 2009_2034 che si trova in sentenza di condanna (causa C-85/13) e riguarda 5 agglomerati isolani, la 2014/2059, allo stato di “parere motivato”, che coinvolge gli agglomerati con più di 2mila abitanti e coinvolge 175 agglomerati siciliani su un totale di 758 a livello nazionale.

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