Il furbetto del cartellino abituale non ha attenuanti - QdS

Il furbetto del cartellino abituale non ha attenuanti

Serena Giovanna Grasso

Il furbetto del cartellino abituale non ha attenuanti

giovedì 27 Settembre 2018

Al centro della sentenza 38997 della Cassazione il caso di un medico processato per il reato di truffa aggravata. La falsa timbratura reiterata ha una rilevanza penale ai sensi dell’articolo 131-bis del Codice penale

PALERMO – Il medico che pratica per abitudine la falsa timbratura del cartellino viene condannato senza attenuanti alcune.
 
Al centro della vicenda disciplinata dalla sentenza numero 38997 della seconda sezione penale della Corte di Cassazione vi è il caso di un medico processato per il reato di truffa aggravata, poiché con artifici e raggiri aveva fatto marcare il proprio badge nell’orologio segnatempo ad altre persone e si era allontanato senza giustificazione dal luogo di lavoro, conseguendo così un ingiusto profitto.
Per queste ragioni, la Corte d’Appello di Lecce lo condannava alla pena di tre anni di reclusione e a 900 euro di multa. Il medico ricorre in Cassazione lamentando l’irrilevanza penale del fatto.
 
 
La difesa, rinviando alla giurisprudenza che considera penalmente sanzionabili solo le assenze che siano economicamente apprezzabili, evidenzia che la condotta de medico, considerato che il servizio era garantito, non avrebbe determinato alcun danno alla pubblica amministrazione.
 
Inoltre, la difesa del medico ha portato avanti il principio che la condanna sarebbe stata formulata senza una prova effettiva dell’assenza dall’ospedale, perché la Corte di Appello si sarebbe accontentata di verificare che in entrata o in uscita, cioè una sola volta  al giorno, il badge era stato marcato da un’altra persona. Ragionamento questo che “rimarrebbe monco e impedirebbe   di   addivenire alla dichiarazione di responsabilità del medico. La motivazione, peraltro, contenuta in una sorta di elencazione  di fatti, sarebbe del tutto carente”.
 
La Cassazione respinge tutte le ragioni del ricorso. I giudici spiegano nella sentenza che la Corte d’Appello ha correttamente escluso che “alla condotta posta in essere dal ricorrente possa applicarsi la causa di esclusione della punibilità di cui all’articolo 131-bis del codice penale. Ai sensi di tale norma la punibilità può essere esclusa solo se ‘l’offesa è di particolare tenuità’ e ‘il comportamento risulta non abituale’”.
 
Al contrario, nelle ipotesi in cui il soggetto evidenzia una sostanziale consuetudine a porre in essere comportamenti illeciti, il fatto non può ritenersi tenue e la punibilità non può essere esclusa.
 
La Cassazione aggiunge: “Al reato continuato può essere applicata la causa di esclusione della punibilità nei casi in cui emerga  una  unitaria  e  circoscritta  deliberazione criminosa, incompatibile con l’abitualità presa  in  considerazione  in  negativo dall’articolo 131-bis del codice penale”.
 
Inoltre, il numero di episodi oggetto della contestazione e l’indebita percezione di somme così conseguite, come correttamente evidenziato dalla sentenza impugnata valorizzando la rilevante durata delle assenze, non consentono di ritenere che il danno provocato sia economicamente non apprezzabile.
 
Dunque, la Corte di Cassazione conferma la condanna senza nessuna attenuante, evidenziando che il medico aveva posto in essere un modus operandi ‘abituale’ che costituiva un vero e proprio stile di vita e, sotto tale profilo, il mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità ex articolo 131 bis del codice penale è corretta e coerente applicazione della giurisprudenza di legittimità sul punto.

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