Imprese artigiane, crollo verticale in Sicilia - QdS

Imprese artigiane, crollo verticale in Sicilia

Mattia Conti Guglia e Patrizia Penna

Imprese artigiane, crollo verticale in Sicilia

venerdì 27 Luglio 2018

Unioncamere-Infocamere: nel secondo trimestre 2018 ben 59 hanno chiuso i battenti, comparto in sofferenza. Bilancio anagrafico generale positivo ma con luci ed ombre 

PALERMO – Crollo verticale delle imprese artigiane in Sicilia. Lo dice il rapporto Unioncamere – Infocamere che per il secondo trimestre 2018 certifica un saldo positivo a livello nazionale ma con luci ed ombre nella nostra Isola.
 
Se da un lato appaiono positivi i bilanci anagrafici (differenza tra natalità e mortalità delle imprese) di tutte le venti regioni italiane, vi è un’eccezione rappresentata dalla componente artigiana: tra aprile e giugno nella nostra Isola hanno chiuso i battenti 59 imprese contro le 48 del Veneto, le 21 del Molise e le 2 della Sardegna.
 
 
Anche se l’anno in corso continua ad essere caratterizzato da dinamiche di crescita imprenditoriale, i numeri non mentono e rivelano la profonda sofferenza del comparto artigianale nella nostra Isola, messo a dura prova da una crisi economica che ancora non siamo riusciti a lasciarci alle spalle a causa di un tessuto produttivo estremamente fragile.
 
Contrariamente a quanto avviene in Sicilia, a livello nazionale, le imprese artigiane registrano un saldo positivo di 2.411 imprese in più che però equivalgono a una contrazione del saldo pari a circa un quarto rispetto allo stesso trimestre del 2017, quando fu di 3.166 unità: dunque, anche se positivo, il dato del secondo trimestre di quest’anno segna un rallentamento rispetto al 2017.
 
La frenata rispetto al 2017 vale per tutte le imprese in generale, nonostante i numeri positivi: tra aprile e giugno nel Belpaese ne sono nate 1.000 al giorno, mentre 670 hanno chiuso i battenti. Alberghi e ristoranti, commercio e agricoltura i settori che sono cresciuti di più in valore assoluto nel trimestre. Attività professionali, servizi alle imprese, sanità e, di nuovo, il settore del turismo e dell’ospitalità quelli che hanno mostrato la dinamica più brillante in termini percentuali.
 
Il saldo trimestrale fa registrare bilanci positivi in tutte le macro-ripartizioni. In particolare, il 38% dell’intero saldo (12.100 imprese su 31.811) è localizzato nel Centro-Sud (un terzo nella sola Campania: +4.071 unità, di cui 230 artigiane), e un altro 25% nelle regioni del Centro (7.968 imprese, 671 delle quali artigiane).
 
Il saldo attivo di 31.118 imprese è inferiore di quasi 5mila unità rispetto a un anno fa, quando la crescita fu pari a 35.803 unità, e riporta le lancette della natimortalità imprenditoriale al livello del 2012 (+31.565).
Determinante, in questo trimestre, è stato l’andamento delle chiusure (4mila in più dello stesso periodo 2017), mentre le iscrizioni si sono mantenute in linea con quanto registrato lo scorso anno.
 
“Nonostante le incertezze legate al rallentamento dell’economia -ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Carlo Sangalli- gli italiani continuano a scegliere di fare impresa. Ma registriamo che un numero crescente di imprenditori è costretto a chiudere i battenti. Un’ampia diffusione del digitale all’interno dei processi aziendali come nel rapporto con la Pa è vitale per rendere le imprese più forti e competitive. Anche su questo tema le Camere di commercio stanno dando un importante contributo attraverso la diffusione del linguaggio 4.0 nel tessuto produttivo e l’uso di piattaforme e servizi telematici che il sistema camerale mette a disposizione della collettività”.

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