Rischio sismico: il coraggio o la paura - QdS

Rischio sismico: il coraggio o la paura

Rosario Battiato

Rischio sismico: il coraggio o la paura

sabato 20 Ottobre 2018

Il governo Musumeci applichi il Protocollo lanciato dalla Fondazione Marilù Tregua nel 2013 incentivando la ristrutturazione di 1,3 mln di edifici con interessi sui mutui a carico della Regione. Comuni senza Piani di emergenza. Foti (Protezione civile): “Legge non consente di sostituirci ai sindaci”. FIRMA LA PETIZIONE

 
PALERMO – Il tema della sicurezza dei siciliani, in rapporto alle pericolosità conclamate dai potenziali eventi sismici a cui il territorio è esposto, si sviluppa lungo molteplici direzioni. In cima alla lista ci sono le criticità legate a un patrimonio edilizio isolano vecchio – il 30% è stato costruito tra il 1919 e il 1970 – e distribuito nelle aree a elevato rischio sismico: l’ufficio studi dell’Ance nazionale ha calcolato la presenza di 4,5 milioni di siciliani (355 mila nella prima fascia di rischio) e di 1,7 milioni di abitazioni occupate in edifici residenziali.
 
Un problema serio che non pare risolversi con le buone intenzioni del sismabonus, visto lo scarso tasso di utilizzo della una misura – come confermato nell’intervista in pagina da Giuseppe Piana, presidente di Ance Catania – che teoricamente garantirebbe degli incentivi, in termini di detrazioni fiscali dalle imposte sul costo complessivamente pagato, per quegli interventi che garantiscono adozioni di misure antisismiche e che cresce in rapporto alla gravità della classe di rischio dell’immobile.
 
Eppure, la strada è tracciata. L’Ance ha stimato che un’azione di messa in sicurezza del patrimonio edilizio isolano, considerando le prime tre fasce di rischio sismico, permetterebbe di attivare circa 14 miliardi di euro di investimenti, un tesoro di inestimabile valore per un’edilizia in sofferenza e una garanzia di maggiore sicurezza per tantissimi isolani. Soltanto nell’area etnea, secondo le stime di Fabio Tortorici della Fondazione Centro studi del Consiglio nazionale dei geologi, il 60% del patrimonio edilizio è stato costruito prima dell’entrata in vigore delle norme antisismiche.
 
Non è casuale che da più parti si stia lavorando di comune accordo per trovare una soluzione che metta assieme tutti i soggetti deputati a rilanciare un grande piano antisismico. L’Ance Catania, assieme ad altre sigle, ha lanciato il progetto #CataniaSicura mentre la Fondazione Marilù Tregua ha proposto, già nel lontano 2013, l’avvio di un protocollo antisismico (vedi in fondo alla pagina) per coinvolgere Istituti di credito, Università, imprese, ordini professionali, nel nome del rilancio del settore edilizio tramite l’efficientamento energetico e la messa in sicurezza del patrimonio edilizio isolano. Al momento del suo lancio pubblico, contava già l’adesione di 25 soggetti regionali, tra ordini professionali, Università e altri enti, con l’obiettivo di spingere l’Ars a formulare un disegno di legge per incentivare l’attivazione di credito per le ristrutturazioni, con interessi sui mutui a carico della Regione.
 
In particolare, il protocollo propone un’integrazione tra l’attività normativa dell’Ars, che dovrà valutare l’avvio della formulazione di una legge che preveda un percorso semplificato e agevolato per il rilascio delle autorizzazioni, e l’azione degli istituti di credito che avranno come compito la messa a disposizione dei finanziamenti necessari ai proprietari di immobili con pagamento delle rate fino a quindici anni.
 
Tra i punti del protocollo si prevede, inoltre, l’impegno della Giunta regionale nella formulazione di un disegno di legge da sottoporre al voto dell’Ars per lo stanziamento di un miliardo di euro in cinque anni quale contributo per l’intero ammontare degli interessi di ogni mutuo.
 
Un progetto, quest’ultimo, che adesso sarà messo a disposizione di tutti i siciliani che potranno appoggiarlo firmando una petizione lanciata dal Quotidiano di Sicilia e pressare, in questo modo, i politici regionali per attivare una misura di sostegno al rinnovamento edilizio.
 
L’ultimo fronte ancora aperto è quello dei piani comunali, visto che quasi un comune su due non ha ancora approvato il piano emergenza, rendendosi di fatto impreparato a tutti i rischi legati alle conseguenze di un’eventuale calamità naturale. Anche su questo punto il dipartimento regionale della Protezione civile, lo conferma Calogero Foti nell’intervista in pagina, è al lavoro per fornire alla Regione un dispositivo che consenta di esercitare un potere sostitutivo nei confronti dei sindaci inadempienti.
 


Giuseppe Piana, presidente Ance Catania, spiega perché la misura ha fallito nell’Isola
 
CATANIA – Giuseppe Piana è presidente della sezione catanese dell’Associazione nazionale dei costruttori edili (Ance).
 
