Fisco, le verifiche dirette dei dati propedeutiche alle contestazioni - QdS

Fisco, le verifiche dirette dei dati propedeutiche alle contestazioni

Gabriele Patti

Fisco, le verifiche dirette dei dati propedeutiche alle contestazioni

giovedì 02 Agosto 2018

Informazioni che l’Amministrazione finanziaria acquisisce per preparare il confronto con il contribuente. Accertamenti analitico-induttivi, indagini sui conti correnti, accertamento ai fini del registro 

ROMA – Nell’ambito del tormentato rapporto tra Fisco e contribuente rientra la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di effettuare verifiche dirette avvalendosi di dati già in suo possesso, in quanto tenuti in apposite banche dati (si pensi all’Anagrafe tributaria) o riscontrabili in precedenti dichiarazioni già presentate: si tratta delle indagini sui conti correnti e degli accertamenti analitico-induttivi che, propedeutici alle contestazioni, preparano il confronto con il contribuente.
 
 
In queste ipotesi sarà l’Ufficio stesso, qualora ritenga già fondata la pretesa impositiva, a valutare l’opportunità di emettere un avviso di accertamento oppure procedere alla notifica dell’invito a produrre la documentazione necessaria. Raramente opta per questa seconda possibilità: pertanto, è consigliabile che il contribuente richieda comunque la comunicazione delle violazioni riscontrate al fine di avviare il contraddittorio e valutare l’ipotesi di un ravvedimento prima che gli venga notificato l’avviso di accertamento.
 
Il Contraddittorio nelle indagini a tavolino
 
Per le “indagini a tavolino”- tra le quali vi rientrano le indagini bancarie, gli accertamenti analitico-induttivi nella disciplina del Reddito di impresa (Rdi) e l’accertamento ai fini del registro – il contraddittorio non è un obbligo. La scelta ricade sull’ufficio competente. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza 24823/2015, hanno stabilito che non esiste un obbligo generale di contraddittorio preventivo, salvo non sia espressamente previsto dalla legge, la quale prevede che il relativo obbligo assuma rilevanza solo in presenza di due condizioni: deve trattarsi di tributi armonizzati (Iva); il contribuente in sede di ricorso dimostri che ove fosse stato esperito contraddittorio l’Ufficio finanziario sarebbe giunto a conclusioni diverse.
 
Le indagini bancarie
 
Ai sensi degli artt. 32 Dpr 600/73 e 51 Dpr 633/72 (per l’Iva) consentono previa autorizzazione di richiedere dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata dal contribuente attraverso qualunque intermediario finanziario. Le richieste fatte e le risposte ricevute devono risultare da verbale sottoscritto dal Fisco e dal contribuente o dal suo rappresentante; in mancanza dovrà essere indicato il motivo della mancata sottoscrizione. I rapporti intrattenuti con le banche e quindi i movimenti bancari sono posti alla base di verifiche e accertamenti quando il contribuente dimostra di non averne tenuto conto in dichiarazioni precedenti. Disciplina particolare riguarda i prelevamenti. Questi ultimi rilevano come ricavi se il contribuente non ne ha indicato il beneficiario e sempre se non risultano dalle scritture contabili per importi superiori a 1.000 euro giornalieri e comunque 5.000 euro mensili.
 
AccertamentI analitico-induttivi
 
Questo tipo di accertamenti, applicati per il calcolo del Reddito di impresa, fondano la ricostruzione dei presumibili ricavi su elementi presuntivi semplici purché essi siano gravi, precisi e concordanti così come disposto dall’art. 39 co.1 lettera d) Dpr 600/73. A seguito di questa definizione l’Amministrazione – che nel corso degli anni ha fatto frequente uso di tale tipo di indagini – ha fatto rientrare di tutto: dai tovaglioli acquistati o lavati al quantitativo di bottiglie acquistate che, in un’impresa alberghiera, consentirebbero di desumere l’effettiva capacità operativa.
 
Accertamento ai fini del registro
 
Circa la disciplina dell’imposta di registro, “l’indagine a tavolino”, in questo contesto, si esplica sulla base dei dati in possesso del catasto in cui compare il bene senza una verifica concreta sullo stesso.
Inoltre, l’Amministrazione finanziaria non di rado si basa sui dati dell’Osservatorio sul mercato immobiliare (Omi) che però – stando, tra le altre, a Cass. 3197/2018 – trattandosi di mere presunzioni semplici, non sono sufficienti a sorreggere da sole la pretesa impositiva e l’Omi dovrebbe rappresentare solo il dato iniziale per poi essere arricchito da perizie e documenti che ne accertino il valore. La perizia o il documento costituisce valido elemento per contrastare la pretesa erariale ed è posto sullo stesso piano della perizia dell’Ufficio tecnico erariale.

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