Sicilia, i partiti politici sono senza controlli - QdS

Sicilia, i partiti politici sono senza controlli

Patrizia Penna

Sicilia, i partiti politici sono senza controlli

venerdì 24 Agosto 2018

Il Parlamento siciliano non ha mai recepito gli artt. 12 e 14 della l. 515/93 che prevede la verifica da parte della Corte dei conti del rendiconto sulle spese elettorali. Musumeci: “Trasparenza, presupposto per governare”, Siragusa (M5s): “Presenteremo Ddl”

PALERMO – “Ho pagato tutti i partiti”: ha risposto così agli inquirenti Luca Parnasi, l’ex ad di Eurnova accusato di aver orchestrato un giro di tangenti dietro il progetto del Nuovo Stadio della Roma. La maxi inchiesta che conta oltre 24 indagati sta facendo tremare i palazzi della Capitale, a dimostrazione del fatto che, da Nord a Sud, in Italia, i concetti di trasparenza e legalità spesso fanno fatica a trovare spazio nell’intricato, ai limiti dell’inaccessibile, “mondo” dei partiti politici.
 
Chi finanzia i partiti politici? Con quali promesse? Chi c’è dietro il finanziamento di costose campagne elettorali? Difficile rispondere a questa domanda. Ancor più difficile quando si parla dei partiti siciliani: nella nostra Isola, infatti, tra le tante, troppe, anomalie prodotte dall’Autonomia, vi è il mancato recepimento della normativa nazionale relativa ai controlli da parte della magistratura contabile sul rendiconto delle spese dei partiti politici. Eppure, la trasparenza non costa nulla e la fatica legata al recepimento di una normativa orientata verso la trasparenza appare “sopportabile” anche per un Parlamento come quello siciliano per l’appunto, che non brilla di certo per la sua “operosità”. In Sicilia, contrariamente a quanto avviene nelle regioni a statuto ordinario, la Corte d’Appello, pur avendo accesso alle dichiarazioni dei candidati, non verifica i rendiconti delle spese e non può irrogare sanzioni in caso di irregolarità.
 

 
Il Presidente della Regione siciliana, Musumeci: “La trasparenza è il presupposto per poter governare”
 
Abbiamo chiesto al Presidente della Regione, Nello Musumeci, cosa pensasse del mancato recepimento da parte dell’Ars della normativa sulla trasparenza dei partiti politici.
Non abbiamo ancora ricevuto risposta. Tuttavia, ci sembra opportuno riportare le dichiarazioni di Musumeci rilasciate in occasione della “Prima giornata della trasparenza del 2018”, celebrata qualche settimana fa.
 
“Quello della trasparenza è un tema attuale e spesso lo è in maniera drammatica. La trasparenza non può essere un obiettivo della Pubblica amministrazione, ma un prerequisito: è il presupposto per poter governare”.
 
La ‘Prima giornata della trasparenza del 2018’ è stata organizzata dal dipartimento regionale della Funzione pubblica nell’aula magna della facoltà di Giurisprudenza a Palermo.
 
“Sappiamo bene – ha aggiunto il presidente – che lo spazio nella ‘zona grigia’ è quello in cui si annidano l’ammiccamento, il malaffare, ciò che diventa reato per il codice etico. E noi dobbiamo guardare all’etica della responsabilità. La mafia cerca alleati per fare affari e li trova laddove operano i centri decisionali e istituzionali che sono la cerniera fra potere mafioso e politico”.
Il presidente ha concluso il suo intervento ricordando l’importanza della competenza come requisito fondamentale per la trasparenza e auspicando, in tal senso, maggiori corsi di formazione e di aggiornamento professionale per tutti i dipendenti.
 

 
Salvatore Siragusa, componente Ufficio Presidenza Ars: “Il M5S è favorevole e si sta adoperando per la predisposizione di un ddl che permetta il recepimento della normativa nazionale”
 
Sul mancato recepimento da parte dell’Ars della normativa nazionale sulla trasparenza delle spese elettorali dei partiti, abbiamo interpellato Salvatore Siragusa (M5s).
 
Avete in programma come Movimento Cinquestelle di proporre un Ddl di recepimento? Non pensa che il semplice recepimento di una normativa nazionale possa rappresentare un segnale forte ai cittadini?
“La verifica dei rendiconti delle spese dei partiti da parte della Corte d’appello in Sicilia sarebbe cosa buona e giusta. Fungerebbe quantomeno da deterrente ad operazioni poco chiare come quelle che nel passato più io meno recente sono finite nelle cronache dei giornali. Il M5S è così favorevole che si sta adoperando per la predisposizione di un ddl che permetta il recepimento della normativa nazionale”.
 