Il cosiddetto sismabonus sembra avere, almeno sulla carta, le coordinate giuste per stimolare tramite delle agevolazioni gli interventi per migliorare la tenuta antisismica del patrimonio edilizio isolano. Dal suo punto di vista privilegiato, può farci un bilancio di questa misura nel territorio catanese e definirci le criticità che non ne facilitano la diffusione?
“Il sismabonus è un incentivo consistente e apprezzabile ma nel nostro territorio non ha trovato sostanzialmente alcuna applicazione: è palese a tutti i cittadini lo stato in cui si trovano gli immobili della città e la mancanza di cantieri volti alla loro riqualificazione e rinnovamento. Tre ordini di problemi possono esserne la causa.
Il primo è di carattere finanziario ed è legato alla modalità di erogazione dell’incentivo. Questo consiste nei fatti in una detrazione fiscale: lo Stato mi restituisce fino all’85% del costo in 5 anni consentendomi di trattenerlo dalle imposte pagate ogni anno. È necessario quindi l’anticipo delle somme per pagare i lavori e la capienza, in termini di reddito imponibile, per poter effettuare le detrazioni. Si è cercato di risolvere queste criticità con la cessione del credito – Ance e Deloitte hanno creato una piattaforma per facilitare questo scambio – ma, anche in seguito ai limiti posti dall’Agenzia delle Entrate, non risultano operazioni realizzate nella nostra provincia.
Il secondo è un problema di natura tecnico-economica legato alle condizioni degli edifici della città e al costo opportunità di un loro miglioramento sismico rispetto alla loro integrale sostituzione attraverso interventi di demolizione e ricostruzione.
Il terzo problema è la non applicazione nel nostro territorio del sismabonus fino all’85% sul prezzo di acquisto di case antisismiche derivanti da interventi di demolizione e ricostruzione. È un altro incentivo fiscale previsto solamente per le zone a rischio sismico 1, tra le quali incomprensibilmente non rientra Catania. Finanzia il totale rinnovamento dell’immobile da parte delle imprese di costruzione che potranno rivenderlo con un considerevole sconto. Dando un ruolo rilevante alle imprese questo tipo di incentivo può risolvere i problemi del sismabonus tradizionale”.
 
Come giudica l’idea di un protocollo antisismico che metta assieme, ognuno per la sua specifica competenza, Regione, enti locali, ordini professionali e imprese per favorire un vero e proprio piano antisismico?
È un’idea che abbiamo già attuato con la costituzione del tavolo #CataniaSicura che riunisce tutti i principali attori della filiera edile e i rappresentanti delle istituzioni con l’obiettivo comune di promuovere la sicurezza sismica degli immobili e delle infrastrutture della città. Siamo d’accordo sulla necessità di un piano antisismico condiviso: non sono sufficienti piccoli interventi puntuali su singoli edifici, ma bisogna puntare su un processo di rinnovamento complessivo del patrimonio edilizio. Tra le ultime azioni del tavolo la presentazione di una mozione per la modifica della classificazione sismica, da zona 2 a zona 1, della città di Catania. Sarebbe un segnale di presa di coscienza e consapevolezza del rischio, necessario per favorire l’investimento in prevenzione e innescare il piano di messa in sicurezza del territorio”.
 

 
Piani di emergenza: parla Calogero Foti, dg Protezione civile
 
PALERMO – Calogero Foti è dirigente generale del Dipartimento regionale della Protezione Civile.
 
I numeri del dipartimento nazionale dicono che un ente locale isolano su due non ha aggiornato il proprio piano di emergenza. Qual è la situazione aggiornata?
“Abbiamo da poco concluso una verifica generale, attualmente possiamo dire che i piani di protezione civile riguardano il 64% della popolazione siciliana e il 49% della superficie regionale”.
 
Cosa si può fare per spingere i sindaci a rispettare la legge?
“Continuiamo a diffondere circolari per ribadire l’importanza dei piani di protezione civile per gli scenari di rischio e per i modelli di intervento. La normativa in atto non ci consente di sostituirci ai comuni e ai sindaci che rimangono autorità locali di protezione civile”.
 
E quindi niente potere sostitutivo come avviene in altri ambiti?
“Abbiamo predisposto un disegno di legge per riorganizzare il servizio protezione civile che è stato consegnato al presidente della Regione per avviare il necessario iter legislativo. In questo testo abbiamo appunto inserito la possibilità del potere sostitutivo nei confronti di quei comuni che non sono in regola con la pianificazione”.
 
Quali misura state avviando per migliorare, in termini di prevenzione, la protezione del territorio?
“Attraverso la programmazione europea abbiamo determinato e portato avanti un progetto per la definizione della microzonazione sismica in quelle area che hanno un’accelerazione maggiore di 0,125g (peak ground acceleration, unità di misura della massima accelerazione del suolo indotta del terremoto misurata o prevedibile, ndr) per comprendere dove maggiori sono gli effetti di un sisma. Conclusa questa fase avremo definito delle priorità di intervento sulla base della maggiore vulnerabilità”.
 
L’Ance Catania ha proposto di far diventare zona 1 tutta la provincia di Catania. Le sembra condivisibile?
“Sarà l’Ingv a dover determinare l’accelerazione del suolo e a determinare delle variazioni su quelle che sono le attuali classificazioni sismiche. Ci siamo occupando anche di questo, consapevoli che stiamo facendo tutto quello che è nelle nostre possibilità”.
 

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