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Catania – Ecco cosa succede quando un Comune va in dissesto

Carmelo Barreca

Catania – Ecco cosa succede quando un Comune va in dissesto

martedì 13 Novembre 2018

LE FINANZE DEGLI ENTI LOCALI (1a puntata) - Catania l’ultima città coinvolta nella procedura che ha gravi ripercussioni per imprese creditrici, dipendenti e cittadini

Le note tristi vicende che coinvolgono il Comune di Catania mi hanno indotto a fare un approfondimento sulle conseguenze, spesso non attentamente spiegate ai cittadini ed alle imprese, che derivano dalla procedura di dissesto degli enti locali. Tali conseguenze, che adesso analizzeremo in dettaglio, sono fondamentalmente di varie tipologie:
 
a) per tutti i creditori, in quanto impongono il congelamento di interessi e rivalutazione e l’impossibilità di proseguire ogni tipo di azione esecutiva, ed un percorso spesso molto lento per la verifica ed il pagamento dei rispettivi crediti;
b) per i dipendenti, per la conseguente necessità di mettere in mobilità il personale in sovrannumero rispetto a certi parametri che andremo ad analizzare;
c) per tutti i cittadini, per le conseguenze di tipo socio economico derivanti dalla necessaria riduzione di servizi e spese e per l’aumento di tutti i tributi;
d) di tipo sanzionatorio – infine – per coloro che saranno ritenuti ed individuati come responsabili, con varie sanzioni che andremo ad illustrare.
 
Un analisi dettagliata non può prescindere dall’esame delle singole norme che regolano la procedura di dissesto, che si apre con la doverosa deliberazione del Consiglio comunale (non revocabile) dello stato di dissesto, come previsto all’art. 246 del T.U. 267/2000, ove si prevede che “La deliberazione recante la formale ed esplicita dichiarazione di dissesto finanziario è adottata dal consiglio dell’ente locale nelle ipotesi di cui all’articolo 244 e valuta le cause che hanno determinato il dissesto. La deliberazione dello stato di dissesto non è revocabile. Alla stessa è allegata una dettagliata relazione dell’organo di revisione economico finanziaria che analizza le cause che hanno provocato il dissesto”.
 
Si tratta di un atto dovuto in presenza delle condizioni di dissesto, la cui eventuale omissione è sanzionata con la previsione dell’insediamento di un Commissario ad acta (art. 247 T.U.) che provvederà in vece del Consiglio comunale inadempiente. La Corte dei Conti Sezione Autonomie al riguardo ha specificato con la deliberazione n. 13/2013/QMIG, “le quattro situazioni ipotizzate nell’art. 243 quater, comma 7 (mancata presentazione del piano, diniego di approvazione del piano, accertamento di grave e reiterato mancato rispetto degli obiettivi intermedi fissati dal piano e mancato raggiungimento del riequilibrio finanziario) configurano fattispecie legali tipiche di condizioni di dissesto finanziario che si aggiungono a quelle già previste dal TUEL (art. 244) e comportano l’obbligo di dichiarazione di dissesto e, quindi, la conseguente attività sollecitatoria e, eventualmente, sostitutiva del Prefetto, da cui il richiamo all’art. 6, comma 2, del D.Lgs. 149/2011”. Il diniego di approvazione del piano di riequilibrio, recentemente confermato dalla Corte dei Conti Sezioni Riunite, rende quindi inevitabile la dichiarazione di dissesto.
 
Analizziamo a questo punto singolarmente e più in dettaglio tali effetti:
 
a) PER I CREDITORI
 
I primi effetti della deliberazione del dissesto per i creditori sono previsti nell’art. 248 (commi 2 e segg.) ove si stabilisce che: “2. Dalla data della dichiarazione di dissesto e sino all’approvazione del rendiconto di cui all’articolo 256 non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell’ente per i debiti che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione. Le procedure esecutive pendenti alla data della dichiarazione di dissesto, nelle quali sono scaduti i termini per l’opposizione giudiziale da parte dell’ente, o la stessa benchè proposta è stata rigettata, sono dichiarata estinte d’ufficio dal giudice con inserimento nella massa passiva dell’importo dovuto a titolo di capitale, accessori e spese”. In buona sostanza la norma chiarisce che tutti i crediti anteriori alla dichiarazione di dissesto devono essere sottoposti al vaglio dell’organo straordinario di liquidazione, con una procedura simile a quella dell’accertamento del passivo nella massa fallimentare, e che si paralizzano ed estinguono tutte le azioni esecutive.
 
