Rinascita periferie, arrivederci al 2020 - QdS

Rinascita periferie, arrivederci al 2020

Paola Giordano

Rinascita periferie, arrivederci al 2020

venerdì 28 Settembre 2018

Lo stop al Bando dedicato ha rinviato di almeno due anni gli interventi milionari previsti Importanti ripercussioni anche per ciò che riguarda la Sicilia e i 236 milioni promessi. Comuni sul piede di guerra: in arrivo azioni legali contro le decisioni del Governo nazionale. Alvano (Anci), “La nostra regione è tra quelle più colpite". Azzurra Cancellieri (M5s), "Sacrosante le proteste dei sindaci"

PALERMO – È ormai ufficiale: i fondi stanziati nell’ambito del Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle Città Metropolitane e dei Comuni capoluogo, istituito con la Legge 208/2015, sono stati bloccati. Almeno fino al 2020.
 
La sospensione delle 96 convenzioni del Bando periferie – firmate lo scorso 18 dicembre e diventate efficaci da marzo 2018 – è stata inserita in un emendamento al Decreto Milleproroghe che, dopo l’approvazione al Senato, ha ricevuto il sì anche dalla Camera.
Lo scenario che ne segue è ritenuto da molti catastrofico. Specie per le aree periferiche delle città siciliane che, ridotte da decenni in uno stato di degrado e disagio economico e sociale, dovranno dire arrivederci a oltre 236 milioni di euro.
 
Complessivamente, invece, i 96 Enti beneficiari del Piano di rilancio delle zone più disagiate e insicure delle aree urbane sparsi per tutta la Penisola potrebbero dover “salutare” ben due miliardi e 700 milioni di euro.
 
La retromarcia voluta dal Governo GialloVerde, infatti, rischia di penalizzare non soltanto, per via diretta, i Comuni capoluogo e le Città metropolitane che sono risultati beneficiari dei fondi previsti dal Bando periferie ma anche gli Enti locali che da quegli investimenti, indirettamente, avrebbero tratto un po’ di respiro. Perché gli interventi pianificati avrebbero avuto come conseguenza la rigenerazione di porzioni delle cosiddette aree urbane critiche – quelle periferiche – sia dal punto di vista strutturale sia, soprattutto, da quello socio-culturale.
 
Guardando alla Sicilia, se undici sono gli Enti locali firmatari delle convenzioni, l’impatto dello slittamento inciderà su un terzo dei 390 Comuni isolani. E lo farà da svariati punti di vista: primo fra tutti l’aspetto finanziario, perché gli Enti avevano già inserito gli investimenti assegnati nelle proprie programmazioni triennali delle opere pubbliche, avevano in virtù della certezza degli introiti assunto impegni di spesa e, in alcuni casi, già esplicato le gare e avviato i cantieri. Le Amministrazioni coinvolte dovranno in sostanza fare i conti con i loro bilanci. E non solo: esse dovranno infatti confrontarsi sia con il danno economico seppur temporaneo (salvo nuovi sviluppi), sia con la beffa. Perché quegli stessi Enti che avevano visto rendere effettive le convenzioni – ma fino almeno al 2020 si ritroveranno con un pugno di mosche – non hanno potuto sfruttare altre occasioni proprio in quanto beneficiari del Bando periferie.
 
Lo stop ai finanziamenti, inoltre, avrà ripercussioni occupazionali: la disposizione bloccherà progetti senz’altro complessi e ambiziosi, ma che avrebbero d’altra parte creato occupazione, oltre che sviluppo.
 
Di fronte a questo scenario dura è stata la posizione presa dall’Anci che, per protesta, lo scorso 20 settembre ha abbandonato il tavolo della Conferenza unificata, interropendo in tal modo i rapporti istituzionali con il Governo nazionale. Almeno fino a quando non verrà ripreso da parte di quest’ultimo, in base a quanto dichiarato dal pesidente Antonio Decaro ai giornalisti presenti al Ministero, il percorso per consentire la restituzione ai Comuni dei fondi per le periferie.
 
Una decisione forte quella dell’Associazione del Comuni che ha l’obiettivo di lanciare un messaggio ben preciso: “I sindaci – ha sostenuto in più di un’occasione Decaro – non si fanno prendere in giro”. E c’è chi, tra i primi cittadini italiani, ha rincarato la dose, annunciando azioni legali ai danni dell’esecutivo del premier Giuseppe Conte. Tra questi c’è il sindaco di Reggio Emilia, Luca Vecchi, seguito a stretto giro dal collega girgentino Lillo Firretto: “Sedici milioni sono stati scippati ai cittadini di Agrigento e 33 milioni d’investimenti complessivi sulla città sono stati bloccati dal Governo. Faremo causa per difendere il diritto degli agrigentini a un futuro di rinascita”. Come, probabilmente, faranno nei prossimi giorni anche altri amministratori.
 
La partita dunque è tutt’altro che chiusa. Quel che è certo è che per poter abitare in quartieri dignitosi e avere una qualità della vita migliore, i cittadini – specie quelli residenti nelle periferie – dovranno aspettare. Ancora.
 
