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Edilizia a impatto zero: l’Ue alza l’asticella. Sicilia indietro, Regione prova a recuperare

Rosario Battiato

Edilizia a impatto zero: l’Ue alza l’asticella. Sicilia indietro, Regione prova a recuperare

martedì 28 Agosto 2018

L’ultima direttiva in materia richiede entro il 2050 un parco immobiliare decarbonizzato ed efficiente. Nell’Isola numerosi incentivi per riqualificare il patrimonio edilizio pubblico e privato

PALERMO – Le grandi metropoli mondiali si mobilitano per promuovere l’edilizia sostenibile, delineandosi come riferimenti nella strada che porta agli edifici a impatto zero, uno degli obiettivi della politica comunitaria in materia di energia di sostenibile.
 
L’iniziativa è stata lanciata da C40, un network che collega una novantina di grandi città in tutto il mondo, in vista del Global climate action summit del prossimo 12 settembre a San Francisco. In campo ci sono già 19 sindaci – Parigi, Sydney, Tokyo, Los Angeles, Toronto, Copenaghen, Johannesburg, Londra, Montreal, New York, Newburyport, Portland, San Francisco, San Jose, Santa Monica, Stoccolma, Tshwane, Vancouver e Washington – per circa 130 milioni di abitanti. L’obiettivo è chiaro: dal 2030 i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero e dal 2050 anche i vecchi edifici saranno resi a impatto zero.
 
 
Lo dice anche l’Unione europea, con l’ultima direttiva in materia pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Ue nella scorsa metà di giugno. Per Bruxelles ogni Stato dovrà porre degli obiettivi intermedi da raggiungere al 2030 e al 2040, predisponendo una strategia ben precisa. C’è tempo fino al 2020 per essere recepita dagli Stati membri e richiede, entro il 2050, un parco immobiliare, quindi pubblico e privato, che sia decarbonizzato e ad alta efficienza energetica (vengono definiti near-zero energy, energia quasi zero). Nel mirino ci sono, in particolare, gli edifici energivori, quindi quelli che consumano molta più energia di quanta ne producono, con l’obiettivo di tagliare tra l’80 e il 95% delle emissioni dell’inizio degli anni Novanta.
 
In Sicilia non ci sono metropoli paragonabili ai grandi centri globali, ma la necessità di lavorare sulla riduzione dei consumi energetici nel settore residenziale resta una priorità, anche perché la strada è ancora molto lunga, sebbene ci sia, generalmente, una tendenza positiva. L’ultimo rapporto energia della Regione ha registrato che “nel settore dell’edilizia la percentuale del numero degli edifici a bassa efficienza energetica, rispetto al dato complessivo, si attesta al 65%, in riduzione, di quasi 10 punti percentuale, rispetto al valore del 2015 pari al 74%”. A disposizione dei cittadini ci sono i numerosi incentivi offerti dall’ecobonus.
 
Anche il settore pubblico non risulta particolarmente efficiente, e così da Palermo hanno provato a spingere, indirizzando parte dei fonti europei proprio in questa direzione. Nei mesi scorsi, un avviso pubblico, nell’ambito del programma operativo Fesr Sicilia 2014-2020, ha puntato alla “promozione dell’eco-efficienza e riduzione di consumi di energia primaria negli edifici e strutture pubbliche”, mettendo a disposizione 5,7 milioni di euro.
 
Inoltre, un altro bando pubblico, in scadenza proprio in questi giorni, ha promosso “programmi integrati per il recupero e la riqualificazione delle città”, con una dotazione finanziaria da 17 milioni di euro per i comuni siciliani, promuovendo la rigenerazione di quelle porzioni della città che sono rimaste escluse dallo sviluppo e che versano in condizioni di degrado sociale ed economico, puntando, tra le altre cose, anche sulla “nuova edificazione per il completamento e la ricucitura del tessuto urbano, con l’incremento del numero di alloggi a canone sostenibile da immettere nel mercato”.
 
I risparmi ci sono e sono già stimati. Secondo l’Enea, agire sugli edifici più energivori della Pa, con un investimento da un miliardo di euro, permetterebbe di tagliare i consumi del 40%, con un risparmio concreto di 75 milioni di euro sulla bolletta.

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