Controlla le emozioni o esse controllano te - QdS

Controlla le emozioni o esse controllano te

Carlo Alberto Tregua

Controlla le emozioni o esse controllano te

mercoledì 12 Settembre 2018
Fare le nozze coi fichi secchi è un modo di dire che intende come si debbano realizzare obiettivi con pochi mezzi. Ma chi è capace di agire in questo modo? Poche persone, perché la prima cosa che qualcuno pensa, quando intenda raggiungere qualche risultato, è l’abbondanza di mezzi. Ciò perché non è in condizione di calcolare quanti ne servano in modo essenziale.
Non scopriamo l’America. Semplicemente ci riferiamo alla vecchia legge economica: ottenere il massimo risultato con il minimo dei mezzi impiegati. Per far questo è necessario possedere capacità professionali in ordine a un’eccellente organizzazione, per utilizzare al massimo quello che si impiega.
C’è un altro detto: cavare il sangue dalle rape. Come dire che occorre molta abilità per ottenere qualcosa impegnando poco.
Al giorno d’oggi si esaltano i bisogni, quasi mai cosa serva per soddisfarli. Paradossalmente non mezzi finanziari ma cervello, inventiva, capacità e volontà.
 
Le cose che scriviamo si possono fare se si adotta il modo giusto per realizzarle. Il primo fra essi riguarda il controllo delle emozioni, in quanto ognuno di noi è fragile, se resta passivo rispetto alle onde che continuamente riceve, molte delle quali sono negative.
Per controllare le emozioni è necessario alzare le mura della razionalità, in modo da evitare di essere subissati da onde che ci destabilizzino.
Intendiamoci, vi sono belle e sane emozioni, ma esse sono una stretta minoranza. Bisogna goderne man mano che si capisca quali siano quelle belle. Perciò è necessaria una prima, seppur fulminea, valutazione.
Da parte di alcuni vi è l’abitudine di chiedere qualcosa agli altri, meno di dichiarare la propria disponibilità a dare qualcosa. Ciò è frutto di egoismo e di ignoranza: il primo è connaturato all’uomo. I bambini sono egoisti e restano tali se non ricevono una adeguata educazione che consenta loro di valutare tutte le circostanze con equilibrio e buonsenso. Quando mancano, una persona va nel pallone e qualche volta si perde.
 
Quando non siamo in condizione di controllare le emozioni, sono le stesse che controllano noi. Nel primo caso siamo attivi, nel secondo passivi. Si va da un polo all’altro quando non c’è sufficiente capacità di ragionare e di valutare, con la conseguenza che si resta in balìa degli altri.
La persona umana è fatta di carne e ossa, ma il corpo è gestito dal cervello, quest’ultimo a sua volta è dominato dalla mente e dallo spirito.
Il corpo ha funzioni automatiche che non dipendono dalla volontà della persona; il cervello ha memoria e software di elaborazione; la mente guarda molto più lontano e capisce quali sono le regole etiche che devono governare se stessa e i rapporti con gli altri. Lo spirito aleggia in cima.
Sono proprio i rapporti che vanno gestiti in maniera adeguata, cioè con buonsenso, spirito costruttivo, voglia di collaborazione: insomma cercare di stare insieme per e non contro.
 
Il pianto, si dice, è una forma di liberazione: da che cosa? Probabilmente dal carico di elettricità che si accumula dentro di noi per eventi negativi: un dolore, una malattia, la scomparsa di una persona cara. Questo stato emotivo comprende anche la perdita di averi e cioè di cose materiali.
Non si sa perché una persona pianga; non si sa bene se abbia le giuste motivazioni. Piange e basta.
Noi siamo soggetti viventi molto complessi; non sempre ci comprendiamo. Forse questo è il compito più arduo che ci compete, cioè quello di comprendere noi stessi, che cosa vogliamo, cosa vogliamo fare, se restiamo sulla via dei valori oppure debordiamo danneggiando inevitabilmente il prossimo.
Ecco, proprio il prossimo dovrebbe essere sempre davanti alla nostra attenzione, per evitare di danneggiarlo, anzi per tentare di aiutarlo. Invece, spesso lo teniamo dietro le spalle in modo da non vederlo, come chi affermava di non vedere l’ora per fare qualcosa, per la semplice ragione che teneva l’orologio sulle proprie spalle.

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