Dal lavoro dipendente al lavoro intraprendente - QdS

Dal lavoro dipendente al lavoro intraprendente

Carlo Alberto Tregua

Dal lavoro dipendente al lavoro intraprendente

sabato 08 Settembre 2018

La cultura di fare e realizzare

L’Italia è il Paese dei lamentatori. Da mattina a sera la maggior parte dei cittadini si lamenta per qualche cosa, protesta per qualche altra cosa, impreca contro la malasorte, crocifigge gli altri per invidia e gelosia.
Ci sembra questa la mentalità che si diffonde sempre di più, anche frutto di un notevole abbassamento generale dei valori etici e morali. Ognuno dimentica che ha il proprio dovere da compiere, che deve rispettare il prossimo come e meglio di se stesso, che non può rinunciare all’iniziativa secondo il detto: aiutati che Dio ti aiuta.
E poi continuano a pregare Santi e Sante, il fato, la fortuna, affinché li facciano vincere a uno dei tanti giochi di azzardo.
Per conseguenza, vi è la diffusione di una nuova malattia, la ludopatia, che sta contagiando sempre più strati della popolazione. Sì, perché l’illusione di vincere qualcosa è una spinta insopprimibile per tanta gente irrazionale, che non è capace di affrontare con i propri mezzi mentali e fisici la realtà.
 
La fortuna è una componente minoritaria delle attività di ogni persona. Certo, ci vuole. Ma serve solo per essere aiutati, per esempio per un incontro importante, per una circostanza favorevole o per altre combinazioni in cui il caso decide per noi.
Ma se non ce la mettiamo tutta, se non compiamo ogni sforzo, se non facciamo il necesario sacrificio per costruire il nostro presente e il nostro futuro, è inutile che ci appelliamo alla fortuna come salvatrice.
E poi, la fortuna aiuta gli audaci (audaces fortuna iuvat) cioè coloro che gettano il cuore oltre la palizzata, che sognano ad occhi aperti ma con i piedi a terra, che sperano poco ma agiscono molto.
Jeff Bezos ha cominciato ventiquattro anni fa in un garage di Bellevue, nello stato di Washington, riscaldato solo da una vecchia stufa di ghisa, senza soldi ma con molte idee e una voglia di fare straordinaria.
Amazon è partita dal nulla e proprio in questi giorni ha superato la soglia di oltre mille miliardi di dollari di patrimonializzazione, raggiungendo così l’altro campione che è Tim Cook socio del compianto Steve Jobs, fondatore di Apple, la quale anch’essa ha superato poco tempo fa la soglia di mille miliardi di dollari di patrimonializzazione.
 
Amazon fattura oltre 200 miliardi di dollari l’anno e ha nel mondo circa 600.000 dipendenti. Non è stata certo la fortuna che ha portato questi personaggi a tali livelli, ma l’inventiva, la capacità e il sapere. Quel sapere che è il vero tesoro di ognuno di noi, se lo possediamo. Il contrario dell’opportunismo e della furbizia, qualità negative che non portano lontano.
Vengono citate le tre I (informatica, inglese, impresa); le tre T (tecnologia, talento, tolleranza); le tre L (long life learning, cioè apprendimento continuo per tutta la vita), perché nessuno di noi deve pensare di essere arrivato, ma come diceva Edoardo De Filippo (1900 – 1984): “Gli esami non finiscono mai”.
William H. Beveridge (1879 – 1963) fu il padre del Welfare State. Non immaginava che esso sarebbe degenerato per trasformarsi in assistenzialismo deleterio nei confronti di chi non ha bisogno.
Dare a tutti per avere in contropartita il consenso elettorale è un comportamento indecente, di coloro che non possiedono la cultura sufficiente per capire che questa è la strada della morte.
 
Google sta inseguendo i primi due campioni con 700 miliardi di dollari di patrimonializzazione. Un terzo attore dello scenario mondiale che occupa sempre più spazio approfittando dell’ignoranza generale, sempre crescente, della popolazione mondiale. Anche quella parte di popolazione europea, ex culla della cultura, che via via sta scemando perché le nuove generazioni diventano sempre più ignoranti.
è venuta meno la voglia di intraprendere e gran parte dei cittadini, soprattutto quelli meridionali, cercano la culla sicura di un posto da dipendente, come se le mansioni fossero prive di responsabilità. Anche quando si lavora per i terzi ognuno dovrebbe avere l’amor proprio e la voglia di comportarsi adeguatamente facendo per intero il proprio dovere.
Il lavoro produce valore, se è produttivo, in quanto tendente a conseguire risultati. Diversamente non serve a nessuno. Perciò bisogna passare dal codice del bisogno al codice dei doveri.

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