In Sicilia nessuno tocchi le discariche - QdS

In Sicilia nessuno tocchi le discariche

Rosario Battiato

In Sicilia nessuno tocchi le discariche

venerdì 26 Ottobre 2018

La Regione continua a ignorare gli energimpianti, ma non tutto si può differenziare. Il nuovo Piano regionale fallito in partenza se punterà ancora sui siti inquinanti. Gli investitori scappano dall’Isola dove è impossibile scalfire il “sistema di potere.Il successo del sistema di gestione dipende soprattutto dalle percentuali di riciclo e quindi dall’esistenza di un’impiantistica in grado di sostenere la crescita della raccolta differenziata

PALERMO – La Sicilia prosegue nella grande rincorsa ai livelli di raccolta differenziata nazionali. La media italiana è ancora distante, nonostante la grande crescita, ma resta fondamentale il nodo legato al riciclo e al recupero energetico e termico, perché la raccolta differenziata non è funzionale senza gli impianti che permettono il riutilizzo dei rifiuti nell’ottica dell’economia circolare. In attesa del piano dei rifiuti, atteso per dicembre, il QdS ha fatto qualche calcolo, spiegando perché la termovalorizzazione resta indispensabile per chiudere un ciclo virtuoso di gestione del rifiuto.
 
 
Nel corso del 2018, la raccolta differenziata siciliana ha realizzato un salto magnifico, registrando, secondo i numeri diffusi dall’Ufficio speciale per il monitoraggio della raccolta differenziata, un dato pari al 36,3%, in netta crescita rispetto al 24,6% registrato a gennaio. Pur considerando che si tratta ancora di dati provvisori e con una copertura non totale (68,6%), si può tranquillamente parlare di un balzo in avanti di una certa rilevanza, che doppia l’ultimo dato ufficiale registrato dall’Ispra nel 2016 (15,6%). Numeri che in ogni caso continuano a certificare un distacco netto dalla media nazionale, che già nel 2016 superava il 50%, e anche dal target di legge previsto al 65% già qualche anno fa.
 
La crescita della raccolta dovrà comunque essere confermata dai dati ufficiali complessivi e relativi all’intero anno e molto dipenderà dalla risposta dei principali centri isolani, che sono particolarmente indietro. Nel mese di luglio, ultimo dato disponibile sul sito della Regione, Catania è arrivata ad appena il 7%, facendo registrare il peggior dato mensile dell’anno in corso. Palermo e Messina si sono attestate intorno al 15%, anche se non ci sono i dati dell’ultimo mese per nessuna delle due, e Trapani si trova grossomodo nella stessa fascia. Bene, invece, Agrigento, addirittura al 70%, seguita a a distanza da Ragusa, che ha superato il 40%, e da Caltanissetta (38,5%). Poi è la volta di Enna (36,9%) e più in basso troviamo Siracusa (24,2%).
 
Il successo del sistema di gestione, tuttavia, dipende soprattutto dalle percentuali di riciclo e quindi dall’esistenza di un’impiantistica in grado di sostenere la crescita della raccolta differenziata. E sul punto la Sicilia è ancora in ritardo, non a caso nei mesi scorsi la Regione aveva lanciato un avviso pubblico esplorativo per acquisire manifestazioni di interesse da parte dei privati in relazione all’installazione degli impianti mobili per il trattamento della frazione umida compostabile, un passaggio necessario – aveva dichiarato Salvo Cocina, dirigente generale del dipartimento Acque e Rifiuti, al QdS – per evitare che il blocco di qualche impianto potesse poi condurre al fermo l’intero sistema regionale. Eventi, del resto, che si sono manifestati in passati e che nessuno esclude che possano accadere di nuovo.
 
La Sicilia, secondo dati Ispra aggiornati al 2016, ha una quantità autorizzata per il compostaggio dei rifiuti pari a 345 mila tonnellate, un terzo in meno di quanto ne ha, ad esempio, a disposizione la Lombardia. E intanto i livelli crescono, anche per merito della differenziata: tra il 2015 e il 2016 si è passati da 112 mila a 201 mila tonnellate di frazione organica, con crescita del 78%.
In ogni caso, anche con una filiera del riciclo più avanzata, gli esperti dicono che non tutto si potrà riciclare e che in discarica bisognerà inviare soltanto la frazione residuale. In questo spazio si colloca la presenza degli impianti di valorizzazione energetica. Il nuovo sistema, in questo senso, dovrà essenzialmente limitare lo strapotere delle discariche che, ancora nel 2016, cioè per l’ultimo monitoraggio ufficiale dell’Ispra, detenevano circa l’80% della produzione dei rifiuti urbani dell’Isola, cioè più di 2 milioni di tonnellate.
 