Sia ben chiaro che la norma prevede la paralisi delle azioni esecutive, ma non di quelle ordinarie inerenti all’accertamento dei crediti. Ove il credito sia documentalmente fondato ed evidente, i cittadini e le imprese possono anche evitare il contenzioso, ai soli fini dell’accertamento, poiché difficilmente l’Organo Straordinario di liquidazione contesterà il credito (a parte i tempi per l’accertamento), quindi inutile spendere altri soldi in azioni legali. D’altra parte le imprese ricorrono spesso al decreto Ingiuntivo per cercare di avviare poi delle azioni esecutive, ma poiché tale effetto è precluso, tranne casi di crediti dubbi o facilmente contestabili, ci si può rimettere serenamente alle valutazioni amministrative della Commissione dell’Organo Straordinario di liquidazione (tre membri nel caso di grossi comuni).
 
Tale previsione è rafforzata dalla previsione di cui al comma 3: “I pignoramenti eventualmente eseguiti dopo la deliberazione dello stato di dissesto non vincolano l’ente ed il tesoriere, i quali possono disporre delle somme per i fini dell’ente e le finalità di legge”. Il comma 4 regola l’effetto della cristallizzazione dei crediti, che non producono più interessi e rivalutazione: “Dalla data della deliberazione di dissesto e sino all’approvazione del rendiconto di cui all’articolo 256 i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa già erogate non producono più interessi ne’ sono soggetti a rivalutazione monetaria. Uguale disciplina si applica ai crediti nei confronti dell’ente che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione a decorrere dal momento della loro liquidità ed esigibilità”.
 
Trattasi di una cristallizzazione molto dannosa per i creditori, che ove come spesso accada vengano poi parzialmente soddisfatti dopo tanti anni, vedranno ancor più eroso il loro credito. Basti considerare che anche i crediti per forniture e servizi, che normalmente sono assistiti in caso di ritardo dalla decorrenza degli interessi moratori previsti dal D. Lgs 231/02, si cristallizzano e non producono più interessi sino all’approvazione del rendiconto della massa passiva.
 
La fase dei possibili pagamenti dei crediti ai creditori prevede sostanzialmente due possibilità:
 
una cd. ordinaria, in cui l’Organo straordinario di liquidazione procede ad accertare i vari crediti e propone poi dei piani di riparto parziale, anche in relazione alla possibile contrazione di un mutuo con la Cassa depositi e Prestiti finalizzato al risanamento dei debiti;
una cd. “semplificata” che è prevista dall’art. 258 del T.U., ove è prevista la possibilità di effettuare transazioni a stralcio in percentuale dal 40 al 60 %.
Entrambe le fasi purtroppo presuppongo prima il compimento delle lunghe e complesse attività di ricognizione ed accertamento dei crediti, ossia di tutta la massa passiva. Esperienze già note fanno comprendere che tali tempi possono variare molto da Comune a Comune; in passato i tempi medi erano di vari anni, oggi con le gestioni informatiche sempre più performanti i tempi si possono ridurre, ma è difficile fare una previsione. Accertato il passivo l’Ente può ottenere delle anticipazioni di durata ventennale per sostenere il risanamento del passivo. Si evidenzia che si tratta di finanziamenti senza oneri a carico dello Stato, ossia di mere anticipazioni. è poi previsto un contributo straordinario calcolato sui possibili avanzi di gestione del fondo statale.
Ad esempio con il Decreto del Ministero dell’interno del 26.10.2017 (in G.U. n° 297 del 21.12.2017) è stato previsto un contributo straordinario in favore di comuni dissestati pari complessivamente ad EU 25.000.000,00 (spalmato su numerosi comuni in dissesto, in media EU 500.000 cadauno). Sembra quindi ben poca cosa rispetto alle stime di 1,6 miliardi di euro di cui al dissesto del Comune di Catania.
 
