Il Fisco "apre" al contribuente: come funziona il "dialogo" preventivo - QdS

Il Fisco “apre” al contribuente: come funziona il “dialogo” preventivo

Salvatore Forastieri

Il Fisco “apre” al contribuente: come funziona il “dialogo” preventivo

giovedì 08 Novembre 2018

Il contraddittorio endoprocedimentale precede la notifica dell’avvio di accertamento. Ma secondo la Corte di Cassazione non è obbligatorio in materia di tributi locali

ROMA – Secondo la Cassazione, anche in materia di tributi locali il contraddittorio endoprocedimentale non è obbligatorio.
Diverse volte abbiamo parlato, dalle pagine di questo quotidiano, del così detto “contraddittorio endoprocedimetale”, ossia dell’opportunità, se non della assoluta necessità, ed in qualche caso dell’obbligo legislativamente previsto, dell’avvio, prima della notifica dell’avvio di accertamento, di una contraddittorio con il contribuente interessato: una procedura estremamente importante al fine di rendere il dialogo tra Fisco e contribuente non solo maggiormente efficace, ma anche, e forse principalmente, a rendere l’accertamento più aderente al principio di capacità contributiva sancito dalla nostra Costituzione (art.53).
 
È una procedura prevista, peraltro, dallo Statuto dei Diritti del Contribuente il quale, al sesto comma dell’articolo 12 (legge 212 del 27 luglio 2000), stabilisce espressamente un contraddittorio prima della notifica dell’avviso di accertamento, dopo il rilascio da parte degli Organi verificatori della copia del verbale di chiusura delle operazioni di controllo. Tale disposizione, oltre a prevedere la possibilità del contribuente di formulare, per la valutazione dell’ufficio, entro il termine di sessanta giorni dalla data di consegna del verbale, “osservazioni e richieste”, stabilisce pure che l’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del citato termine, salvo i casi di particolare e motivata urgenza.
 
Per la verità, anche l’Amministrazione finanziaria ha riconosciuto l’importanza del dialogo preventivo. In Sicilia, per esempio, la Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate della Sicilia ha ritenuto di intervenire sulla questione e, con una iniziativa tanto pregevole quanto tempestiva, e tenendo conto pure di quanto emerso nel corso delle riunioni del “Tavolo della Compliance”, ha invitato gli uffici dipendenti a valorizzare le dichiarazioni e le osservazioni rese dal contribuente ai sensi del sesto comma dell’articolo 12, nonché, più in generale, ad utilizzare il contraddittorio anche nei casi in cui la legge non considera tale adempimento obbligatorio (non esclusi i casi di “controllo a tavolino”), ritenendo il “dialogo” una valida metodologia di condivisione dell’azione di accertamento, utilissima al fine di accrescere l’autorevolezza del controllo e di incrementare il rapporto di fiducia tra fisco e contribuenti.
Ma, come già detto in altre occasioni, la Giurisprudenza, specialmente quella della Cassazione, non ha supportato tale principio.
 
Fondamentale, a supporto della tesi del contraddittorio molto limitato, è stata la sentenza n. 24823 del 2015, con la quale le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi armonizzati, mentre, per quelli non armonizzati, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito”, precisando che “non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini Irpeg ed Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. a tavolino”.
 
Ora, con Ordinanza n. 26579 del 22 ottobre scorso, la Cassazione, questa volta in materia di accertamento di tributi locali, ribadisce la sua interpretazione, affermando che l’unico caso di contraddittorio obbligatorio è quello in cui è stato eseguito un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali aziendali, ossia l’ipotesi prevista dal citato articolo 12 della Legge 212/2000.
Speriamo che i Comuni, così come ha fatto la Direzione regionale delle Entrate della Sicilia, tengano conto del peso del contraddittorio preventivo nella fase della costruzione dell’accertamento, per qualunque tipo di tributo, non solo per favorire la tax compliance, ma principalmente per creare le condizioni per un significativo incremento della fiducia dei cittadini verso le Istituzioni, Uffici comunali compresi, specialmente da quando, venuti meno o ridotti significativamente i trasferimenti di denaro dal Centro o dalla Regione, i Comuni sono costretti a ricorrere essenzialmente alle “risorse proprie”, ossia al recupero, spontaneo o coattivo, dei tributi comunali, per svolgere nella maniera più efficace possibile, le attività istituzionali.

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