Indagini finanziarie legittime anche sui conti correnti dei genitori - QdS

Indagini finanziarie legittime anche sui conti correnti dei genitori

Antonino Lo Re

Indagini finanziarie legittime anche sui conti correnti dei genitori

giovedì 20 Settembre 2018

A fornire questa spiegazione è stata la Corte di Cassazione con ordinanza 22089/2018. Soprattutto se su questi esiste una delega per effettuare movimenti bancari

ROMA – Eseguire accertamenti finanziari sui conti correnti dei genitori del contribuente sono considerati legittimi, soprattutto se su questi esiste una delega per effettuare movimenti bancari e se vi è la presenza di elementi indiziari, quali ad esempio l’assenza di attività economiche esercitate dagli intestatari dei conti.
 
Sottoposto ad indagine, il contribuente dovrà dimostrare in maniera analitica l’estraneità di tali operazioni all’attività di impresa o professionale e spetta poi al giudice di merito verificare l’efficacia di tali prove. A fornire questa spiegazione è la Cassazione con l’ordinanza 22089/2018.
 
L’Agenzia delle Entrate ha notificato a un professionista un avviso di accertamento ai fini Irpef e Iva sulla base delle risultanze di un processo verbale di contestazione, redatto dalla Guardia di Finanza a seguito di una verifica fiscale. Indagini bancarie che riguardavano sia i sui suoi conti correnti, ma anche quelli dei genitori, sui quali disponeva di delega ad operare.
 
La commissione tributaria regionale della Campania aveva accolto il ricorso del contribuente, ma avversa a questa decisione l’Agenzia delle Entrate proponeva appello che veniva parzialmente accolto ad alcuni movimenti su uno dei conti intestati ai genitori, i quali erano stati riconosciuti dal contribuente come riconducibili alla sua attività professionale. L’ufficio finanziario è allora ricorso in Cassazione deducendo come motivo principale la mancata applicazione della norma riguardante indagini bancarie. A parere della ricorrente, la Ctr aveva errato nell’escludere la ripresa a tassazione di tutte le somme movimentate sul conto corrente intestato ai genitori del professionista quali compensi professionali non contabilizzati, perché questi non aveva prodotto idonea giustificazione, come invece era suo onere.
 
La Suprema corte ha giudicato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate fondato. “Non è sufficiente – recita la sentenza – una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività (di recente, Cass. n. 4829/2015) e che tale principio si applica, in presenza di alcuni elementi sintomatici, come la ristretta compagine sociale ed il rapporto di stretta contiguità familiare tra amministratore o i soci ed i congiunti intestatari dei conti bancari sottoposti a verifica, anche alle movimentazioni effettuate su questi ultimi, poiché in tal caso, infatti, è particolarmente elevata la probabilità che le movimentazioni sui conti bancari dei soci, e perfino dei loro familiari, debbano — in difetto di specifiche ed analitiche dimostrazioni di segno contrario — ascriversi allo stesso ente sottoposto a verifica”.
 
Secondo la Corte di Cassazione, la Ctr aveva immotivamente escluso la riferibilità al contribuente per le somme rinvenute sui conti dei genitori. Inoltre “il giudice di merito – aggiunge la sentenza – è tenuto alla rigorosa verifica dell’efficacia dimostrativa delle prove fornite a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, rifuggendo da qualsiasi valutazione di irragionevolezza ed inverosimiglianza dei risultati restituiti dal riscontro delle movimentazioni bancarie, in quanto il giudizio di ragionevolezza dell’inferenza dal fatto certo a quello incerto è già stato stabilito dallo stesso legislatore con la previsione, in tale specifica materia, della presunzione legale”.
 
Dunque la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio alla Ctr poiché non conforme ai principi specificati dalla Suprema Corte.

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