La posizione di Mario Alvano
(segretario generale Anci Sicilia)
 
Con il sì della Camera, la sospensione de Bando periferie è diventata un dato di fatto. Cosa succederà adesso?
“Come è noto, la norma prevede uno slittamento dei finanziamenti al 2020. Ciò non significa eliminare i fondi ma vuol dire comunque incidere su un meccanismo complesso, quale è la macchina organizzativa dell’Ente locale, che prevede la possibilità di impegnare risorse per realizzare opere sia materiali, di ristrutturazione e di riqualificazione urbana, sia immateriali. Tutte comunque su aree particolarmente rilevanti dal punto di vista sociale. Tale scelta ha conseguenze sugli aspetti finanziari legati al bilancio e sugli aspetti tecnici connessi all’attività, nella prima fase della progettazione, degli uffici tecnici comunali. Oltre ai costi diretti, si deve tener conto infatti anche di quelli indiretti, vale a dire le risorse umane che per mesi si sono concentrate su quello che fino ad agosto sembrava un finanziamento certo. E lo hanno fatto sulla base di una tempistica, precedentemente concordata con la Presidenza del Consiglio, che ha indirizzato le priorità degli enti ma che adesso non sarà rispettata. Alcune opere previste erano infatti inserite in un determinato contesto temporale: penso al caso di Palermo, che aveva immaginato interventi legati alla mostra biennale Manifesta: trattandosi di un evento che finirà a ottobre e che non si ripeterà non avrà più senso realizzarli dopo la chiusura. Non solo: nel momento in cui si è aderito a questo bando, non ci si è dedicati ad altre opportunità, perché in alcuni casi l’esserne beneficiari precludeva la partecipazione ad altri bandi. Le macchine comunali si sono messe in moto sulla base di presupposti che oggi risultano smentiti. Le conseguenze di ciò ricadono anche sui soggetti che hanno cofinanziato i progetti: non è detto infatti che in base alla loro programmazione finanziaria saranno ancora disponibili nei prossimi anni. Il rischio dunque è anche quello di perdere il cofinanziamento. Tutto questo in sostanza rischia di avere appesantito inutilmente la macchina amministrativa”.
 
L’Anci cosa intende fare?
“La nostra regione è tra quelle più colpite sia dal punto di vista dell’entità dei finanziamenti che dal punto di vista dei Comuni coinvolti, che sono ben 117. Abbiamo preso sin da subito una posizione particolarmente decisa, condivisa a livello nazionale, perché crediamo che gli impegni vadano rispettati. Lo scorso giovedì si è assistito alla rottura delle relazioni diplomatiche tra l’Anci e il Governo: abbiamo abbandonato il tavolo della Conferenza unificata per far capire che i Comuni italiani non possono accettare questa scelta e per invitare, nelle prossime occasioni in cui ci sarà da prendere decisioni importanti, a non penalizzare più i comuni. Non è lì che bisogna intervenire per fare spending review. Non escludiamo quindi nessun tipo di iniziativa di protesta e al contempo, però speriamo in un ripensamento da parte del Governo”.
 
 
La posizione di Azzurra Cancelleri
(deputato del M5s alla Camera)
 
Qual è la posizione di una delle due forze governative in merito allo stop, seppur momentaneo, delle risorse per le periferie urbane italiane?
“Abbiamo condiviso la scelta presentata in Senato dalla Lega. L’emendamento è stato votato dalla maggioranza ma anche dalle opposizioni perché un intervento sul Bando periferie andava fatto in virtù della sentenza emessa dalla Corte costituzionale. Quando, dopo l’approvazione, iniziarono le proteste dell’Anci e dei sindaci, io e i miei colleghi deputati siciliani abbiamo raccolto le varie segnalazioni che lamentavano il fatto che la scelta di posticipare lo stanziamento delle somme avrebbe arrecato un danno alle amministrazioni locali e le abbiamo riportate al sottosegretario all’Economia, Alessio Villarosa, e al vice ministro dell’Economia e delle Finanze, Laura Castelli. Il presidente Conte si è fatto carico di trovare una soluzione che andasse incontro ai senatori che avevano presentato l’elemendamento e ai sindaci che avevano espresso le loro perplessità. È riuscito a trovare una sintesi che è stata rimandata non perché il presidente si fosse rimangiato la parola: ha chiesto solo qualche giorno in più per elaborare una proposta che non deve risanare solo l’aspetto economico ma deve contenere anche la risoluzione del problema contestato dalla Corte costituzionale. E che arriverà nel primo decreto utile”.
 
La partita non è quindi ancora chiusa ma alcuni Comuni, come quello di Agrigento, hanno annunciato che faranno causa al Governo…
“Credo che siano sacrosante le proteste dei sindaci perché ognuno deve rappresentare l’Ente e il territorio in cui è stato eletto. Resta il fatto come ci sia stato chi tra i sindaci si è posto con un atteggiamento propositivo – è il caso di molti primi cittadini che non hanno votazioni comunali imminenti – e chi invece ha subito attaccato, come molti amministratori che sono già in campagna elettorale. Nel calderone delle lamentele giuste ce ne sono alcune immotivate. Aspetto di avere i dati ufficiali, ma molti dei sindaci che si stanno lamentando hanno zero progetti esecutivi”.
 
Il rischio è anche di perdere i cofinanziamenti privati. Chi può assicurare che i cofinanziatori saranno ancora disponibili fra tre anni?
“Questa è, tra tutte le segnalazioni, quella che ci ha più colpiti perché è la più realistica. I progetti che prevedono i cofinanziamenti pubblico-privato saranno quelli più attenzionati. Il problema verrà sanato dando priorità a chi ha già un impegno con il settore privato e poi, mano mano che i Comuni andranno ottenendo i progetti esecutivi, si provvederà a finanziarli”.
 
Come ha interpretato il segnale dell’Anci di lasciare il tavolo della Conferenza Unificata?
“I sindaci, se si sentono colpiti, è giusto che protestino. Credo però che interrompere i rapporti fra istituzioni sia deletereo per tutti. Nelle precedenti legislature sono stati colpiti duramente gli Enti locali, ma non ho mai assistito a una protesta così accesa”.

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