Terremoti: Etna, ieri nuova scossa, si contano i danni - QdS

Terremoti: Etna, ieri nuova scossa, si contano i danni

Patrizia Penna

Terremoti: Etna, ieri nuova scossa, si contano i danni

lunedì 08 Ottobre 2018

Oggi scuole chiuse a Biancavilla per consentire i rilievi dei tecnici. Il sindaco di Adrano D'Agate, "Subito un Piano di evacuazione. Pensare anche a mettere in sicurezza i monumernti". La storia dei terremoti più terribili della Sicilia orientale negli ultimi mille anni

Una nuova scossa di terremoto intorno alle 21.50 di ieri tra Biancavilla e Adrano, dopo che la notte tra venerdì e sabato era stata colpita da un sisma di magnitudo 4.8.
 
Anche stavolta i cittadini si sono riversati in strada, anche se la scossa – così come confermato dalla sala operativa dell’Ingv di Catania – è stata decisamente meno forte della precedente, con una magnitudo di 2.5.
 
Stamattina intanto le scuole comunali di Biancavilla sono chiuse per consentire rilievi strutturali.
 
Lo aveva annunciato già ieri il sindaco, Antonio Bonanno, anticipando che "i doppi turni saranno inevitabili".
 
Il Comune di Biancavilla ha intanto chiesto alla Regione Siciliana il riconoscimento dello stato di calamità naturale con una delibera della Giunta consegnata ieri all’assessore regionale alle Infrastrutture, Marco Falcone, che, in visita a Biancavilla, ha assicurato che il Governo Musumeci "farà la propria parte".
 
Intanto il sindaco di Adrano Angelo D’Agate sta lavorando di concerto con la Protezione civile regionale per dotare la città – la più grande e antica di questo versante dell’Etna – di un piano di evacuazione in caso di calamità naturale.
 
"La forte scossa di sabato – ha spiegato – e la replica di ieri hanno sparso il panico tra la cittadinanza. Ecco perché ritengo opportuno, visto che l’Ingv ha sottolineato come il nostro sia un territorio a elevato rischio sismico, mettere a punto tutte le misure che potrebbero rivelarsi utili in caso nella malaugurata ipotesi di un terremoto di alta intensità. Dobbiamo pensare prima di tutto alla popolazione ma senza dimenticare il nostro straordinario patrimonio storico e artistico".
 
Adrano prende il nome dal dio siculo del fuoco e dei terremoti, Adranon, che rappresentava la forza dell’Etna. La città fu fondata, duemila anni fa, dai Siculi e fu la prima metropoli della Sicilia: popolatissima, per quei tempi, cinta da mura e che, attraverso il fiume Simeto, allora navigabile, commerciava con Fenici e Greci. Da allora nel suo territorio furono costruiti un imponente castello normanno, che ospita un importante museo archeologico, chiese e conventi, palazzi.
 
"Siamo – ha detto D’Agate – soltanto i custodi, per le generazioni future, di questi momumenti. E abbiamo il dovere di metterli al riparo anche dagli eventi sismici, che in Sicilia hanno causato morte e distruzioni".
 
Tra i terremoti più terribili che si ricordino in Sicilia orientale c’è quello del quattro febbraio del 1169, quando la provincia etnea, l’intera costa della Sicilia orientale e la Calabria meridionale furono travolte da un evento sismico catastrofico. La scossa raggiunse il X grado della scala Mcs, 6.6 Richter e l’epicentro fu individuato nel mare Ionio lungo la costa tra Catania e Siracusa.
 
Quindicimila furono le vittime, equivalenti alla quasi totalità della popolazione, ventimila considerando le cittadine adiacenti cioè i paesi principali della provincia e le città del Val di Noto, della Piana di Catania e della Val Demone. Catania, Lentini, Modica e Piazza Armerina vennero rase al suolo. Secondo fonti antiche, si verificò anche un’eruzione dell’Etna con crollo parziale del versante orientale.
 
 
Anche la città di Messina subì danni per un maremoto provocato dall’evento sismico, che ancora più intensamente colpì le coste ioniche della Sicilia risalendo per circa 6 km il corso del fiume Simeto.
 
La furia delle acque distrusse il villaggio di Casal Simeto che non venne mai più ricostruito.
 
Un elevato numero di fedeli e del clero catanese, compreso il vescovo della città, Giovanni d’Aiello, morirono sotto il crollo della Cattedrale di Sant’Agata mentre era in corso una funzione religiosa alla vigilia della festa di Sant’Agata che ricorre il 5 febbraio (la cosiddetta Messa dell’aurora).
 
Per questo il terremoto del 1169 è anche noto come Terremoto di Sant’Agata.
 
Il 3 ottobre 1624 Catania fu investita ancora da un terremoto (VIII Mcs, 5,6 Richter) con effetti distruttivi a Mineo (l’epicentro). Colpita un’area limitata fra i monti Iblei e la piana di Catania.
 
Ma fu l’evento sismico del dieci marzo 1669, seguito all’eruzione dell’Etna, quello con effetti distruttivi nel catanese in particolare a Nicolosi e preceduto da eventi sismici distruttivi il 25 febbraio e l’8 marzo.
 
Ma a caratterizzare la storia sismica e culturale della Sicilia è stato certamente il terribile terremoto dell’undici gennaio del 1693 che investì le province di Siracusa, Catania, Enna, Messina e persino, più marginalmente, Caltanissetta, Agrigento, Palermo.
 
Lo sciame sismico cominciò il nove gennaio, culminando con scosse di intensità 7.7 della scala Richter e interessando l’intera Sicilia, Calabria e isola di Malta, l’intera costa ionica siciliana.
 
Meglio conosciuto come Terremoto del Val di Noto, rase al suolo le principali città di quest’area che in alcuni casi, come Noto, appunto, vennero ricostruite in altri luoghi.
 
Dal terremoto si sarebbe avviata una fase di rinascita, con la realizzazione delle "città nuove" nello stile tardo barocco che sarebbe diventato Patrimonio dell’Umanità.
 
Ad investire Catania si ricordano anche il terremoto del venti febbraio 1818 (IX Mcs, 6.0 Richter) con epicentro ad Aci Sant’Antonio, con effetti distruttivi nel Catanese, alle falde dell’Etna e nei paesi della costa dello Ionio.
 
Poi un altro undici gennaio, quello del 1848, fu la volta di un evento sismico (VIII Mcs, 5.6 Richter) percepito in tutta la Sicilia e a Malta con epicentro nel golfo di Catania.
 
Augusta fu la città più colpita.
 
Danni a Catania e Siracusa.

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