Mafia nei termovalorizzatori? No, in discarica - QdS

Mafia nei termovalorizzatori? No, in discarica

Rosario Battiato e Gabriele Patti

Mafia nei termovalorizzatori? No, in discarica

venerdì 23 Novembre 2018

"Inceneritori affari della criminalità": in malafede chi vuole nascondere la spazzatura a cielo aperto. Le inchieste di Procure e Parlamento svelano gli intrecci perversi dell’intoccabile business siciliano. Parla l’ex procuratore aggiunto di Catania e ora membro del Csm, Sebastiano Ardita

PALERMO – Sembrava rivolgersi soprattutto ai siciliani Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, quando, nei giorni scorsi, alla Rai precisava che “dietro la gestione dei rifiuti la criminalità organizzata c’è sempre stata e continua ad esserci”, perché si tratta di “un grandissimo affare, un grandissimo quantitativo di soldi che forse solo nella sanità c’è allo stesso modo”. Eppure la ricetta preferita dalla politica isolana, nonostante le denunce e le inchieste, è sempre stata quella di mantenere lo status quo, perché meglio le discariche che un ciclo virtuoso che preveda anche i termovalorizzatori, come previsto anche nel Sblocca Italia del passato governo.
 
SISTEMA ILLEGALE
A fornire l’ultimo aggiornamento sulla gestione dei rifiuti nell’Isola è stata la relazione della Direzione investigativa antimafia nella relazione semestrale al Parlamento di luglio/dicembre 2017. Nel quadro conclusivo dedicato alla criminalità organizzata si registra che “una particolare attenzione va posta, poi, sulla gestione dei rifiuti solidi urbani che, nella provincia di Palermo, così come nel resto della Sicilia, è connotata da caratteri di problematicità risalenti nel tempo”.
Per la Direzione si tratta di una situazione che “evidenzia un sistema di conferimento e di smaltimento dei rifiuti contraddistinto da numerose fasi emergenziali”. Il percorso isolano con le fasi emergenziali, del resto, comincia proprio alla fine degli anni Novanta e di fatto “già in passato, infatti, sfruttando le periodiche emergenze, si sono evidenziate infiltrazioni nella filiera dei rifiuti attraverso amministratori pubblici, che hanno favorito società del settore riconducibili ad esponenti mafiosi”.
 
LE ULTIME OPERAZIONI
All’interno di questo quadro generale, va segnalata l’operazione denominata “Gorgoni”, conclusa, nel mese di novembre, dalla DIA di Catania tra la Sicilia e le Marche, con la “quale sono stati colpiti 16 soggetti, tra cui alcuni imprenditori operanti nel settore dei rifiuti e pubblici amministratori, considerati vicini alle compagini mafiose dei Cappello-Bonaccorsi e dei Laudani”. In particolare, oltre all’arresto dei responsabili, accusati di turbativa d’asta, corruzione e concussione aggravati dal metodo mafioso, nel corso dell’operazione è stato eseguito il “sequestro di un intero compendio aziendale con sede a Misterbianco (Ct), nonché di un’altra società con sede a Porto San Elpidio (FM), entrambe operanti nel settore dei rifiuti, per un valore di oltre 30 milioni di euro”.
 
Nel dicembre scorso, un’operazione della Guardia di Finanza, chiamata “Ghost Trash”, ha colpito 8 soggetti, nel territorio di Vittoria, ritenuti vicini alla stidda e “ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso – si legge nel rapporto – finalizzata sia all’acquisizione di posizioni dominanti nel comparto della realizzazione di imballaggi per prodotti agricoli, sia al traffico illecito di rifiuti”.
 
Nel marzo del 2017 si era registrato anche un ulteriore capitolo del rapporto tra pubblica amministrazione e rifiuti con l’operazione “Piramidi”, condotta dai carabinieri etnei, che aveva visto 14 arresti tra Catania, Palermo e Siracusa, a fronte di un’indagine condotta dal 2012 al 2015, che aveva riguardato l’omessa attivazione in relazione alla condotta illecita degli impianti della Cisma Ambiente.
 
In tempi più recenti, l’inchiesta Garbage Affair, facendo luce sulla scandalosa gestione dei rifiuti nel Comune di Catania, ha visto il coinvolgimento diretto di alcuni funzionari del comune e imprenditori per la connivenza della macchina amministrativa nella cattiva gestione del servizio in cambio di benefit di vario genere.
 
LE MANI SULLE DISCARICHE
Anche l’ex governatore Crocetta, notizia di qualche settimana fa, è risultato coinvolto in due inchieste sulla gestione di discariche per rifiuti dalla Procura di Catania. Un rinvio a giudizio dettato dal traffico illecito di rifiuti per le autorizzazioni che firmò nel 2016 per gli impianti della Cisma Ambiente di Melilli (Siracusa) e per altri due impianti – in un’altra inchiesta – della Oikos fra Motta Sant’Anastasia e Misterbianco: le discariche di Tiritì e Valanghe d’Inverno. L’ex governatore – tramite il suo avvocato che ha parlato a La Sicilia – si è dichiarato estraneo ai fatti, ma restano comunque le indagine sulle discariche.
 
Un’altra inchiesta ha invece portato al sequestro, circa quattro anni fa, da parte del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto della discarica di Mazzarrà Sant’Andrea, nel messinese. Sito sequestrato e mai bonificato, al centro di vicende di corruzione e mala gestione, e con l’ingombrante e minacciosa presenza del percolato, al punto che nelle scorse settimane la Regione ha dovuto deliberare un intervento da circa un milione di euro servirà per fronteggiare per consentirne lo “smaltimento per circa 300 giorni”, data l’inazione di proprietari e Comune.
 
