Commercialista estraneo a bancarotta se condotta è successiva agli illeciti - QdS

Commercialista estraneo a bancarotta se condotta è successiva agli illeciti

Antonino Lo Re

Commercialista estraneo a bancarotta se condotta è successiva agli illeciti

giovedì 15 Novembre 2018

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 49499 del 2018. Il concorso nel reato si configura se è anteriore o concomitante a quella del manager

ROMA – Dopo essere stata condannata in primo e secondo grado per concorso nel reato di bancarotta patrimoniale e documentale, una commercialista ha fatto ricorso in Cassazione che ha annullato l’imputazione contestata che aveva ad oggetto il suo concorso, come terzo estraneo, a singole condotte distrattive realizzate dall’amministratore della società fallita. Il ricorso è stato accolto poiché la condotta della professionista è stata successiva a quella del manager.
 
Così, con la sentenza 49499/2018, si è espressa la Suprema Corte che ha annullato la pronuncia del Corte d’appello, la quale aveva confermato quanto dichiarato dal primo grado di giudizio. La professionista “contestava il proprio concorso – recita la Cassazione – nelle distrazioni operate dall’amministratore, essendo state perpetrate in un momento antecedente all’assunzione dell’incarico professionale, e osserva che, invece, la disciplina del concorso dell’extraneus presuppone che quest’ultimo abbia prestato la propria assistenza in una fase antecedente o concomitante all’attuazione delle condotte illecite da parte dell’amministratore, atteso che il terzo concorrente può fornire il contributo materiale o morale che apporti un’effettiva utilità solo nella fase ideativa, preparatoria o esecutiva o non in quella successiva alla commissione delle condotte criminose”.
 
La Cassazione ha messo in evidenza che la consumazione della bancarotta coincide con la dichiarazioni di fallimento. “Tuttavia – aggiunge la sentenza -, rappresentando la dichiarazione di fallimento un provvedimento giurisdizionale estraneo alla condotta dell’autore dell’atto distrattivo, l’individuazione del momento della consumazione del reato non può portare alle estreme e fuorvianti conseguenze di considerare quale condotta di concorso in un atto distrattivo dell’intraneus un comportamento posto in essere dall’extraneus in modo autonomo, senza preventivo concerto e in un’epoca successiva alla condotta dell’intraneus nel frattempo già esaurita”.
 
La Suprema Corte aggiunge che “ne consegue, infatti, che la condotta dell’extraneus si collochi in un’epoca antecedente il fallimento, ed abbia lo scopo di rendere irreversibili gli effetti di un atto distrattivo, non consente di ritenere sussistente la fattispecie concorsuale”. A meno che, non vi sia un accordo tra il professionista e l’imprenditore, con l’atto del primo antecedente al secondo.
 
Infine, la Suprema Corte, chiude affermando che “deve quindi avvenirsi alla conclusione che un comportamento postumo del terzo extraneus non è idoneo a configurare la fattispecie del concorso con il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso dall’intraneus, dovendo la condotta del terzo essere anteriore o comunque concomitante a quella distrattiva dell’imprenditore fallito. Le manovre poste in essere dalla professionista, per la cessione delle quote e trasformazione della società fallita, nell’ottica di allontanare la dichiarazione di fallimento e garantire l’impunità all’amministratrice, si pongono in un’era successiva al compimento degli atti distrattivi”.
 
La Cassazione, ha dunque, così annullato senza rinvio ad altra sezione della Corte d’appello la pronuncia di quest’ultima.

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