Debiti per crescere, debiti per fallire - QdS

Debiti per crescere, debiti per fallire

Carlo Alberto Tregua

Debiti per crescere, debiti per fallire

martedì 02 Ottobre 2018
Il clamore mediatico che si è levato intorno alla manifestazione di giubilo dei pentastellati dal balcone di Palazzo Chigi e nella sottostante piazza è ingiustificato, sia perché non si capisce il motivo di tanto giubilo, da un canto, sia perché le linee della Nota di aggiornamento del Def, dall’altro, non si sono ancora tradotte nella legge di Bilancio 2019.
Sappiamo benissimo come la traduzione di intenzioni in norme di legge comporti anche notevoli sorprese. Ciò perché, anche se Salvini dice che dell’Europa “se ne frega”, non è pacifico che l’Italia possa sopportare una eventuale procedura di infrazione riguardo la propria legge di Bilancio, in quanto questo comporterebbe conseguenze molto pesanti sul piano finanziario per il nostro Paese.
Crediamo perciò che il ministro del Mef, Giovanni Tria, e la sua ombra, ministro per gli Affari europei, Paolo Savona, quando andranno a Bruxelles a spiegare le linee del Mef, probabilmente, faranno comprendere meglio i meccanismi che intendono effettivamente adottare.
 
Bisogna chiarire subito che il 2,4% di disavanzo per il 2019-2020-2021, comporta uno sbilanciamento di circa tre punti di Pil, cioè 41 miliardi per anno. Di essi, c’è un effetto trascinamento di circa venti miliardi per non far aumentare l’Iva (12,4) ed altre spese improrogabili già statuite dai precedenti governi (7,6 miliardi).
La differenza serve per il reddito di cittadinanza (10 miliardi) – che però assorbe il reddito di inclusione previsto da Gentiloni (2 miliardi) – il pensionamento di circa quattrocentomila giovanotti di 62 anni, che abbiano però 38 anni di contributi, e una piccola porzione di flat tax limitata a piccoli imprenditori con un tetto ancora non ben definito ma che dovrebbe essere intorno ai centomila euro. Poi, sono previsti 5 miliardi di euro per le infrastrutture e le opere pubbliche.
Se non funziona il quadro precedentemente descritto, sarà inevitabile il taglio proprio alle spese p er investimenti, quelle che hanno un coefficiente moltiplicatore fra cinque e dieci e che creano nuova occupazione.
Come si capisce, il quadro è mobile e quindi occorre prudenza nel fare le valutazioni.
 
La teoria di Salvini, secondo la quale uscendo cinque pensionati dal mondo lavoro, entrano cinque giovani, è del tutto destituita di fondamento se non si considera il quadro macroeconomico del Paese. La circostanza prevista può verificarsi in un ambiente in crescita, ma se esso rimane depresso, usciranno sicuramente cinque pensionati e magari entreranno solo uno o due giovani, perché in questo caso le aziende che si liberano di dipendenti, non avendo prospettive di crescita, non assumono.
L’altro asso sostenuto da Di Maio, cioè il reddito di cittadinanza, è fatto, dice lo stesso, per far aumentare i consumi e con essi il giro d’affari e l’occupazione: in poche parole tale reddito dovrebbe provocare un rialzo delle vendite dei prodotti per famiglie e imprese.
Il meccanismo previsto, stando alle prime agenzie, è intelligente: non verrà data la somma ai beneficiari, bensì una carta di credito che verrà utilizzata spendendo nel sistema commerciale. Ogni sportello detrarrà direttamente da tale carta l’importo speso fino all’esaurimento.
 
Un Paese o una famiglia può fare debiti per crescere oppure per fallire. Con essi si cresce se sono investiti in modo produttivo, si fallisce se sono utilizzati per spesa corrente, ricchi premi e cotillon .
Ma, come prima si scriveva, dobbiamo attendere di leggere le norme e aspettare l’esito del dialogo fra il governo italiano e Commissione Ue per cominciare a trarre conclusioni che oggi sarebbero premature.
Riteniamo perciò che occorra prudenza e che non si debba avere paura del nuovo (l’abbiamo già scritto). Se il governo e l’attuale maggioranza saranno capaci di realizzare quanto scritto nelle linee programmatiche del Def, non è escluso che i risultati sperati e previsti si possano raggiungere. Non è, quindi, la questione in sé che va attesa, ma il modo con cui essa troverà concretezza sul campo.
Non c’è dubbio che l’opposizione del Pd, ridotto a meno del 18%, e quella di Fi, ridotto al 10%, debba essere vigilante ed anche forte. Tuttavia, bisogna aver pazienza ancora qualche mese.

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