Magistrati arbitri tra Governo e Autostrade - QdS

Magistrati arbitri tra Governo e Autostrade

Carlo Alberto Tregua

Magistrati arbitri tra Governo e Autostrade

martedì 21 Agosto 2018

Caducazione, recesso o niente

Non sappiamo se sia stato il guru di M5s, Beppe Grillo, a telecomandare Di Maio sulla strada della revoca o caducazione della concessione ad Autostrade, società concessionaria controllata dal gruppo imprenditoriale Benetton.
In ogni caso, il vicepresidente Di Maio e il suo replicante Toninelli sono usciti con la sparata di nazionalizzare le autostrade che, ricordiamo, non sono quelle cui ci riferiamo, che ne costituiscono meno della metà del chilometraggio, bensì un complesso di circa 7.000 chilometri. Gli altri sono gestiti da diverse concessionarie.
Ricordiamo che questo è il primo ponte che cade facente parte delle autostrade in concessione, mentre ne sono caduti dieci in cinque anni di strade, anche a quattro corsie, gestite dallo Stato mediante società controllate interamente.
La questione quindi non è chi gestisce le autostrade, e ricordiamo, le strade statali nonché quelle provinciali. La questione riguarda la competenza, la preparazione e la capacità di chi ha questo delicato incarico.
 
Tutti i cittadini rilevano lo stato disastroso in cui versano le autostrade pubbliche, le strade statali e quelle provinciali del nostro Paese, anche perché le istituzioni preposte alla loro manutenzione non fanno i controlli e non adottano i provvedimenti necessari per tenerle in buone condizioni.
I responsabili delle istituzioni si giustificano con l’assenza di finanziamenti adeguati e con ciò rimpallano la questione a monte, e cioè al Governo, che deve fare scelte politiche per rendere disponibili i necessari finanziamenti, sottraendoli a quella sorta di assistenzialismo generalizzato che è diventata una moda osservata sia dai tre governi Pd dell’ultima legislatura che da questo novello.
Sul piano comunicativo Di Maio l’ha fatta semplice: “Revochiamo la concessione”; Salvini è stato più prudente e realista, sostenendo che il Governo ha avviato una procedura la quale è soggetta al vaglio dei magistrati che così diventano arbitri fra una richiesta di, ripetiamo, caducazione della concessione, e la ovvia resistenza che farà la concessionaria, la quale non ci sta ad essere crocifissa.
 
Non sappiamo se saranno i magistrati del Tar o quelli dell’Autorità giudiziaria ordinaria (Ago) ad intervenire sulla materia, probabilmente entrambi, perché bisognerà preliminarmente stabilire se vi è una competenza dei giudici amministrativi o della stessa Ago.
Il che significa che la strada intrapresa dal governo Conte, sotto l’impulso di Di Maio e Salvini, vedrà una soluzione forse fra dieci anni.
Nelle more i ponti continueranno a crollare, strade e autostrade statali si sbricioleranno e ovviamente il tasso di manutenzione di autostrade in concessione diminuirà per lo stato d’incertezza che questa iniziativa governativa getterà sul sistema autostradale italiano.
L’Anas ha rifatto buona parte dell’Autostrada del Mare (Salerno – Reggio Calabria). Mancano all’appello 60 km, per i quali non vi sono state risorse sufficienti, che ancora costituiscono uno stretto budello tortuoso e pericoloso.
Pochi sanno che lo Stato paga all’Anas spa (società interamente controllata dal Mef) un pedaggio virtuale, per non caricarlo sui cittadini che l’utilizzano.
 
L’iniziativa demagogica di Grillo e compagni non ha messo il dito sulla piaga: la pubblica amministrazione e i dirigenti del Mit (Ministero delle Infrastrutture e Trasporti) che avevano l’obbligo di effettuare due serie di controlli: la prima riguardante i manufatti, il loro stato ed eventualmente la loro pericolosità; la seconda la puntuale osservanza delle clausole contrattuali della concessione.
Certo, non si capisce perché il governo Renzi ne abbia prolungato la durata dal 2038 al 2045. Non si capisce ancora perché il Mit non abbia mosso rilievi alla concessionaria per aver speso in manutenzione molto meno di quanto contrattualizzato, non si capisce perché i direttori generali e settoriali non abbiano provveduto a controllare sul campo, cioè sui manufatti, la loro corretta manuntenzione e quindi il loro stato perfettamente adeguato all’uso.
Com’è possibile che si sia mantenuto in esercizio con un carico enormemente superiore il viadotto del Polcevera, né che se ne sia controllata col radar la sua efficienza? I dirigenti del Mit si sono comportati come le tre scimmiette. Perché?

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