L’ALLARME DELLA
COMMISSIONE RIFIUTI
Non sono storie nuove. Qualche anno fa, nel 2016, una relazione della Commissione parlamentare di inchiesta “sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e agli illeciti ambientali ad esse correlate” metteva nero su bianco la presenza in Sicilia “di un sistema di illegalità diffuso e radicato che costituisce uno dei veri ostacoli ad un’autentica risoluzione delle problematiche esistenti ormai da decenni”. E un anno dopo, nel maggio 2017, i componenti della Commissione, con in prima linea il presidente Alessandro Bratti, si sono recati nell’Isola, a Siracusa, per approfondire il caso della discarica di Melilli al centro di un’operazione dei magistrati della Dda di Catania sui legami tra i proprietari del sito e il clan mafioso catanese dei Santapaola. “La vicenda della discarica di Melilli – sottolineava Bratti – denota un intreccio tra malavita organizzata e pubblica amministrazione riscontrato nella gestione di altri siti di smaltimento di rifiuti in Sicilia”.
 
TERMOVALORIZZATORI:
CE LO CHIEDE L’EUROPA
E UNA LEGGE NAZIONALE
Ben prima che scoppiasse la guerra all’interno dell’attuale governo, era stato il precedente a dare i numeri della necessità dei termovalorizzatori. Era tutto scritto nello Sblocca Italia (Legge 164/2014), in particolare nell’articolo 35, che individuava “il fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero di rifiuti urbani e assimilati”. Un progetto per togliere potere al sistema-discariche, al centro della scandalosa gestione, e determinante per ridurre l’abbancamento che ancora nel 2016 riguardava circa l’80% dei rifiuti urbani prodotti dagli isolani, determinando una costante consumo di suolo per nuove discariche (all’inizio di novembre la Regione ha autorizzato la sesta vasca della discarica di Bellolampo, la più importante della parte occidentale).
 
In Sicilia erano stati immaginati almeno due grandi impianti – poi oggetto di confronto tra la Giunta Crocetta, che ne ne avrebbe voluto sei più piccoli, e i tecnici del ministero – per smaltire poco meno di 690 mila tonnellate di rifiuti derivati da una raccolta differenziata da portare al 65% (attualmente le stime della Regione si collocano oltre il 30%, i dati Ispra a poco più del 15%), un livello comunque ancora improponibile per il malato sistema Sicilia.
 
Rosario Battiato
 

 
Parla l’ex procuratore aggiunto di Catania e ora membro del Csm, Sebastiano Ardita
“Un settore su cui Cosa nostra ha puntato i suoi interessi”
 
 
CATANIA – Sulle “relazioni pericolose” tra la Pubblica amministrazione e la criminalità organizzata nella gestione dei rifiuti, abbiamo intervistato Sebastiano Ardita, ex procuratore aggiunto a Messina, poi a Catania e dal 24 settembre scorso tra i banchi del Consiglio superiore della magistratura (Csm).
 
Alla luce degli avvenimenti verificatisi in questi giorni nei territori di Misterbianco e Motta Sant’Anastasia riguardanti l’inchiesta avviata dalla Procura di Catania sul traffico illecito di rifiuti e che riguarda l’allarme percolato. Qual è il contributo della mafia nelle attività di gestione e smaltimento di rifiuti?
“Ci sono alcune attività che storicamente sono appannaggio di gruppi, soggetti e imprese legate a Cosa Nostra. I rifiuti sono sempre stati un settore molto delicato: da un lato sono collegati all’ambiente, dall’altro a una gestione difficile del personale, dall’altro ancora sono attività sulle quali Cosa Nostra ha inteso puntare con i propri interessi. È difficile l’attività di chi deve seguire la gestione dei rifiuti perché legata a parametri di tipo tecnico: regole da rispettare e nella più recente legislazione esiste anche la responsabilità di chi, amministratore pubblico, viola questi parametri. L’importante è mantenere alta la vigilanza e molto attenta la gestione di questi interessi”.
 
Quanto incide la mafia in queste attività?
“Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia ci riferiscono che esistono diverse realtà che erogano servizi pubblici connessi a importanti appalti, esiste un’attenzione capillare di Cosa Nostra verso queste realtà con il tentativo di suddividerle dove vi sono più clan mafiosi, attraverso un vero e proprio patto territoriale. In province molto ampie Cosa Nostra decide quali appalti devono essere conferiti e a chi e con quali confini territoriali. Uno degli esempi più specifici è l’operazione Gorgoni in cui sono coinvolti membri del Clan Cappello”.
 
Dal rapporto Dia relativo alle operazioni svolte nel 2017 nell’ambito della prevenzione e repressione dei reati di origine mafiosa si legge che la mafia, nel corso degli ultimi anni, ha assunto una nuova veste imprenditoriale. Cosa si intende con questa definizione?
“Negli ultimi anni, Cosa Nostra, ha deciso di fare una scelta profondamente diversa rispetto a quella che operava come organizzazione militare quando commetteva molti reati di sangue connessi al racket e alle estorsioni. Una volta che lo Stato si è riorganizzato nella repressione di reati militari, Cosa Nostra ha capito che era molto più utile dedicarsi a traffici più sotto traccia, ad attività lucrose ma meno visibili come il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti, la gestione di appalti mediante infiltrazione nelle realtà imprenditoriali o addirittura attraverso la gestione diretta. Tutte attività che non possono essere denunciate. Un cambiamento di pelle, un tentativo di vestire panni diversi, poco identificabili dalla Polizia e dai magistrati. Questo è il cambiamento di Cosa Nostra. Un cambiamento di pelle”.
 
Gabriele Patti

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017