Dai rifiuti alla mobilità, soluzioni concrete - QdS

Dai rifiuti alla mobilità, soluzioni concrete

Rosario Battiato

Dai rifiuti alla mobilità, soluzioni concrete

venerdì 05 Ottobre 2018

Senza impianti energetici, l’Isola resterà una discarica a cielo aperto e senza Ponte sullo Stretto avremo solo traghetti inquinanti e treni lenti. Legambiente: “Puntare sulla differenziata”. Ma buona parte degli scarti non può essere recuperato

PALERMO – C’è l’ambientalismo dei “no senza se e senza ma”, molto noto in Italia per il suo contributo in negativo ai “costi del non fare” – l’Osservatorio di Agici finanza d’impresa ha calcolato in 600 miliardi di euro il peso specifico del mancato sviluppo di infrastrutture strategiche (strade, ferrovie, connessioni superveloci, infrastrutture energetiche etc..) da qui fino al 2030 – e quello più propositivo che tenta di abbinare sostenibilità e crescita del tessuto produttivo.
 
In Sicilia, quando si incrociano ambiente e sviluppo, si capisce subito che in ballo ci sono argomenti non da poco, a partire dal settore rifiuti che, in attesa della presentazione del Piano regionale atteso per dicembre, vede una crescita costante della raccolta differenziata, ormai oltre il 20%, secondo i dati della Regione, anche se resta ben definito il predominio della lobby delle discariche che fino al 2016 gestiva ancora circa l’80% dei rifiuti urbani isolani, più di 2 milioni di tonnellate all’anno.
 
Su questo fronte, da parte ambientalista, è netta la chiusura nei confronti dei termovalorizzatori, nonostante Paesi modello come Svezia, Belgio, Danimarca, Paesi Bassi e Germania mantengano percentuali di incenerimento comprese tra il 35 e il 50% (dati Ispra, rapporto rifiuti urbani 2017), ritenendo il recupero energetico un passaggio necessario – lo dice anche la normative Ue – per chiudere il ciclo e per produrre energia e calore. Tutto questo senza congelare la raccolta differenziata, visto che l’articolo 35 dello Sblocca Italia, adesso nel mirino del ministro Costa, si era orientato alla costruzione di nuovi impianti di termovalorizzazione in Italia, tra cui almeno due in Sicilia, ma basandosi sull’obiettivo del raggiungimento di una raccolta pari almeno al 65% nell’Isola.
 
Chiusure che restano anche sul fronte del Ponte sullo Stretto, sia sul versante dell’opportunità economica per le merci in arrivo da Suez, e quindi per le aziende, che sulla possibilità di ridurre l’inquinamento legato al traffico dei traghetti. La pensano diversamente i siciliani che sono stati coinvolti nella petizione online lanciata dal QdS nelle scorse settimane (si firma qui change.org/p/regione-siciliana-un-ponte-contro-l-isolitudine), che ha visto anche l’appoggio diretto di importanti rappresentanti del mondo produttivo, come Sicindustria.
 
Propositive, invece, le ragioni che arrivano sul fronte della bonifiche delle aree inquinate – nell’Isola le aree restituite agli usi legittimi sono ancora poche, lo dicono i dati dell’Arpa e del ministero dell’Ambiente – e sulla mobilità sostenibile, altro tema povero di un’Isola dove 7 isolani su 10 utilizzano il mezzo privato per spostarsi (dati Istat).
 
Intervista a Gianfranco Zanna, presidente Legambiente Sicilia
 
Gianfranco Zanna è il presidente regionale di Legambiente. La storica associazione ambientalista è protagonista di alcune delle battaglie strategiche che riguardano il futuro della Sicilia: dal Ponte sullo Stretto ai termovalorizzatori passando per la mobilità sostenibile e la bonifica dei siti inquinanti. Con Zanna abbiamo affrontato i punti nevralgici del dibattito isolano, ragionando su temi non esclusivamente ambientali.
 
La termovalorizzazione è un passaggio previsto dalla direttiva comunitaria (2009/98/CE) che fa riferimento alla gerarchia dei rifiuti che prevede, dopo prevenzione, riutilizzo e riciclaggio, anche il “recupero per altri scopi, come l’energia e lo smaltimento”. Legambiente da anni si batte contro la costruzione dei termovalorizzatori in Sicilia, può dirci perché non ci servono, qual è la vostra ricetta per uscire da un’emergenza che in Sicilia va avanti ormai da oltre due decenni e in che modo pensate di chiudere il ciclo dei rifiuti tagliando fuori le discariche?
“Ancora stiamo a parlare di inceneritori. È una tecnologia superata e antieconomica. Non li costruisce più nessuno e quelli che sono ancora in funzione cercano di rifiuti da bruciare. Fermo restando che comunque, per tutti i modi di gestione dei rifiuti c’è bisogno della raccolta differenziata, e quindi continuiamo a spingere per arrivare alle percentuali previste, gli inceneritori hanno la funzione di bruciare rifiuti e produrre calore e/o energia.
Siamo contrari alla loro realizzazione:
1) Perché i rifiuti non vanno bruciati, ma recuperati e riutilizzati;
2) Perché di tutto il calore che producono non sappiamo cosa farcene, visto che non siamo a Copenaghen né a Vienna. Inoltre pensare al teleriscaldamento da noi mi pare un po’ fantasioso;
3) Siamo per l’energia sia prodotta dalle fonti alternative, come il vento e il sole.
La nostra unica e ferma risposta a come uscire dall’emergenza rifiuti è quella di farla finita con le gestioni commissariali che hanno prodotto solo danni e spreco di risorse; passare a una gestione ‘normale’ e continuare a puntare sulla raccolta differenziata, recuperando i gravi ritardi accumulati a Palermo, Catania, Messina e Siracusa dove vivono un terzo dei siciliani”.
 
