Suicidio della Regione rinunciare agli Fsc - QdS

Suicidio della Regione rinunciare agli Fsc

Carlo Alberto Tregua

Suicidio della Regione rinunciare agli Fsc

giovedì 15 Novembre 2018

Fondi di sviluppo e coesione in stand-by

Il prossimo 18 novembre ricorre il primo anniversario del Governo Musumeci, che ci ha dato tante attese perché preceduto dalle buone referenze del novello presidente come vertice della Provincia regionale di Catania. Ente che Musumeci gestì molto bene.
O le attese erano molte, dopo i disastrosi periodi di presidenza di Cuffaro, Lombardo e Crocetta, e quindi la delusione non è giustificata; oppure, obiettivamente, la situazione della Regione dal punto di vista della sua gestione amministrativa è volutamente complicata da una burocrazia che non funziona e che non consente alla macchina di girare in modo ordinato e normale.
La nostra non è una Regione ordinata né normale, diversamente i servizi resi ai cittadini e alle imprese avrebbero cadenze precise, come accade nelle Regioni del Nord Italia e in quelle europee.
Cosicché il disastro aumenta di dimensioni, il Pil anziché crescere regredisce, la disoccupazione dilaga e con essa la povertà.
 
Nello Musumeci è persona garbata e prudente, ma deve tirare fuori tutta la grinta di cui dispone per attivare procedure forti e capaci di ricondurre il funzionamento dell’amministrazione regionale nell’alveo di quella regolarità che ha ormai perduto da decenni.
Il vulnus più grande di questa Regione è non utilizzare al cento per cento i Fondi europei e i Fondi di sviluppo e coesione (Fsc) statali. Il Piano europeo 2014/2020, di cui ormai restano soltanto due anni più eventuali proroghe, vede il fallimento della Sicilia, perché ne sono stati utilizzati meno dell’1%, creando un’asfissia economica per l’Isola. Infatti, se fossero stati spesi i 4/5 miliardi disponibili si sarebbe allentato il nodo scorsoio finanziario che stringe il collo di cittadini e imprenditori.
La Regione vive in perenne stato di emergenza: quando si verifica un tracollo idrogeologico del territorio cominciano le recriminazioni e il vergognoso scaricabarile delle responsabilità. Ma i disastri che si sono verificati negli ultimi decenni non sono serviti a niente, perché la musica non è cambiata e il Piano straordinario di manutenzione del territorio non è mai stato elaborato.
 
Per conseguenza, la Sicilia è in balia degli eventi, del caso, come se questa terra non fosse stata civilizzata. Vi è un retrocedere continuo del grado di civiltà, per cui l’inciviltà conquista terreno. Lo stato di bisogno aumenta, la fame di lavoro fa emigrare i migliori siciliani, ma anche quelli di seconda linea, la popolazione diminuisce e invecchia perché restano soltanto gli anziani, i paesi si spopolano, il mercato immobiliare arretra.
Di fronte a questo scenario catastrofico, le attese poste nel Presidente Musumeci vengono deluse. tuttavia, formuliamo un ulteriore, forte, appello affinché egli cambi registro, sfoderi tutta la grinta di cui è dotato, imponga un ritmo di realizzazioni ai propri assessori, faccia un cronoprogramma con tempi tassativi, metta sotto controllo tutti i suoi dirigenti, che sono oltre 1.500, fra cui scegliere i migliori. Insomma, faccia quanto necessario per rimettere in moto questa Regione, valorizzando i circa 16 miliardi di spesa che essa effettua ogni anno.
 
Sulla Legge di Bilancio 2019 l’assessore Gaetano Armao deve usare forbici affilate per tagliare sprechi e inefficienze, in modo da risparmiare 4/5 miliardi dalla spesa corrente per destinarli agli investimenti e al cofinanziamento dei fondi europei e statali.
Anche le attese riposte in Armao, in questo primo anno, sono state deluse. Ma confidiamo che egli sappia dare un colpo di reni per mettere in moto l’economia e fare arrivare nel nostro territorio i 4/5 miliardi cui prima si accennava.
Ribadiamo ancora la necessità di creare un Fondo di rotazione per i progetti dei Comuni cui essi potrebbero attingere per formularli. Le somme date agli Enti locali rientrerebbero non appena i progetti fossero approvati dall’Ue.
Basta continuare con il palleggio delle responsabilità. Basta chiedere allo Stato quello che noi possiamo fare. Se i nostri conti non sono in ordine, se la nostra attività non è adeguata alla gravità del momento, non possiamo appellarci alle altrui responsabilità.
È una questione di cultura, di dignità e di civiltà. Non vogliamo più essere figli del Dio minore.

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