Trasporto pubblico: ora di cambiare marcia - QdS

Trasporto pubblico: ora di cambiare marcia

Rosario Battiato

Trasporto pubblico: ora di cambiare marcia

giovedì 25 Ottobre 2018

Qualità dei servizi offerti dalle principali città dell’Isola sotto la media europea e italiana. Così i cittadini riempiono le città di mezzi privati, rendendo gli spostamenti impossibili. A Palermo, Catania e Messina le aziende pubbliche studiano strategie che puntino all’efficienza

PALERMO – La graduatoria che misura la qualità della mobilità sostenibile delle cinquanta città più popolose d’Italia, basata su dati reali come l’offerta di trasporto pubblico, il numero di passeggeri e il tasso di motorizzazione, vede le quattro isolane occupare la parte più bassa, piazzando la migliore, cioè Palermo, alla posizione numero 29 e poi tutte le altre a seguire, con Messina alla numero 37, Catania alla 41 e Siracusa alla 43. Lo rivela il rapporto Euromobility 2018, patrocinato dal ministero dell’Ambiente e rilasciato nei giorni scorsi, che di fatto conferma la pessima abitudine dei siciliani all’auto, fornendo inoltre utili dati per approfondire la vecchia polemica, divampata nei giorni scorsi, sul taglio dei fondi pubblici al trasporto regionale e sull’opportunità di una riorganizzazione. Numeri che, in ogni caso, attestano le difficoltà isolane nell’affermarsi come smart city: lo dicono anche i recentissimi numeri di ICity Rate 2018.
 
 
MEGLIO IL MEZZO PRIVATO – L’indagine di Euromobility, condotta sulle cinquanta principali città italiane (per la Sicilia ci sono Palermo, Catania, Messina e Siracusa), ha confermato tutte le specificità negative della mobilità isolana: Catania è tra le ultime cinque d’Italia per l’esagerato indice di motorizzazione delle autovetture (70 vetture/100 abitanti), con una media decisamente superiore rispetto a quella europea (49,8) e italiana (59,3). Anche le altre isolane si collocano oltre i due riferimenti comunitari e nazionali, soltanto Palermo si colloca di pochissimo più in basso rispetto al dato nazionale.
 
RECORD DI AUTO INQUINANTI – Numeri che, incrociati con la qualità del parco auto, delineano un quadro particolarmente tossico per i polmoni dei cittadini siciliani: nelle ultime dieci città nazionali per peggiore standard emissivo delle automobili si collocano tutti i centri isolani. Catania è addirittura penultima (poco meno del 60% tra Euro 0 ed Euro 3, solo Napoli riesce a fare peggio) ma anche le altre tre confermano quasi la metà del parco automobilistico nei quattro livelli più bassi. La classifica si rovescia quando si prendono in considerazione le autovettura a basso impatto (metano, gpl, elettrico-ibrido).
 
I PRIMATI NEGATIVI DEL TPL – Nelle quattro città siciliane considerate nello studio, l’offerta di trasporto pubblico è ridotta al lumicino. Milano, con quasi 16 mila posti-km/abitante, è la regina del Tpl nazionale, seguita da Venezia (oltre 11 mila) e Roma (poco meno di 7 mila). Per recuperare la prima delle isolane bisogna scivolare alla posizione numero 33: si tratta di Palermo e raggiunge faticosamente quota 2 mila. Poco meno riesce a fare Catania, mentre Messina e Siracusa si piazzano tra gli ultimi dieci posti. Non è un caso che la graduatoria della domanda di Tpl veda poi Palermo, Messina e Siracusa negli ultimi dieci posti e Catania di poco fuori dalla parte meno nobile della classifica.
 
LA POLEMICA SUL TAGLIO DEI FONDI – È stata Asstra Sicilia, che rappresenta le aziende del trasporto pubblico locale e regionale a capitale pubblico e a capitale privato che coprono oltre il 70% della spesa nel bilancio regionale, a riprendere il tema dei tagli, rispondendo a una dichiarazione di Stefania Campo del Movimento 5 stelle che aveva definito il trasporto pubblico isolano come un “far west” per la presenza di un esborso, da parte della Regione, di 74 milioni di euro per la porzione extraurbana e di 82 per quella urbana. L’esponente pentastellata aveva inoltre denunciato “corse speciali a tariffe diverse anche sulla stessa tratta, duplicazioni di corse con compagnie differenti e paesi totalmente scoperti, pubblicazione di orari difformi tra il sito della Regione rispetto agli orari realmente applicati, autisti oberati di lavoro e caricati di mansioni improprie, viaggi fantasma e nessun ispettore regionale a vigilare che le aziende rispettino il contratto con Regione Siciliana”. Per l’associazione dei trasportatori isolani, che ha sottolineato la presenza di tecnologie di controllo flotte a seguito di obbligo imposto con le ultime proroghe e ha rispedito al mittente le accuse di connivenza, a incidere sulla copertura dei collegamenti ci sono i tagli “perpetrati in precedenza dalla Regione e confermati dall’attuale Governo – ha spiegato Claudio Iozzi, presidente Asstra Sicilia – di oltre il 50% negli ultimi 6 anni, esistono località penalizzate e senza adeguati servizi di collegamento”.
 
