Omesso versamento dell'Iva: se sotto i 250mila euro non è reato - QdS

Omesso versamento dell’Iva: se sotto i 250mila euro non è reato

Antonino Lo Re

Omesso versamento dell’Iva: se sotto i 250mila euro non è reato

giovedì 01 Novembre 2018

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 46953 del 2018. Soglia di punibilità: l’imposta evasa va considerata senza gli interessi eventualmente dovuti

MILANO – L’imposta evasa ai fini del superamento della soglia di punibilità, in tema di reato di omesso versamento Iva, va considerata senza gli interesse trimestrali eventualmente dovuti. Questa è la conclusione della III sezione della Cassazione con la sentenza 46953 con cui è stata annullata, senza rinvio, una condanna penale per il reato di cui all’articolo 10 ter del Decreto legislativo n. 74/2000, ovvero per l’omesso pagamento dell’imposta Iva per un ammontare di 250.808,00 euro.
 
Un contribuente era stato condannato in appello, ma ha deciso di ricorrere alla Suprema Corte lamentando un errato calcolo dell’imposta dovuta e di conseguenza il mancato superamento della soglia di punibilità. Nella specie, l’Iva a debito era di soli 248.325,00 euro mentre l’ulteriore importo considerato per il raggiungimento della soglia, di 2.483,00 euro, era, in realtà, relativo agli interessi. Secondo la difesa, dunque, occorreva verificare solo il valore dell’imposta senza considerare gli interessi.
 
La Cassazione inizialmente ha fatto presente che con l’art. 10 ter del d. lgs. n. 74 del 2000 (come modificato dall’art. 8 del d. lgs. 158 del 2015) il limite per la configurabilità del reato è di € 250.000,00: “è punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta”. In questo caso la somma omessa è di soli € 248.325,00 di imposta evasa; manca l’elemento oggettivo del reato di omesso versamento di Iva, che si configura solo per omessi versamenti superiori ad € 250.000,00.
 
Secondo la Suprema Corte “nel calcolo dell’imposta – si legge nella sentenza – quindi devono certamente detrarsi gli interessi pagati per il versamento trimestrale, conteggiati nella dichiarazione al rigo Vl 36 in € 2.483,00; conseguentemente la somma dovuta per l’imposta Iva è di € 248.325,00 (sottosoglia) risultante dal rigo Vl 32, mentre quella considerata dalla sentenza impugnata è di € 250.808,00, del rigo Vl 38. La somma del rigo Vl 38 (espressamente indicata nella sentenza impugnata, in relazione all’importo ed al rigo Vl 38 della dichiarazione) è relativa sia agli interessi e sia all’Iva.
L’omessa proposizione del motivo in appello non è rilevante in quanto il non superamento della soglia di punibilità esclude la stessa sussistenza del reato – parziale depenalizzazione – ed è quindi rilevabile d’ufficio, o in sede esecutiva ex art. 673, cod. proc. pen.”.
 
Dunque, alla data odierna l’omesso versamento di somme inferiori a 250.000,00 euro non è (più) previsto dalla legge come reato, sicché ove dovesse contestarsi, oggi, l’omesso versamento di somme per importi inferiori alla nuova soglia, la formula di proscioglimento – come sopra visto – sarebbe “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”, che il giudice può adottare senza nemmeno accertare la corrispondenza al vero del fatto così contestato. In questo caso nel reato di omesso versamento il superamento della soglia di punibilità dell’Iva non configura – conclude la sentenza – una condizione oggettiva di punibilità, bensì un elemento costitutivo del reato, con la conseguenza che la sua mancata integrazione comporta l’assoluzione con la formula ‘il fatto non sussiste’”.

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