Riforma dell'editoria questione di metodo - QdS

Riforma dell’editoria questione di metodo

Carlo Alberto Tregua

Riforma dell’editoria questione di metodo

sabato 20 Ottobre 2018

Verso un nuovo sistema di sostegno

L’incontro che abbiamo avuto col senatore Vito Crimi, sottosegretario con delega all’Editoria, (leggi qui), è servito a chiarirci quali siano le sue intenzioni in relazione alla riforma complessiva dei contributi che si riversano sugli editori, e che sono diversi.
La nostra impressione, al di là del clamore suscitato da alcuni giornali per questioni di casta, è che Crimi voglia mettere le mani in un coacervo di norme che non sembrano obiettive, in modo da ottenere un nuovo sistema di sostegno all’editoria che tenga conto di principi di equità e di equilibrio.
Ci sembra evidente la necessità di sostenere gli acquirenti dei giornali, soprattutto quelli a carta stampata, attraverso gli abbonamenti. Più la carta stampata che il digitale, perché lo sforzo deve essere quello di mantenere la propensione a leggere i libri e non il digitale: dai primi si impara, dal secondo si disimpara.
è chiaro che il digitale è il mondo del futuro nel quale tutti si riverseranno, ma è anche chiaro che i testi cartacei consentono una riflessione durante la lettura che la scrittura elettronica non permette.
 
Per promuovere gli abbonamenti dei quotidiani su carta stampata e digitale occorrono campagne stampa e su di esse è possibile il contributo pubblico. Ma ciò non basta, occorre coinvolgere il sistema delle edicole, che sono un terminale molto importante della distribuzione.
Come? Trasformando il mezzo della consegna delle copie dalle Poste ai distributori. Cosicché l’abbonato ogni mattina è sicuro di poter ritirare la propria copia del quotidiano presso l’edicola indicata e non aspettare giorni per vedersela recapitare, magari sgualcita, da un ufficio postale che non ha interesse a mantenere questo servizio.
Ecco perché, altro punto, il contributo alle Poste può tranquillamente essere eliminato, con ciò venendo incontro agli editori che spendono molto di più con questo canale rispetto a quello della distribuzione.
I quotidiani hanno già aperto i loro siti online e ve ne sono alcuni che hanno milioni di click, perché hanno fatto cospicui investimenti. Sono i piccoli che non hanno la forza di farlo ed ecco perché occorre un sostegno finanziario che consenta loro di stare sul mercato, senza del quale non potrebbero.
 
Che gli editori piccoli e grandi, come qualunque altra impresa, debbano stare sul mercato con i propri mezzi, se ci riescono, è pacifico. Però non dipende da loro, ma dalle condizioni del mercato stesso.
Nel nostro panorama editoriale vi sono alcuni gruppi che rastrellano l’80 o il 90 per cento della pubblicità nazionale: non lasciano agli altri quasi niente. Non solo, ma attraverso i loro quotidiani o associati racimolano la pubblicità locale rendendo difficile a chi non sta all’interno del gruppo prendere l’altra pubblicità.
Cosicché l’editore indipendente, locale o regionale, a parte vendere le copie cartacee o digitali, non ha accesso in maniera adeguata al mercato della pubblicità nazionale e locale. Ecco perché si rende indispensabile il contributo diretto dello Stato per supplire a quella parte del conto economico che non è ottenibile non per incapacità imprenditoriale ma per la presenza di soggetti talmente grossi da essere opprimenti.
Nel dare il contributo diretto lo Stato ha il dovere di aumentare i controlli affinché sia determinato in base ai costi effettivamente sostenuti e in base alle copie effettivamente vendute (digitali e cartacce).
 
Oltre al contributo il Dipartimento dell’Editoria potrebbe prendere in esame forme di credito d’imposta sui nuovi investimenti, su campagne pubblicitarie al di là dell’attuale legge sulla pubblicità incrementale.
Il contributo diretto viene dato in atto a 54 testate di cui le prime sette assorbono la gran parte dello stesso. Poi ve ne sono altre piccole e microscopiche che hanno ragion d’essere. La ragione del contributo diretto non è entrare nel merito se una testata debba vivere o no, perché questa valutazione violerebbe la libertà di stampa, ma solo se sia utile che faccia una informazione seria, obiettiva e completa, ovviamente senza muovere alcuna forma di censura.
Complessivamente riteniamo che Crimi sia governante di buon senso e che voglia ricordare René Descartes, (Discours de la méthode, 1636). Che non abbia pregiudizi contro alcuno, che intenda riportare la contribuzione editoriale nell’alveo di un intervento obiettivo e saggio. Ovviamente attendiamo conferma.

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