LE SICILIANE MENO INTELLIGENTI – Tutti questi fattori fanno sì che le città isolane non brlinnino per smartness, visto che proprio l’indice di “mobilità sostenibile”, misurato da ICity Rate, il rapporto di Fpa, presentato nei giorni scorsi, è uno dei tasselli fondamentali per calcolare lo stato di progresso raggiungo dai 107 comuni capoluogo dello studio. All’interno del rapporto 2018, l’indice di mobilità sostenibile è il “più complesso tra quelli elaborati essendo costituito sulla base di quattordici diversi indicatori, tutti di scala comunale” che di fatto misurano gli “sforzi compiuti e le innovazioni introdotte per contenere le fisiologiche dinamiche di congestione che caratterizzano le realtà urbane di maggiore dimensione e attrattività”. Non è un caso che ci siano quattro siciliane tra le ultime dieci, con Siracusa, la migliore, nella posizione numero 67, seguita da Catania alla numero 78 e poi da Palermo alla 81. Queste tre confezionano un podio siciliano abbastanza misero.
 
L’Amat di Palermo e quei conti che non tornano
 
PALERMO – Non tira una buona aria per il trasporto pubblico locale nel capoluogo regionale. L’Amat, la partecipata del Comune che gestisce autobus, tram e car sharing, patisce da anni una difficile tenuta dei conti, al punto che la scorsa estate si era addirittura messa in dubbio la stabilità dell’azienda. I numeri circolati, del resto, non sono proprio incoraggianti, come i 6,4 milioni di perdita registrata nel 2017.
L’ultimo capitolo in ordine di tempo è stato scritto nei giorni scorsi, quando una nota del Movimento 5 stelle di Palermo ha messo in risalto alcuni passaggi critici dello schema di Rendiconto del 2017. In evidenza proprio la situazione del trasporto locale: “La questione annosa da affrontare – hanno evidenziato i pentastellati – è sempre quella del disallineamento con le società partecipate e in particolare con l’Amat Spa”.
Al lavoro sul futuro del trasporto pubblico locale palermitano c’è l’amministratore unico di recente nomina, Michele Cimino, che all’inizio di ottobre ha annunciato in una nota l’immissione in servizio di operatori di esercizio e di personale di officina. Per Cimino l’Amat è un’azienda sana e un patrimonio dei palermitani da tutelare. Mentre i sindacati, intervenuti sul punto, hanno sottolineato un deficit causato dall’assenza di determinati introiti che il Comune avrebbe dovuto garantire.
 
A Catania si lavora per un rilancio generale dell’Amt
 
CATANIA – Nel centro etneo è già partita la nuova gestione dell’Amt targata Giacomo Bellavia, nominato presidente del Cda da circa un mese. Si lavora, in particolare, per verificare la situazione societaria – ha dichiarato in un’intervista rilasciata al QdS la scorsa settimana – e per rilanciare il servizio di trasporto urbano.
Priorità all’organizzazione, a partire dalla necessità di utilizzare a pieno organico il parco mezzi: “Negli ultimi mesi – ha spiegato il presidente dell’Amt – sono usciti appena settanta autobus su un totale di 110 programmati”. Ma c’è attesa anche per i nuovi mezzi. In totale sarebbero settanta, tra cui ben 42 nel breve periodo e 28 nei prossimi mesi. In corso c’è anche “una gara per ulteriori autobus e confido che, in pochi mesi, il servizio tornerà a buon livello”.
Insomma, si procede per step. “Stiamo lavorando intensamente – ha spiegato – per rilanciare l’azienda anche se siamo ancora in fase di ricognizione. Incontreremo a breve i rappresentanti del Comune per affrontare ogni altro aspetto, anche finanziario”.
Già, perché sono circa 28 i milioni di queo che Palazzo degli Elefanti dovrebbe riconoscere all’Azienda metropolitana trasporti. “Per quanto riguarda la situazione creditizia – ha concluso Bellavia – la Regione è più o meno in regola, mentre il Comune ci deve dare 28 milioni. Ma siamo abbastanza ottimisti sul fatto che non dovrebbero esserci problemi”.
 
Per l’Atm di Messina taglio dei costi migliorando i servizi
 
MESSINA – Amat posta in liquidazione per far nascere al suo posto una Spa pubblica. Sono questi gli orientamenti del nuovo Cda per l’Azienda trasporti, in linea con quanto scritto dal sindaco Cateno De Luca nel suo Salva-Messina, dove viene fotografata una situazione finanziaria definita disastrosa.
Secondo la relazione del presidente di Atm Pippo Campagna, l’azienda continua a produrre debiti, ha centinaia di contenziosi, buona parte con i dipendenti, esuberi in alcune aree e carenze di organico in altre. C’è il nodo dei bilanci non approvati in Consiglio dal 2012 e il problema del conto finanziario. Serve a poco, in questo quadro, che l’esercizio del 2016 sia stato chiuso con un utile di 188 mila euro. I debiti al 31 dicembre 2017 ammontano a oltre 65 milioni 653 mila euro, i crediti a 32 milioni 573 mila euro.
Necessario, dunque, tagliare i costi razionalizzando i servizi. “Occorre tarare tutto – ha spiegato Campagna – alla disponibilità finanziaria: il contributo del Comune è passato dai 17 milioni del 2012 ai 12 del 2017 ed è destinato a diminuire ancora visto che si sta rimodulando il Piano di riequilibrio”.
L’intervista integrale al presidente Pippo Campagna sarà pubblicata nell’edizione di sabato del Quotidiano di Sicilia.
Lina Bruno

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