Chiusi i casini dilaga l'ipocrisia - QdS

Chiusi i casini dilaga l’ipocrisia

Carlo Alberto Tregua

Chiusi i casini dilaga l’ipocrisia

martedì 25 Settembre 2018

Prostituzione a go-go da settembre 1958

La senatrice Lina Merlin, socialista e quindi teoricamente cultrice di diritti, si intestò l’iniziativa di far chiudere i 560 bordelli regolari, ove “lavoravano” 2.700 prostitute. Esse erano controllate dal punto di vista sanitario, non avevano bisogno di battere per la strada, non contribuivano al disordine pubblico come accade oggi.
La Merlin trovò subito d’accordo i democristiani, che, figuriamoci, in quell’epoca erano culo e camicia con la Chiesa di Roma. Quella Chiesa che in quegli anni, mediante il cardinale Ernesto Ruffini, arcivescovo di Palermo disse: “La mafia non esiste”. Ogni commento è superfluo.
In quell’epoca, pruderie, ipocrisie, borghesismi e formalismi la facevano da padrone. Non era ancora arrivata la minigonna, inventata da Mary Quant nel 1967, né la rivoluzione del sessantotto. Ma dietro le quinte del perbenismo se ne facevano di cotte e di crude, come è sempre accaduto e come sempre accadrà.
 
I panni sporchi si lavavano in famiglia, il mormorio era basso ma costante, tutti sapevano di tutti, l’importante era che non si dicesse.
Comprensibile il clima di sessant’anni fa. Non è più comprensibile oggi, quando in tutte le nazioni civili la prostituzione è legale, tutela le donne e, fra l’altro, i loro redditi vengono tassati contribuendo così alla ricchezza del Paese.
La prostituzione legalizzata è indice di ordine. In tal modo, i cittadini sanno quali sono i luoghi ove essa viene esercitata e poi scelgono se frequentarli o meno. Tutto chiaro, non come accade oggi quando per le strade delle città vi sono eserciti di prostitute e di prostituti, le malattie dilagano, le prime sono oggetto di vessazione da parte delle organizzazioni criminali, molte di esse vengono importate da altri Paesi per diventare qui schiave dei criminali.
Tutto questo è disordine, è confusione, è un modo per gettare una sorta di inciviltà nel vivere comune. Prostituzione e corruzione sono nate con l’uomo e con esso periranno, forse fra qualche miliardo di anni, o forse prima. L’importante è tenerle sotto controllo, con leggi semplici ma ferree e con organismi che tengono sempre i riflettori accesi sui due fenomeni che inquinano l’umanità.
 
Non sappiamo quale sia peggiore fra prostituzione e corruzione, probabilmente la seconda, perché essa è vasta e permea tutti i gangli della società, fra cui la Pubblica amministrazione, crea distorsione di ogni genere, penalizza i bravi e favorisce i furbi.
La prima riguarda soltanto l’ambito privato di ogni cittadino o cittadina, che dentro le proprie mura, senza dare alcun nocumento all’esterno, può fare qualunque cosa. L’importante è non danneggiare il prossimo.
Ordine e metodo dovrebbero essere i cardini di una Comunità che funziona bene, laddove prevalgono i doveri e vengono rispettati i diritti, ma soltanto dopo i primi.
Purtroppo, nel nostro Paese, e soprattutto nel Sud, non vi sono né ordine né metodo: il casino, questo sì, è diffuso, i furbetti sono tanti, chi può arraffare, arraffa infischiandosene del prossimo.
 
Quella che precede non è la fotografia dell’Iperuranio, bensì della realtà che tutti i giorni viene portata all’opinione pubblica da giornali, radiotelevisioni e social. In questi ultimi ormai gli internauti si sono scatenati: scrivono qualunque sciocchezza senza la minima riflessione e spesso senza connessione con grammatica e sintassi, ritenute ormai desuete e superate.
Il nostro commento non è sociologico, bensì vuole essere il tentativo di far riflettere i pazienti cittadini i quali a cadenze prestabilite si trasformano in elettori, delegando alcuni candidati a occupare i seggi istituzionali che poi governeranno il Paese.
Ma se i cittadini non possiedono cultura, si fanno infinocchiare facilmente dagli imbonitori nelle campagne elettorali, scelgono con la pancia e non col cervello e creano una classe dirigente politica di plastica, che usa come arma lo slogan, la frase fatta o la battuta.
Così si alimenta la confusione civica e non si consente di avere chiarezza sui reali interessi del Paese e su come soddisfarli in maniera efficace e obiettiva.
Riflettiamoci e agiamo di conseguenza, oppure teniamoci i miasmi senza lamentarci!

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