Libia: su Palermo tutti scontenti tranne i grillini e Salamè - QdS

Libia: su Palermo tutti scontenti tranne i grillini e Salamè

Pietro Crisafulli

Libia: su Palermo tutti scontenti tranne i grillini e Salamè

martedì 13 Novembre 2018

Cala il sipario sul summit che, secondo molti, ha avuto come unico risultato concreto una stretta di mano tra Haftar e Sarraj, i due rivali libici. Evento che peraltro ha scatenato l'abbandono dei lavori da parte della Turchia. In Italia trionfalistiche dichiarazioni degli esponenti pentastellati e critiche da opposizioni e associazioni umanitarie
 

A quanto appare da molte dichiarazioni, l’unico risultato concreto del summit sulla Libia di Palermo è stata la stretta di mano – e a quanto risulta dalle indiscrezioni anche un bacio – tra i due rivali libici: il generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica, e il presidente del governo di unità nazionale di Tripoli, Fayez al Sarraj.
 
Se l’intento dichiarato dall’Italia per la Conferenza di Palermo sulla Libia era quello di compiere un primo passo per "riavviare il dialogo" tra le diverse fazioni che si contendono il potere e le risorse nel Paese nordafricano, allora il premier Giuseppe Conte può ritenersi soddisfatto.
 
"E’ ovvio – ha sottolineato Conte – che ci aspettiamo da una stabilizzazione della Libia una più facile gestione dei flussi migratori, un più efficace contrasto al terrorismo e al traffico di esseri umani".
 
Soddisfatto anche l’inviato dell’Onu Ghassam Salamè, il quale avrebbe ricevuto rassicurazioni da parte dei rappresentanti delle fazioni libiche sulla volontà di proseguire sulla base della sua road map. Che prevede una conferenza nazionale su suolo libico all’ inizio del 2019 ed elezioni in primavera.
 
"C’è stato – ha detto Salamé – un impegno serio da parte dei libici presenti e la conferenza nazionale di gennaio in Libia sarà facilitata da quanto avvenuto a Palermo: il summit è stato un successo".
 
"Un successo relativo – ha obiettato Mohamed Siala ministro degli Esteri del governo di Accordo di unità nazionale libico -, perché va considerata come un passo in avanti ma non è vero che a Palermo siano state poste le basi di una nuova road map: esiste quella approvata dal Consiglio di sicurezza Onu".
 
Di buono c’è che nell’incontro Haftar avrebbe garantito una tregua a Sarraj almeno fino alle prossime ipotetiche elezioni.
 
"Non si cambia cavallo mentre si attraversa il fiume", gli avrebbe detto. Ora bisognerà vedere se dalle parole si passerà ai fatti.
 
La Conferenza si è conclusa senza un documento finale, solo impegni non scritti, insomma, è questo ha dato la stura a una pioggia di critiche da parte delle opposizioni.
Per Conte – e per i grillini di tutt’Italia che si sono profusi in trionfalistiche dichiarazioni – il summit è stato un successo e a Palermo sono state poste delle "premesse importanti" per la stabilizzazione della Libia.
 
Queste premesse non prevedono alcuna "soluzione imposta" ai libici ai quali – ha ribadito il premier più volte – spetta il compito di decidere del proprio futuro, pur potendo contare sul contributo dell’Italia a partire dal sostegno alla formazione di un esercito regolare, anche attraverso l’addestramento.
 
L’evento clou – quel faccia a faccia tra Haftar e Sarraj – ha avuto alcuni ‘padrini’ ma anche molti esclusi, tanto da far infuriare la Turchia che ha lasciato i lavori anzitempo.
 
"Profondamente deluso", il vicepresidente Fuat Oktay ha abbandonato la Conferenza accusando il governo italiano e la comunità internazionale di non aver saputo creare unità. Ha inoltre – senza mai nominarlo – accusato Haftar di aver abusato dell’ospitalità italiana, dettando le proprie condizioni all’intero summit.
 
L’incontro è infatti avvenuto in formato ristretto e prima dell’arrivo delle altre delegazioni: a prendere per mano Haftar, c’erano il premier russo Dmitri Medvedev e il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi.
 
A fronte delle roboanti dichiarazioni, come detto, dei grillini di tutt’Italia, le opposizioni si sono scatenate.
 
Quella di Palermo, secondo Erasmo Palazzotto, deputato di Sinistra Italiana, "è la cronaca di un flop annunciato, perché non c’è stata una proposta europea di soluzione alla crisi libica".
 
Per questo il vertice è stato "un’inutile passerella in cui il governo italiano ha cercato di fare sfoggio di relazioni internazionali, ma ancor oggi c’è la costruzione di un racconto falso su cosa succede realmente in Libia".
 
Per Adolfo Urso (Fdi), vicepresidente del Copasir e componente la Commissione Esteri del Senato, "Il governo è stato troppo ambizioso negli annunci e troppo rinunciatario nelle conclusioni: in politica estera la cosa peggiore è apparire velleitari ed è quanto accaduto a Palermo, purtroppo".
 
"La conferenza di Palermo – gli ha fatto eco su twitter il senatore Pd Ernesto Magorno – doveva essere un punto di svolta per la Libia, si è rivelato un flop senza precedenti. I no di Trump, Putin e Merkel, l’incredibile ritiro di Haftar e della Turchia. Ne esce a pezzi l’Italia che, grazie al #governodelcambiamento, non è più credibile".
 
Entrando nel merito, infine, Paolo Pezzati, policy advisor di Oxfam Italia, ha sottolineato che "l’agenda della Conferenza si è concentrata sulla formazione delle forze di sicurezza regolari libiche e sull’unificazione di alcune istituzioni economiche e finanziarie interne al Paese, mentre si è deciso di girare la testa dall’altra parte, non assumendo alcun impegno concreto per il rispetto dei diritti umani di migliaia di migranti, uomini, donne e bambini, che ogni giorno sono vittime delle più orrende torture e di abusi nei centri di detenzione libici".
 

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