Nelle città siciliane una vita senza qualità - QdS

Nelle città siciliane una vita senza qualità

Rosario Battiato

Nelle città siciliane una vita senza qualità

mercoledì 31 Ottobre 2018

Dalle perdite della rete idrica alla gestione dei rifiuti, dai trasporti ai parchi attrezzati i comuni isolani restano in coda alla classifica di Legambiente. Catania tocca il fondo. La beffa: servizi pessimi e insostenibili, ma in bolletta paghiamo più che nel resto d’Italia

PALERMO – Ci sono cinque comuni capoluogo siciliani nelle ultime dieci posizioni della graduatoria sulla sostenibilità degli ambienti cittadini. Il 25esimo rapporto Ecosistema urbano di Legambiente e Ambiente Italia ha messo in filo 104 città italiane, basandosi su 17 parametri, analizzati con riferimento all’anno 2017 e raggruppati in cinque macroaree (aria, acqua, rifiuti, trasporti, ambiente, energia).
 
A guidare la classifica al contrario ci sono Catania e Agrigento, rispettivamente ultimo e penultimo posto, con Palermo, Siracusa e Trapani poco più in alto, mentre per trovare gli altri quattro è sufficiente salire poco più in alto, cioè tra la posizione numero 81 e la 86. Una situazione tragica gli isolani continuano a pagare in tutti i sensi: visto che a prestazioni più scadenti corrispondono anche costi maggiori del servizio.
 
È pari a 100 il numero di riferimento sancito dagli esperti che annualmente redigono il rapporto e che si riferisce a un ipotetico capoluogo in “grado di rispettare tutti i limiti di legge e di garantire una buona qualità ambientale per ognuno degli indicatori considerati”. Nessuno raggiunge la perfezione, ma qualcuno ci va molto vicino. Tra le prime dieci città d’Italia, il valore oscilla tra 67 di Bologna e il 78 di Mantova. In mezzo si trovano Macerata, Treviso, Belluno, Pordenone, Cosenza (unica meridionale), Trento, Bolzano e Parma.
 
Rispetto all’edizione dello scorso anno, ci sono le solite certezze – Mantova prima, Bolzano terza – e qualche salto in avanti – Bologna (+12), Cosenza (+8) – mentre le siciliane restano fedeli alla loro tradizione insostenibile. Catania, addirittura, riesce a fare peggio dello scorso anno e perde quattro posti, adagiandosi sul fondo della classifica, crolla anche Agrigento, penultima e di cinque posti indietro, e marcia del gambero anche per Siracusa (-2) e Trapani (-4), con Palermo che, pur posizionandosi alla numero 100, riesce comunque a recuperare una posizione. La migliore delle isolane, se così si può definire, è Caltanissetta, comunque fuori dalle prime 80, mentre il miglior salto in avanti è stato realizzato da Enna che ha recuperato ben 21 posizioni.
 
Davvero pochissime le note virtuose e sono proprio quei capitoli che non riguardano direttamente la gestione pubblica. Ad esempio: Trapani, Agrigento e Caltanissetta sono tra le prime dieci d’Italia per i bassi consumi idrici domestici. Merito soprattutto di una rete talmente scadente che non permette sprechi nelle case dei siciliani.
 
La graduatoria relativa alla dispersione di rete vede, infatti, Trapani alla posizione numero 86, col 54% di acqua erogata/immessa, e Palermo (52,7%), poi Siracusa (47,45), Catania (45,5%). Sempre nell’ambito idrico, resta irrisolto il problema della depurazione con i grandi centri, come Catania e Palermo, che si trovano tra le ultime cinque posizioni, con un dato che vale rispettivamente il 56 e il 61%. Una criticità che coinvolge anche comuni piccoli e medi dell’Isola, un tema che anche l’Ue ci tiene a ricordarci, con ben quattro procedure di infrazione che pendono sull’Isola.
 
Malissimo anche il trasporto pubblico, con tutte le isolane molto vicine al fondo della classifica e Messina, Palermo e Catania che, tra le città grandi, si trovano agli ultimi tre posti, con valori lontanissimi nel capitolo dei passeggeri del trasporto pubblico. In compenso sono elevatissimi i valori del tasso di motorizzazione (auto/100 abitanti), con il centro etneo che si spinge fino a quota 70, in compagnia di Ragusa e Agrigento, trovandosi tra le ultime quindici posizioni, e quasi assenti le piste ciclabili, con avanzamenti che ancora sono da considerarsi minimi rispetto ai dati presenti nelle altre città.
 
Il capitolo rifiuti resta notoriamente quello più esposto all’emergenza. A fronte della recente crescita regionale, secondo i numeri diffusi dall’Ufficio speciale per il monitoraggio della raccolta differenziata della Regione, la media isolana si è spinta fino al 36,3%, restano le difficoltà legate ai grandi centri. I dati di Legambiente non si discostano moltissimo da quelli aggiornati al 2018 e certificano la presenza di un grande centro come Catania al di sotto del 10%, mentre Palermo e Messina oscillano intorno al 15%.
 
Criticità per servizi che comunque devono essere pagati, anche se il tasso di evasione in Sicilia resta molto elevato. Ad esempio l’assenza del servizio idrico per tutto l’anno impone una spesa per un impianto aggiuntivo che l’Istituto Studi sul Consumo, legato a Federconsumatori, ha stimato, tra materiali ed energia necessaria, in 136 euro di costo in più all’anno per utenza. Costo da aggiungere alle bollette salatissime: l’ultima Indagine nazionale sulle tariffe 2016 del Servizio idrico integrato, realizzata da Fondazione Isscon, Anea e Federconsumatori, ha piazzato Agrigento, Caltanissetta, Enna e Ragusa (cioè quattro capoluoghi su nove) al di sopra della media sia nazionale (282 euro) che del Sud (255 euro).
 
Non si sta meglio con i rifiuti. Lo ha certificato l’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva che ha valutato la Tari isolana per una famiglia media (tre persone, reddito lordo 44.200 euro, casa di proprietà di 100 mq) pari a 381 euro, cioè 84 euro in più rispetto al dato nazionale. E dove il sistema funziona, il dato è ancora più contenuto: 193 in Trentino, 229 in Veneto e Lombardia. Tra le dieci città più care ci sono Siracusa (486 euro), Catania (427 euro) e Messina (413 euro).

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