Finanziamento pubblico e privato ai partiti, un po’ di storia
 
La cornice normativa che disciplina il finanziamento pubblico e privato dei partiti è molto complessa. Tutto inizia nel 1974 con la legge n.195, denominata “Piccoli”, dal nome del suo promotore, Flaminio Piccoli.
 
Grazie alla legge n. 659/1981, i finanziamenti pubblici vengono raddoppiati; partiti e politici (eletti, candidati o aventi cariche di partito) hanno il divieto di ricevere finanziamenti dalla pubblica amministrazione, da enti pubblici o a partecipazione pubblica; viene infine introdotta una nuova forma di pubblicità dei bilanci: i partiti devono depositare un rendiconto finanziario annuale su entrate e uscite, per quanto non siano soggetti a controlli effettivi.
 
Le legge Piccoli soccombe al referendum del 1993 promosso dai radicali e viene abrogata.Nel dicembre dello stesso anno, il Parlamento approva la legge n. 515/1993 e successivamente, grazie alla legge n.2/1997 “Norme per la regolamentazione della contribuzione volontaria ai movimenti o partiti politici” riesce di fatto a eludere gli esiti referendari del 1993.
 
La legge 157/1999 istituisce cinque fondi: per elezioni alla Camera, al Senato, al Parlamento Europeo, Regionali, e per i referendum, erogati in rate annuali, per 193.713.000 euro in caso di legislatura politica completa (l’erogazione viene interrotta in caso di fine anticipata della legislatura). La legge entra in vigore con le elezioni politiche italiane del 2001. All’articolo 1 recita così: “All’atto della dichiarazione annuale dei redditi delle persone fisiche (…), ciascun contribuente può destinare una quota pari allo 0,4 per cento dell’imposta sul reddito delle persone fisiche al finanziamento dei movimenti e partiti politici”.
 
La legge introduce anche l’obbligo per i partiti di redigere un bilancio per competenza, comprendente stato patrimoniale e conto economico, il cui controllo è affidato alla Presidenza della Camera. La Corte dei Conti può controllare solo il rendiconto delle spese elettorali. Il parlamento modifica la norma solo con l’art. 5 della legge nº 96 del 6 luglio 2012, rafforzando l’obbligo di un partito o un movimento di avere uno statuto per aver diritto di ricevere i rimborsi elettorali.
 
Grazie alla legge n. 156/2002 “Disposizioni in materia di rimborsi elettorali” e alla legge n.51/2006, i fondi ai partiti aumentano a dismisura.
 
Nel 2014, la riforma Letta abolisce i rimborsi elettorali a partire dall’anno 2017 e introduce il 2 per mille dell’Irpef e le detrazioni per le donazioni ai partiti.
 

 
Legge 10 dicembre 1993, n. 515 art. 12, commi 1, 2 e 3
 
1. I rappresentanti di partiti, movimenti, liste e gruppi di candidati presenti nell’elezione per la Camera dei deputati o per il Senato della Repubblica devono presentare ai Presidenti delle rispettive Camere, entro quarantacinque giorni dall’insediamento, per il successivo invio alla Corte dei conti, il consuntivo relativo alle spese per la campagna elettorale e alle relative fonti di finanziamento.
 
2. Per l’effettuazione dei controlli sui consuntivi di cui al comma 1, ferma restando l’attuale dotazione organica, è istituito presso la Corte dei conti un apposito collegio composto da tre magistrati estratti a sorte tra i consiglieri in servizio, coadiuvati da nove addetti alla revisione e dal personale ausiliario necessario.
 
3. I controlli devono essere limitati alla verifica della conformità alla legge delle spese sostenute dagli aventi diritto e della regolarità della documentazione prodotta a prova delle spese stesse. I controlli devono concludersi entro sei mesi dalla presentazione dei consuntivi alla Corte dei conti, salvo che il collegio di cui al comma 2, con delibera motivata, non stabilisca un termine ulteriore, comunque non superiore ad altri tre mesi. La Corte dei conti riferisce direttamente ai Presidenti delle Camere sui risultati del controllo eseguito. Per la durata dell’incarico i componenti del collegio non possono assumere ovvero svolgere altri incarichi o funzioni.

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