Una consapevolezza che risulta ben evidente anche dalle prime informazioni che trapelano in vista del Piano rifiuti della Regione che sarà presentato a dicembre. Già nel piano stralcio dei rifiuti, definito negli scorsi mesi, si affronta il tema della riduzione dei rifiuti in discarica che, tra il 2019 e il 2020, dovrebbero passare a circa 1,5 milioni di tonnellate, ma nel futuro il taglio dovrà essere ancora più drastico.
 
Sul sito del dipartimento Acque e Rifiuti, nei giorni scorsi, è stata pubblicata la notizia dell’avvio di procedura Vas (valutazione ambientale strategica) per il nuovo Piano e in questo senso è stato rilasciato il Rapporto preliminare ambientale (Rpa) che contiene le coordinate di definizione del documento regionale, ribadendo che il riferimento resta la direttiva comunitaria 2008/98/CE.
 
Un passaggio che lascia aperte ancora tutte le possibilità: sebbene nessuno del governo regionale si sia ancora nettamente espresso nel merito in maniera netta, la gerarchia europea della gestione del rifiuto prevede, in ordine, prevenzione (riduzione della produzione di rifiuti), riciclaggio, recupero e trattamento e stoccaggio in discarica dei rifiuti non riciclabili e recuperabili. Non esclude, pertanto, il recupero energetico e termico che di fatto esiste in tutti i sistemi di gestione virtuosa presenti in Europa, con Paesi come Svezia, Belgio, Danimarca, Paesi Bassi e Germania che mantengono percentuali di incenerimento che sono comprese tra il 35 e il 50% (dati Ispra, rapporto rifiuti urbani 2017).
 

 
A Mazara persi 40 mln per un impianto
 
PALERMO – Il non fare continua a immobilizzare la Sicilia. L’ultimo capitolo si è aggiunto, nei giorni scorsi, a Mazara del Vallo, dove il sindaco Nicola Cristaldi ha denunciato che “impedire in Sicilia la nascita di impianti per la selezione e trasformazione dei rifiuti è un atto criminale”. Il riferimento corre ai 40 milioni di euro potenzialmente indirizzati in Sicilia – ha aggiunto – e “in particolar modo nel territorio di Mazara del Vallo” e che invece “saranno destinati altrove a causa di decisioni politiche e burocratiche che hanno fatto dichiarare la resa a imprenditori che non chiedono un solo centesimo di contributo e che investono denari propri”.
 
Nel mirino del primo cittadino c’è la vicenda dell’impianto per la trasformazione dei rifiuti denominato ‘The Best’ che dopo “5 anni di passaggi burocratici e di sentenze di tribunali” sembrava in procinto di nascere nella contrata San Nicola di Mazara del Vallo e che, invece, “l’ultimo parere, quello dell’Arta” ne ha impedito la realizzazione “senza fornire alcuna seria e tecnica motivazione”. Per Cristaldi “in Sicilia il sistema rifiuti non si tocca” e per il sindaco si tratta di un “immaginario cartello che invade la Sicilia sommersa da rifiuti in gran parte della sua estensione e senza impianti sufficienti allo smaltimento della spazzatura”.
 
Un passaggio doloroso che di fatto racconta la difficoltà di investire nell’Isola: “ci sarà pure qualcuno che verificherà tutti i passaggi di questa resa, che è il segnale dell’impossibilità di investire nel nostro territorio facendo cadere nel ridicolo chiunque lanci appelli per attrarre investimenti nella nostra terra”.
 
E Cristaldi non si stupirebbe nemmeno se “anche per questa situazione la Regione siciliana venisse condannata al pagamento di risarcimenti ultra milionari”.
 


Siti contaminati, uno su 10 a causa delle discariche
 
PALERMO – L’eredità delle discariche non passerà poi così facilmente. In tutta l’Isola ci sono 461 siti contaminati che sono stati mappati dall’Arpa in quanto si tratta di aree pericolose per il loro impatto ambientale perché, in seguito ad attività umane svolte o in corso, è stata accertata, sulla base della vigente normativa, “un’alterazione delle caratteristiche naturali del suolo da parte di un agente inquinante”. Per il 12% di questi casi si tratta di scorretta gestione delle discariche.
 
I siti isolani non bonificati pesano anche negli equilibri europei: lo conferma la procedura di infrazione comunitaria in relazione alla non corretta applicazione delle direttive 75/442/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui “rifiuti pericolosi” e 1999/31/CEE sulle “discariche”.
 
E spesso a sborsare per risanare i luoghi deve essere il pubblico. Il caso più recente nei giorni scorsi: la Regione, con una deliberazione del 12 ottobre, ha deciso di avviare gli ulteriori provvedimenti “relativi allo smaltimento del percolato” mediante intervento in via sostitutiva per lo smaltimento del percolato della discarica di Mazzarrà Sant’Andrea, sequestrata ormai quattro anni fa, per “l’urgenza e l’indifferibilità di provvedere alla salvaguardia della salute pubblica e dell’ambiente”. In questo senso si procederà con una spesa pari a a circa un milione di euro, tra il 2018 (530mila euro) e il 2019 (439 mila euro).

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