Libertà di stampa vera e non fittizia - QdS

Libertà di stampa vera e non fittizia

Carlo Alberto Tregua

Libertà di stampa vera e non fittizia

sabato 22 Settembre 2018

Il Presidente Mattarella ammonisce

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con il suo tratto morbido nella forma ma rigoroso nella sostanza, ha affermato il sacrosanto principio, previsto dall’articolo 21 della Costituzione, secondo cui la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Queste ultime spesso non sono formali ma sostanziali, con la conseguenza che nei fatti annullano, in tutto o in parte, la norma citata.
Vi sono state due affermazioni che hanno preoccupato il Presidente della Repubblica: quella del sottosegretario Vito Crimi in un’intervista al Fatto Quotidiano del 14 settembre e l’altra del vice premier Luigi Di Maio del 12 settembre.
La prima ha riguardato la riforma del sistema dei contributi all’editoria; la seconda il richiamo (ancora formale) a tutte le società pubbliche di non finanziare con la pubblicità i mezzi di stampa.
Aggiungiamo alla rassegna che con sua e-mail del 10 luglio il sottosegretario Crimi ci confermava in parte quanto scritto a Repubblica con lettera del 5 luglio.
 
 
Crimi ci ha scritto de “l’importanza che riveste il mondo della stampa, rappresentazione delle comunità locali, che senza sostegno pubblico non riuscirebbe a sopravvivere e che in taluni casi è l’unica fonte ‘di nascita’ delle notizie”. E, “l’importanza di rivedere l’efficacia del finanziamento al sistema editoria”.
Crimi ha ragione nel distinguere il sostegno dall’aiuto agli editori minori. Il primo è indispensabile per riequilibrare le distorsioni di mercato; il secondo sarebbe un deprecabile soccorso senza alcuna ragione di equità.
Nel mondo dell’editoria stampata italiana si sono formati due gruppi dominanti che raccolgono la maggior parte della pubblicità nazionale: Rcs, che al Corriere della Sera addiziona ben 21 quotidiani e Gedi, che a Repubblica e La Stampa addiziona ben 14 testate quotidiane.
Di fatto, un editore regionale o locale ha difficoltà a prendere una piccola particella della pubblicità nazionale fatta dai grandi investitori pubblici e privati, perché essa è di fatto già ripartita fra i due citati gruppi e altri tre o quattro quotidiani nazionali che comunque ottengono una parte marginale.
 
La pubblicità regionale nel Sud, e in Sicilia in particolare, è sempre più diminuita perché l’economia sta asfissiando. La vendita delle copie cartacee diminuisce, non sempre sostituite da quelle digitali.
In questo quadro, con una Legge che risale al 1990 (n. 250), ancora oggi vengono dati dei modesti contributi agli editori locali, salvo il caso di quattro testate nazionali e una meridionale. Tale contributo, liquidato in seguito di una istruttoria rigorosissima, i cui dati sono certificati da società iscritte alla Consob, è l’ossigeno essenziale per la sopravvivenza.
Gli editori dei grandi gruppi affermano di non ricevere contributi, ma dimenticano le decine di milioni che hanno ricevuto in base alla Legge 114/2014 sul prepensionamento dei giornalisti, nonché le agevolazioni telefoniche e quant’altro: cifre ben maggiori dei contributi liquidati agli editori regionali.
 
Vi è un’altra questione che mina la libertà di stampa attraverso l’asfissia economica, e cioè il continuo travaso della pubblicità dalla carta alla televisione. Quest’ultima si approfitta del mancato divieto di saturazione per fasce orarie, cosicché può ampliare a dismisura i propri contenitori.
E ancora, continua a permanere la miscela del controllo di editori di tv sulla carta stampata, il che costituisce una sorta di nebbia che non fa ben comprendere quali siano gli interessi che questi gruppi misti perseguono.
Infine, ultimo ma non ultimo, l’utilizzo dei quotidiani da gruppi imprenditoriali che se ne servono per gestire il loro business. Si dirà che i giornalisti dovrebbero garantire l’obiettività e la completezza dell’informazione, anche in base al Testo unico dei doveri del 27 gennaio 2016, tuttavia non sempre essi hanno la forza di opporsi all’indirizzo di un editore impuro il quale ha ben altro obiettivo (seguire gli interessi del proprio gruppo) che non l’interesse generale.
La tutela dell’informazione locale è la tutela della democrazia: guai a dimenticarselo.

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