L’Organo straordinario di liquidazione potrà poi procedere alla dismissione del patrimonio immobiliare disponibile, per accrescere le risorse da destinare al pagamento della massa passiva. A tal fine l’art. 255 comma 9 prevede che “9. Ove necessario ai fini del finanziamento della massa passiva, ed in deroga a disposizioni vigenti che attribuiscono specifiche destinazioni ai proventi derivanti da alienazioni di beni, l’organo straordinario di liquidazione procede alla rilevazione dei beni patrimoniali disponibili non indispensabili per i fini dell’ente, avviando, nel contempo, le procedure per l’alienazione di tali beni. Ai fini dell’alienazione dei beni immobili possono essere affidati incarichi a società di intermediazione immobiliare, anche appositamente costituite”.
 
Il medesimo comma 9 prevede altresì che “L’ente locale, qualora intenda evitare le alienazioni di beni patrimoniali disponibili, è tenuto ad assegnare proprie risorse finanziarie liquide, anche con la contrazione di un mutuo passivo, con onere a proprio carico, per il valore stimato di realizzo dei beni. Il mutuo può essere assunto con la Cassa depositi e prestiti ed altri istituti di credito. Il limite di cui all’articolo 204, comma 1, è elevato sino al 40 per cento”. Si tratta di un limite molto elevato, ove si consideri che attualmente ai sensi dell’art. 204 il limite alla contrazione di mutui è del 10% rispetto alle “entrate relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l’assunzione dei mutui”.
 
Trattasi di una facoltà da esercitare con ponderazione, poiché anche questo mutuo grava sul Comune, e quindi in definitiva sui cittadini, quindi è certamente meglio che si valorizzi e si ponga sul mercato il patrimonio disponibile, altrimenti le conseguenze del dissesto si scaricano patrimonialmente sui cittadini, creando nuovi debiti per far fronte a quelli pregressi (ciò che tendenzialmente la procedura del dissesto, prevedendo una netta separazione tra fase ante e post dissesto, mira ad evitare)
Come ben si vede comunque si tratta di una procedura lunga e complessa. La legge quindi ha opportunamente previsto un percorso che potremmo definire “ordinario” per il pagamento dei crediti, ed uno “semplificato”.
 
In quello ordinario si procede progressivamente per “acconti”, ma sempre dopo il primo indispensabile step della formazione della massa passiva, proporzionalmente alle risorse disponibili. A tal fine l’art. 256 del TU prevede che “4. Entro 30 giorni dall’erogazione del mutuo l’organo straordinario della liquidazione deve provvedere al pagamento di acconti in misura proporzionale uguale per tutte le passività inserite nel piano di rilevazione. Nel determinare l’entità dell’acconto l’organo di liquidazione deve provvedere ad accantonamenti per le pretese creditorie in contestazione esattamente quantificate. Gli accantonamenti sono effettuati in misura proporzionale uguale a quella delle passività inserite nel piano. Ai fini di cui al presente comma l’organo straordinario di liquidazione utilizza il mutuo erogato da parte della Cassa depositi e prestiti e le poste attive effettivamente disponibili, recuperando alla massa attiva disponibile gli importi degli accantonamenti non più necessari” Poi si procede man mano ad ulteriori pagamenti di acconti.
 
In quello “semplificato” si procede invece con delle transazioni “a stralcio” che vengono pagate entro gg 30 dall’accettazione, in percentuale variabile tra il 40/60%. La scelta di attivare anche questa procedura semplificata è ovviamente condizionata alle disponibilità immediate dell’ente. I creditori in tal caso possono aderire, e nell’ottica dei “pochi, maledetti ma subito” accettare in via transattiva, di ricevere un credito decurtato del 40/60%. Si tratta purtroppo di un credito svalutato che peraltro non ha più prodotto (spesso per anni) interessi e rivalutazione, sicchè realisticamente difficilmente i creditori otterranno una somma superiore al 30% circa di quello che sarebbe stato il soddisfacimento integrale del credito (compresi interessi e rivalutazioni).
 
Il legislatore ha peraltro favorito la procedura semplificata, prevedendo con l’art. 14 della legge 113 del 2016 che “Parimenti ai comuni ((, alle province e alle città metropolitane)) che hanno deliberato il dissesto finanziario a far data dal 1° giugno 2016 e sino al 31 dicembre 2019 e che hanno aderito alla procedura semplificata, di cui al richiamato articolo 258, è attribuita, previa istanza dell’ente interessato, un’anticipazione sino all’importo massimo annuo di 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, da destinare all’incremento della massa attiva della gestione liquidatoria per il pagamento dei debiti ammessi con le modalità di cui all’anzidetto articolo 258, nei limiti dell’anticipazione erogata”.
 