A dicembre si prevede la presentazione del nuovo Piano rifiuti della Regione siciliana. Come Legambiente avete partecipato alla sua redazione? E che cosa vi aspettate per il futuro dell’Isola?
“Non stiamo partecipato alla definizione del piano dei rifiuti. Non siamo stati mai chiamati. Non ci risulta che si stia procedendo a un percorso partecipato. Questo è un errore non indifferente. Evidentemente in Regione ci sono tante competenze. Mi resta il dubbio se conoscono bene i territori e cosa si muove in essi.
Comunque, ci aspettiamo che la Regione programmi gli impianti di gestione dei rifiuti di cui l’isola ha bisogno e individui dove farli; tenga conto dei progetti già presentati che aspettano di essere esaminati, in alcuni casi da mesi e mesi, uno scandalo, valutando se vanno bene e se sono conformi alle normative. Così si coinvolgono i privati, senza di loro risolvere il problema lo ritengo velleitario; verificare dove è possibile utilizzare le compostiere di comunità per gestire l’umido, ad esempio nei 200 comuni che hanno in Sicilia meno di 5 mila abitanti.
Per le grandi aree urbane, invece, riteniamo che un’ottima soluzione siano gli impianti di gestione anaerobica, dove dall’umido puoi ricavare compost per le nostre campagne sempre più aride e biometano da utilizzare per la trazione, per riscaldarsi o per cucinare. Fatto questo e solo dopo, disegnare i nuovi ambiti territoriali ottimali e non prima. La scelta di prevedere i loro confini coincidenti con le vecchie province è un errore”.
 
Un altro tema particolarmente scottante è quello del Ponte sullo Stretto. La sua associazione si è schierata in maniera contraria in diverse occasioni, ma si tratta soltanto di un’opposizione basata sull’esigenza di completare prima altre opere infrastrutturali nell’Isola (ferrovie, strade, etc…), oppure ci sono anche ragioni di tipo ambientale e di sicurezza?
“Ma c’è qualcuno che ancora crede alla bufala del ponte sullo Stretto di Messina. Ma chi passa ancora dallo Stretto usando un’autovettura o un treno? Quanti sono e per quanto tempo lo fanno? Non vale assolutamente la pena spendere non so quanti miliardi di euro per un’opera che servirebbe un bacino ormai irrisorio di persone”.

E se ci fossero tutte le garanzie di sicurezza e una rete infrastrutturale all’altezza, non crede che il Ponte sullo Stretto, anche soltanto come infrastruttura ferroviaria, potrebbe far risparmiare tempo e ridurre l’inquinamento dei traghetti nello Stretto?
“Questo va al di là dei danni ambientali, dell’impatto paesaggistico in un sito storico e mitologico, dei problemi e dei pericoli legati a un’area altamente sismica. Non conviene economicamente costruire un ponte che risulterebbe inutile. Chissà quanti traghetti super veloci si possono costruire con gli stessi soldi per collegare la Sicilia con la Calabria. Investiamo su queste nuove tecnologie e che si possono realizzare in pochissimo tempo”.
 
In Sicilia esistono quattro siti di interesse nazionale (Biancavilla, Milazzo, Gela e Priolo), ma il processo di avanzamento delle bonifiche, secondo gli ultimi dati del ministero dell’Ambiente, è ancora lontano dall’essere completato. Quale deve essere il ruolo della Regione in questo iter?
“La Regione deve pretendere che ci siano tutte le risorse per realizzare le necessarie, indispensabili e non più rinviabili bonifiche. Ne va della salute dei cittadini”.
 
La mobilità sostenibile è ancora un sogno lontano in una Sicilia dove, secondo dati Istat, circa 7 abitanti su 10 preferiscono utilizzare il mezzo privato. Dove e in che modo bisogna investire per invertire questa pericolosa tendenza?
“Facendo i necessari investimenti, le risorse ci sono. E ‘rivoluzione culturale’ per cambiare stili di vita. Stiamo crescendo in consapevolezza e attenzione. I cittadini apprezzano sempre di più muoversi e spostarsi in modo sostenibile. Le amministrazioni pubbliche devono dare le opportunità e le possibilità: piste ciclabili, aree sempre più vaste di chiusure al traffico, autobus e soprattutto tram, potenziare le ferrovie. Una ricetta semplice per incrementare la voglia di lasciare a casa la propria automobile”.

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