Ponte, da quattro ore a quaranta minuti - QdS

Ponte, da quattro ore a quaranta minuti

Carlo Alberto Tregua

Ponte, da quattro ore a quaranta minuti

sabato 03 Novembre 2018

Hong Kong-Macao 55 chilometri

È stato dato poco rilievo all’inaugurazione del ponte che ha unito Hong Kong a Macao, tutto costruito sul mare, della lunghezza di ben 55 chilometri, che è costato 20 miliardi di dollari.
Dal 24 ottobre, giorno in cui Xi Jinping, numero uno della Cina, ha comunicato l’apertura al traffico dell’infrastruttura, Hong Kong e Macao sono unite da un collegamento che consente di percorrerlo tutto in meno di 40 minuti invece delle quattro ore necessarie per il traghettamento.
La Cina sta puntando su tre assi fondamentali per il suo sviluppo: la decarbonizzazione e cioè il minore sfruttamento dei giacimenti di carbone che fornivano energia, oggi ridotta dal 78% al 58%.
Ciò è stato possibile perché l’energia di cui la Cina ha fame viene prodotta in grande quantità da fonte rinnovabile. Resta fermo che il Paese asiatico continua a rimanere il più grande inquinatore dell’atmosfera del Globo. Tuttavia non si può non apprezzare lo sforzo enorme che sta facendo per sopperire a questa grave situazione.
 
L’altro asse su cui punta lo sviluppo della Cina è la ricerca e l’innovazione. Ogni anno vengono inaugurate decine di nuove università e viene sostenuto anche finanziariamente l’elevazione del grado culturale di quel popolo nelle scuole. Inoltre viene destinata un’importante parte del Pil alla ricerca e quindi alla capacità di brevettare le innovazioni.
Il terzo asse del Paese asiatico è nato dalla costruzione di infrastrutture, strade ferrate con treni ad alta capacità, nuovi porti, modernizzazione di quelli esistenti, aeroporti ovunque, autostrade che consentono il movimento di persone e merci, alla base di qualunque sviluppo economico.
Si dice che il Pil della Cina rallenti, ma nell’anno corrente è previsto l’incredibile aumento del 6,5% consentendo così il suo consolidamento al secondo posto nel mondo dopo quello degli Usa.
Come si vede il quadro macroeconomico di quel Paese è teso alla crescita ed all’occupazione, anche se non si può sottacere che il prezzo pagato da quel miliardo e trecentomila cinesi è la carenza di diritti civili e politici. Ma è solo concentrando il potere in poche mani illuminate che si possono registrare questi indici di sviluppo.
 
Com’è triste paragonare questo quadro luminoso con l’Europa e peggio con il nostro Paese e ancora di più con il nostro Meridione.
Da noi i governi degli ultimi venti anni si sono preoccupati di consolidare i poteri forti omettendo la via fondamentale dei tre assi prima citati: energia, ricerca e innovazione, infrastrutture. Da noi il petrolio la fa ancora da padrone. Il Gse non accetta energia prodotta da fonti rinnovabili e non si capisce per quale motivo.
Da noi le università abbassano continuamente il livello della loro qualità: sulla ricerca è investito all’incirca l’1% del Pil contro una media europea del 2%; nel nostro Paese, il numero dei brevetti è molto basso, sempre rispetto alla media europea, e le infrastrutture sono avversate da tutti i signor No che non capiscono una mazza sotto questo profilo. Senza infrastrutture non c’è sviluppo, non c’è crescita, non c’è occupazione.
 
Mario Monti fu chiamato nel 2012 a gran voce a presiedere il Consiglio dei ministri per rimettere in sesto i conti del Paese. Lo fece molto bene, anche se non poteva contemporaneamente puntare allo sviluppo. Poi dal 2013 al 2018 abbiamo avuto i tre governi a guida Partito democratico con la manovra clientelare degli 80 euro (10 miliardi a cascata di Renzi), nonché l’introduzione del Reddito di inclusione con il quale sono stati distribuiti 1/2 miliardi ai cosiddetti poveri, senza controllare se lo erano effettivamente.
Ma niente infrastrutture al Sud e solo consolidamento di quelle importanti (Tav, Valico, Brennero, Mose, nonché Tap in Puglia).
Per il resto vuoto assoluto. Per esempio per le strade provinciali che dovrebbero essere manutenute, ma per carenza di risorse finanziarie vengono chiuse uno dopo l’altra perché impraticabili.
C’è poi la grave lacuna delle norme antisismiche, prima fra le quali l’obbligo di assicurarsi contro i sismi per tutti i proprietari d’immobili abitativi e commerciali. Una omissione insensata.
Il 4 marzo si è voltata pagina, ma ne stiamo leggendo tante preoccupanti.

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