“L’anticipazione – si legge ancora nella norma – è ripartita, nei limiti della massa passiva censita, in base ad una quota pro-capite determinata tenendo conto della popolazione residente, calcolata alla fine del penultimo anno precedente alla dichiarazione di dissesto secondo i dati forniti dall’Istat, ed è concessa con decreto annuale non regolamentare del Ministero dell’interno nel limite di 150 milioni di euro per ciascun anno, a valere sulla dotazione del fondo di rotazione di cui all’articolo 243-ter del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. L’importo attribuito è erogato all’ente locale il quale è tenuto a metterlo a disposizione dell’organo straordinario di liquidazione entro trenta giorni. L’organo straordinario di liquidazione provvede al pagamento dei debiti ammessi, nei limiti dell’anticipazione erogata, entro novanta giorni dalla disponibilità delle risorse”.
 
“La restituzione dell’anticipazione è effettuata – prosegue l’art. 14 – con piano di ammortamento a rate costanti, comprensive degli interessi, in un periodo massimo di venti anni a decorrere dall’anno successivo a quello in cui è erogata la medesima anticipazione, mediante operazione di girofondi sull’apposita contabilità speciale intestata al Ministero dell’interno. Il tasso di interesse da applicare alle suddette anticipazioni sarà determinato sulla base del rendimento di mercato dei Buoni poliennali del tesoro a 5 anni in corso di emissione con comunicato del Direttore generale del tesoro da emanare e pubblicare sul sito internet del Ministero dell’economia e delle finanze. In caso di mancata restituzione delle rate entro i termini previsti, le somme sono recuperate a valere sulle risorse a qualunque titolo dovute dal Ministero dell’interno, con relativo versamento sulla predetta contabilità speciale. Per quanto non previsto nel presente comma si applica il decreto del Ministro dell’interno 11 gennaio 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 33 dell’8 febbraio 2013, adottato in attuazione dell’articolo 243-ter, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. ((1-bis. Per le province e le città metropolitane, l’importo massimo dell’anticipazione di cui al comma 1 e’ fissato in 20 euro per abitante). In alternativa i creditori possono sperare di ricevere di più, e quindi non accettare la transazione ed attendere i pagamenti parziali.
 
L’art. 256 comma 12 infine prevede che “12. Nel caso in cui l’insufficienza della massa attiva, non diversamente rimediabile, è tale da compromettere il risanamento dell’ente, il Ministro dell’interno, su proposta della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali, può stabilire misure straordinarie per il pagamento integrale della massa passiva della liquidazione, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello Stato. ((Tra le misure straordinarie è data la possibilità all’ente di aderire alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale prevista dall’articolo 243-bis))”. Con questa disposizione a ben vedere si realizza una sorta di quadratura del cerchio tra dissesto e riequilibrio.
 
Il Fondo rotativo, oltre ad alimentare l’anticipazione ventennale per gli enti dissestati, è utilizzato come fonte anche per le misure straordinarie rese necessarie dall’insufficienza della massa attiva. Queste nuove funzioni si aggiungono a quella originaria, prevista per gli enti in riequilibrio. In altre parole si disegna un fondo rotativo per fronteggiare le criticità finanziarie a tutto tondo degli enti locali.
 
Un’altra innovazione è quella che ricomprende l’erario tra i creditori della procedura di dissesto semplificata, per i quali l’Osl può proporre un accordo transattivo per il pagamento di parte del credito maturato. Quindi tendenzialmente – anche se con tempi biblici- i creditori potrebbero astrattamente aspirare al pagamento integrale del credito ammesso al passivo. Si deve tuttavia segnalare che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto in passato con sentenza del 2013 che lo Stato italiano doveva essere comunque ritenuto responsabile del danno subito da un cittadino che per circa 10 anni non aveva potuto azionare il suo credito, stante il dissesto di un Comune (ritenuto dalla Corte europea “organo dello Stato”), per violazione dell’art. 1 protocollo 1 e dell’art. 6 della Cedu. Questo anche per far capire come possa essere lunghissimo il tempo della procedura.
 
Fine prima puntata: domani secondo appuntamento con le conseguenze per cittadini e dipendenti

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