Anche il silenzio è pieno di voci - QdS

Anche il silenzio è pieno di voci

Carlo Alberto Tregua

Anche il silenzio è pieno di voci

venerdì 28 Settembre 2018
Ognuno di noi è tentato di rispondere immediatamente a provocazioni o rispetto a situazioni che non condivide, dimenticando la regola delle dieci P, secondo cui prima di parlare bisogna pensare.
Purtroppo questa regola (prima pensare, poi parlare, perché parola poco pensata poco pesa) viene ignorata o non osservata dalla maggioranza delle persone, le quali ritengono di farsi ragione argomentando anche a casaccio e spesso alzando il tono della voce e utilizzando un comportamento aggressivo.
Tutti costoro seguono la regola secondo la quale vogliono avere ragione con la forza, invece, le persone intelligenti e colte, usano la regola opposta: usare la forza della ragione.
Sappiamo benissimo che quest’ultima spesso non funziona quando abbiamo di fronte interlocutori che ritengono di sopraffare il proprio interlocutore, ma questo comportamento non va messo nel conto dei rapporti civili.
 
Alla forza si risponde con la forza? Non credo. Alla forza si risponde con gli argomenti. Certo, se incontriamo un energumeno non c’è argomento che tenga. In questo caso non ci resta che chiamare il 112, anche se sappiamo che il soccorso non sempre è pronto per toglierci dai guai.
Se i rapporti fra le persone si confrontano sugli argomenti, anche il silenzio è un argomento, per quanto non espresso. Certo, non ci riferiamo al silenzio mafioso, pieno di sottintesi e di minacce, ma al silenzio intelligente che quasi parla perché costringe l’interlocutore a una riflessione derivante dal fatto che il proprio dirimpettaio non gli contrappone nessun argomento.
In questo caso il silenzio è una forza. Esso manifesta disapprovazione e, contestualmente, il non interesse a interloquire o a contrastare chi ritiene di usare le parole come arma e non come mezzo di comunicazione.
Per essere capaci di usare il silenzio come mezzo di interlocuzione, bisogna stare bene con se stessi, avere autostima e padronanza dei propri mezzi di elaborazione, oltreché la necessaria razionalità per capire quando sia opportuno usare argomenti contro argomenti, ovvero silenzio contro argomenti.
 
Quanto precede non si riferisce ovviamente alle chiacchiere dei quattro amici al bar, cui si riferisce la famosa canzone di Gino Paoli. Quelle sono parole spensierate, spesso divertenti, di persone che vogliono trovare ristoro nella leggerezza delle discussioni.
Ci riferiamo invece a quando le interlocuzioni sono serie e hanno per oggetto questioni che riguardano i rapporti fra cittadini, i rapporti fra membri della stessa famiglia, fra famiglie diverse e, in genere, riguardano le regole che devono essere eque e giuste, poi fatte rispettare da chi ha il dovere di non consentire la loro violazione.
Non tutti gli argomenti devono essere seriosi, anzi. Debbono essere seri, cioè avere solida base nella cultura e nei saperi e fonte nei libri dentro i quali si raccoglie la conoscenza.
Ma quanti sfogliano e, ancor più, leggono oggi i libri? Se ne vendono tanti ma spesso chi li ha comprati non ha la pazienza di arrivare fino in fondo.
Stare in silenzio o argomentare? Il buon senso ci fa decidere.
 
Parlare a vanvera si dice quando le questioni sono sconclusionate e senza basi, mentre occorre rigore per migliorare la qualità dei rapporti fra persone e quindi la qualità della vita. Anche nel comunicare occorre usare due regole strutturali: ordine e metodo.
Se noi addestriamo la nostra mente ad essere disciplinata avremo più probabilità di far valere le nostre tesi e ciò che riteniamo utile alla Comunità e a noi stessi. Quando invece ci lasciamo andare senza logica né preparazione, diamo aria alla bocca e apriamo le finestre della incomunicabilità.
Sì, perché quando si parla a casaccio si diventa incomunicabili, in quanto non si riesce e trasmettere un discorso compiuto che abbia un principio e una fine, la quale corrisponde all’obiettivo che ognuno di noi si dovrebbe porre quando inizia a parlare.
Si dirà: ma si può stare sempre sul binario del rigore? No, evidentemente. Si può ridere, scherzare e soprattutto usare l’ironia, che non sconfini nel sarcasmo, e che è il sale della vita.

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